Si oppone alla trasfusione,
muore dissanguata

Si oppone alla trasfusione, muore dissanguata
di Marilù Musto
Domenica 29 Settembre 2019, 09:23 - Ultimo agg. 30 Settembre, 06:31
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CASERTA Niente noiose spiegazioni sugli enzimi, trasfusioni e cellule. Perché nella sua vita le era apparso Geova per rivelarle certi misteri. E così, una donna di 70 anni si è lasciata morire dissanguata. Ieri si sono svolti i funerali. La religione ha superato l'etica. E si scatena il dibattito sulla volontà del paziente contro l'obbligo dei medici. Al centro, c'è il confine labile fra la vita e la morte. «No, non voglio trasfusioni», aveva detto la donna al primario del reparto di Chirurgia Generale. Ma vedendo che il medico non si capacitava, che indugiava e si arrabbiava per la decisione presa dalla paziente, era intervenuto un parente al capezzale: «Mia madre ha deciso così». Punto e basta. La frase del figlio della donna è stata fondamentale perché ha fondato la complicità esplicita in famiglia. Niente da fare. La donna ricoverata all'ospedale di Piedimonte Matese, testimone di Geova, è deceduta due giorni fa per emorragia dovuta a una gastrite che si sarebbe potuta curare con semplici trasfusioni.

 

IL RAMMARICO
«Si poteva salvare, certo», commenta ora il medico che l'ha tenuta in cura, il primario Gianfausto Iarrobino. «E adesso sono triste - racconta il primario - ma anche arrabbiato nero. L'avrei salvata al cento per cento, ma ha rifiutato ed è morta. I figli e i parenti solidali con lei. Ho fatto di tutto. Mi sono scontrato con tutti i familiari, ma nulla. Alla fine i figli sembra si siano esaltati dicendo: mamma hai dato una lezione a tutti i medici e a tutto il reparto. Mi chiedo, come può una religione ancora oggi permettere un suicidio? Come è possibile che io deputato per giuramento a salvare le vite umane, sia stato costretto a presenziare e garantire un suicidio assistito?». Domande che il camice bianco si è posto scrivendo un racconto su Facebook, evitando di dare troppe indicazioni per questioni di privacy. La convinzione che la scelta di lasciarsi morire fosse una fissazione che non faceva parte di un pensiero autonomo, ma di una comunità contraria all'accanimento terapeutico è l'ipotesi che è venuta in mente a tutti, in reparto.
LA TRAFILA
La donna era giunta in ospedale sei giorni fa con forti dolori addominali. «Gastrite sanguinante» era stato il responso dei medici. Si doveva agire in fretta: trasfusioni una dietro l'altra e si sarebbe rimessa in sesto. Ma all'improvviso è venuta a galla la storia della religione e della necessità, imposta, di star fermi. Per forza: «Non si può obbligare il paziente, in questi casi. Lei era lucida e ha firmato la cartella clinica chiedendo di non volere trasfusioni». Si sono susseguiti giorni in cui il sangue continuava a uscire senza che si potesse far nulla. Quattro giorni così e alla fine se n'è andata. «Io sono obiettore di coscienza - ha concluso il medico - una cosa del genere mia ha sconvolto dal punto di vista professionale e umano». Stando ad alcune voci di corridoio dell'ospedale, alcuni parenti avrebbero anche dichiarato che la congiunta avrebbe mostrato di essere «una grande».
L'INCREDULITÀ
Una storia, quella di Pedimonte Matese, che ha sconvolto la comunità matesina, a una settimana di distanza dal caso della bambina di Legnano di appena 10 mesi operata d'urgenza e alla quale i genitori volevano evitare la trasfusione post-operatoria. La procura dei minorenni aveva sospeso la podestà genitoriale. Per fortuna non è stata poi necessaria la trasfusione. Ma a Piedimonte Matese non era necessario far nulla: la paziente aveva scelto ed era consapevole. Resta il malincuore dei medici dell'ospedale di Piedimonte Matese per quella donna che ha deciso volontariamente di lasciarsi andare. In nome di una religione.
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