Entrare nel mondo dell'innovazione:
esperienza e consigli di chi ce l'ha fatta

Entrare nel mondo dell'innovazione: esperienza e consigli di chi ce l'ha fatta
di Emanuele Tirelli
Venerdì 19 Marzo 2021, 07:10 - Ultimo agg. 20 Marzo, 20:19
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Nei discorsi imprenditoriali dell’ultimo anno, le parole «innovazione» e «digitalizzazione» sono sempre più centrali. La pandemia ha accelerato improvvisamente un percorso del quale si parlava già da anni, ma che in pochi avevano iniziato a camminare sul serio. In queste dinamiche si inserisce perfettamente «La mente che innova», il volume pubblicato da Dario Flaccovio Editore con la firma dell’imprenditore digitale casertano Gianluca Abbruzzese.

L’autore lo definisce come «una cassetta degli attrezzi per accompagnare e per fornire degli spunti pratici per avviare un progetto di innovazione». Ed è anche il primo di una trilogia che si svilupperà in altri due libri sulle competenze su cui puntare per gestire l’innovazione, e sul processo di sperimentazione.

«Ho raccolto un po’ tutto il materiale e le conoscenze di questi numerosi anni di lavoro», dice Abbruzzese. «Ne è venuta fuori una sorta di mappa che avrei voluto avere io stesso a disposizione quando ho iniziato. «La mente che innova» parla della necessità di armarsi di un ecosistema di conoscenze, perché chi non capisce davvero cosa sta facendo, e non comprende il valore di quello che otterrà, difficilmente sarà motivato nel raggiungere il risultato. Pensiamo a tante persone che si sono ritrovate a fare e-commerce per necessità ma senza conoscerne pienamente i processi. E il discorso vale ancora di più sull’open innovation di un’azienda, che deve imparare a demandare all’esterno l’acquisizione delle nuove tecnologie e non lasciarsi limitare dalle manie di controllo interno».

In questo volume destinato a startupper, studenti, marketer e innovatori, Abbruzzese sostiene che la parola innovazione sia ancora troppo legata all’oggetto tecnologico. «Provo invece a fornire una prospettiva più sistemica.

Ancora prima di iniziare in questo settore, bisogna sapere cosa succede all’esterno, con chi dialogare e quale linguaggio utilizzare. Per questo consiglio alle aziende di creare delle spazi interni da chiamare incubatori, acceleratori o come preferiscono, che di fatto siano una sorta di membrana capace di parlare con l’esterno. Bisogna passare dalla cultura del posizionamento personale a quella dell’ecosistema, ed è anche per questo che punto molto sulla connettività e sull’integrazione».

Da molti anni, la competizione non è più legata esclusivamente a un ambiente geografico ristretto e ben definito. È diventata mondiale, soprattutto per chi fa un certo tipo di imprenditoria. «Oggi, ancora più che in passato, ci ritroviamo di fronte a un mercato instabile, in condizioni di totale incertezza. Un fenomeno come quello della pandemia spinge a dover reinventare modelli di business alternativi da un momento all’altro, ma questo non avviene di certo in tempi brevi perché significa modificare i processi e le relazioni aziendali, e spingere delle persone ad accettare delle vicende che non conoscono. Al contrario, implementare una familiarizzazione di questo mondo permette di guardare all’incerto con un peso specifico minore e sicuramente non devastante, proprio perché c’è già una predisposizione ai cambiamenti».

Il volume era già pronto prima della pandemia e adesso, per i temi trattati, è diventato ancora più attuale. «In una situazione di digitalizzazione immediata e a volte anche un po’ improvvisa, c’è una larga parte di persone che, giustamente, si sforza di trovare una quadratura e di costruire un nuovo modello di business per reinventarsi e adottare improvvisamente la tecnologia. Ecco, prima di farlo, bisogna essere consapevoli del contesto e dell’utilizzo di questi strumenti». 

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