Lady Ligato al 41bis a L'Aquila
e a Mondragone torna Gitto

Lady Ligato al 41bis a L'Aquila e a Mondragone torna Gitto
di Marilù Musto
Venerdì 21 Agosto 2020, 10:30 - Ultimo agg. 11:00
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Per una donna del clan finita in manette ne spunta un'altra che incassa il 41bis. È un giro di boa, questa estate per le donne legate ai boss. E se per Elvira Zagaria il carcere è un ambiente conosciuto, per Felicia Ligato - la bella figlia del mafioso Raffaele, detto «Tonino» di Pignataro Maggiore - il carcere duro è una novità assoluta. Sì, perché il ministero della Giustizia ha ottenuto per lei, trentanovenne dal sorriso perfetto e piercing al naso, la condizione del carcere per i mafiosi. Ed è una delle pochissime donne del clan in Italia, a subire il 41bis, nel carcere femminile a L'Aquila.

Finita in cella per estorsione, è stata condannata a 10 anni per aver battuto cassa agli imprenditori. Su di lei, l'ombra del padre «Tonino», egemone nell'agro caleno-capuano e alleato con la famiglia mafiosa dei Nuvoletta di Marano di Napoli e con i casalesi. Ma intanto, proprio nella famiglia di Ligato c'è una novità. Il fratello di Felicia, Pietro, è stato scarcerato dopo nove anni di detenzione ed è tornato a Pignataro, l'ex feudo.

Arrestato nel febbraio 2009 per associazione mafiosa ed estorsione, accusato dell'omicidio del padre del pentito Tonino Abbate, intascò l'ergastolo in primo grado, salvo poi essere assolto in Appello. Per associazione mafiosa fu condannato a 20 anni, ma la pena gli è stata ridotta a 15. Intanto, fra un'accusa e l'altra, si vide recapitare un'altra ordinanza per l'omicidio di un albanese. Ma il processo si sta celebrando con lui in libertà.

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L'entroterra si ripopola di ex detenuti, al netto della liberazione un anno fa di Carmine Zagaria, ora a San Marcellino nel suo negozietto. Sulle coste casertane, però, non va molto meglio. A luglio è uscito dal carcere di Rossano Calabro, Massimo Gitto, finito nel fascicolo della magistratura di Napoli per la strage di Pescopagano. In Calabria era detenuto da circa 10 anni. In realtà ha scontato 22 anni di reclusione ininterrottamente, dal 7 maggio 1998 quando fu catturato dopo una latitanza di 6 anni dalla Criminal Pol. Massimo Gitto aveva scontato altri tre anni di carcerazione dal 1989 al 1992.

Nel 1992 dopo pochi mesi di libertà venne raggiunto da una nuova ordinanza, ma si diede alla latitanza. Gitto era soprannominato dai compagni di merenda del clan La Torre «il monaco». Il suo mentore pare fosse proprio Augusto La Torre. In carcere non si è mai pentito e insieme a Fragnoli e Gagliardi è un irriducibile. Nel 2011 finì di nuovo nel mirino della Dda con accuse pesantissime, assieme al boss, ex pentito, Augusto La Torre, considerato mandante della morte del biondissimo capozona Donato Pagliuca, detto Renato, appassionato di moto. Era il 14 agosto del 1995. Donato Pagliuca non voleva macchiarsi del duplice omicidio di Mario Santoro e Sebastiano Caterino «per fare un piacere al boss Bidognetti». Pochi giorni prima della sua fine, aveva raccontato il collaboratore Giuseppe Valente «andammo a trovare al mare, io e Piccirillo, Pagliuca con moglie e figlio.

Lo trovammo depresso, con gli occhi lucidi, anche noi ci commuovemmo perché capimmo che c'era realmente pericolo di morte». E così fu. Storia passata. Intanto, per altri delitti Gitto fu arrestato e ha beneficiato delle liberazioni anticipate e permessi premio. In carcere ha imparato a dipingere. Ora è tornato a Mondragone in veste di «artista» lì, nella sua Mondragone, dove potrebbe venire a galla un nuovo clan formato da ex fedelissimi dei Pagliuca e nuove leve, «cani sciolti» che hanno solo bisogno di una guida da cui dipendere. 

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