Brogli alle elezioni regionali 2015,
un intero seggio finisce a giudizio

Brogli alle elezioni regionali 2015, un intero seggio finisce a giudizio
di Biagio Salvati
Giovedì 3 Marzo 2022, 11:00
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La presidente e tre scrutatrici di un seggio elettorale allestito a Mondragone per le elezioni regionali del 2015, sono state rinviate a giudizio dal gup Alessia Stadio del tribunale di Santa Maria Capua Vetere che ha rigettato la richiesta di rito abbreviato per una delle imputate, ovvero Vincenza Marino, difesa dall'avvocato Raffaele Crisileo.

Al processo fissato davanti al giudice Giovanni Caparco per il 9 novembre prossimo ci sono anche la presidente del seggio elettorale numero 22 di Mondragone, Rachele Miraglia (difesa dall'avvocatessa Marta Ceraldi) e le altre due scrutatrici dello stesso seggio di allora, ovvero Michela Di Maio e Maddalena Marano difese dagli avvocati Edmondo Caterino e Giovanni Lavanga. L'inchiesta è quella sulle presunte schede falsificate a favore del consigliere regionale Giovanni Zannini (non indagato) alle elezioni regionali campane di sette anni fa. I carabinieri di della città domizia hanno impiegato diversi anni per realizzare le indagini e sono partiti da un ricorso al Tar presentato dalla candidata Filomena Letizia in corsa alle Regionali 2015 con Giovanni Zannini nella lista «Centro Democratico». Zannini fu eletto ma la Letizia ha sempre sostenuto che il seggio spettasse a lei e per questo fece ricorso al Tar che confermò l'elezione di Zannini. Durante i controlli delle schede, operato da parte degli inquirenti, emerse però il sospetto che alcune schede elettorali scrutinate fossero state alterate o contraffatte e di qui partì l'indagine penale. Di qui l'accusa di concorso in falsificazione di schede elettorali per le componenti del seggio. 

Secondo la Procura di Santa Maria Capua Vetere sostituto procuratore Gionata Fiore - che ha coordinato le indagini, Rachele Miraglia (successivamente candidatasi nel 2017 al Consiglio Comunale di Mondragone con il sindaco Virgilio Pacifico) avrebbe «formato falsamente le schede elettorali numero 107, 81, 64, 8 e 4 apponendovi di proprio pugno - si legge nella richiesta di rinvio a giudizio presentata dalla Procura - il voto di preferenza del candidato Zannini nonché i relativi crocesegni sul simbolo «Centro Democratico» e dicitura «Vincenzo De Luca» per la scheda 107 e 64, sul simbolo «Centro Democratico».

La Di Maio avrebbe formato invece falsamente le schede 106, 103 e 45 apponendovi sempre di proprio pugno il voto di preferenza al candidato Zannini».

Stessa contestazione mossa a Vincenza Marino e a Maddalena Marano (rispettivamente di 44 e 52 anni ) per le schede 116, 72, 50, 31 e 109. Ma com'è nata l'inchiesta che ora è arrivato al processo? Tutto partì da una denuncia che nessuno sperava andasse avanti. All'indomani della nomina dell'avvocato Zannini al consiglio regionale della Campania con 2.686 voti, Filomena Letizia (oggi difesa dall'avvocato Davide Orefice) per soli 20 voti di scarto rispetto al suo «collega» non riuscì ad essere eletta. La candidata di Marcianise, però, non si diede per vinta e presentò ricorso, che perse al Tar. La Procura di Santa Maria Capua Vetere ha seguito una strada diversa. Il capo di imputazione ruota intorno all'alterazione del risultato delle elezioni. 

Per l'ufficio inquirente di Santa Maria Capua Vetere, Rachele Miraglia (poi candidata nel 2017 con il sindaco Virgilio Pacifico) avrebbe «formato falsamente le schede elettorali numero 107, 81, 64, 8 e 4 apponendovi di proprio punto - si legge nella chiusura indagine - il voto di preferenza del candidato Zannini nonché i relativi crocesegni sul simbolo «Centro Democratico» e dicitura «Vincenzo De Luca» per la scheda 107 e 64, sul simbolo Centro Democratico. Ora, si giocherà tutto in tribunale. 

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