Torturato per un fake Instagram:
«Potevo morire, sarei stato occultato»

Torturato per un fake Instagram: «Potevo morire, sarei stato occultato»
di Mary Liguori
Sabato 15 Giugno 2019, 10:42 - Ultimo agg. 27 Novembre, 10:14
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«Ho pensato che sarei morto, che la mia famiglia non avrebbe neanche trovato il mio corpo». Mario Conte parla dal letto di ospedale in cui è costretto da due giorni, da quando è stato sequestrato e picchiato per tre ore da quelli che credeva essere amici. Uno di loro si è convinto che Mario ha pubblicato un falso profilo Instagram per prenderlo in giro: tanto è bastato per innescare in lui e nei suoi due fratelli un istinto omicida che ha ridotto Mario in condizioni gravi. «Non ho mai creato quel profilo Instagram e ho un video che lo prova. Quel fake mi contattava mandandomi le foto di uno dei tre fratelli con una parrucca da donna. Io stesso lo avvisai del profilo falso col suo nome. Se avessi immaginato che non mi avrebbe creduto, non sarei mai andato all'appuntamento».

Invece, martedì pomeriggio, Mario è andato in piazza, a Casapesenna, come gli chiedeva il suo amico. È salito in macchina con lui e si sono diretti verso San Marcellino, all'altezza di un bar, in via Roma, sono saliti in auto gli altri due fratelli ed è iniziato un incubo. «Uno dei tre ha preso una pistola da una scatolina e me l'ha messa in bocca: mi ha detto che se avessi reagito mi avrebbero ammazzato».

Mario ha la voce rotta mentre ne parla, ma è determinato a ottenere giustizia. «Per due ore, credo anche più, mi hanno portato in giro con una corda al collo, mi hanno colpito a pugni sugli occhi. Con tale violenza che ho avuto un mancamento e a un certo punto pensavano che fossi morto. Li ho sentiti dire che avrebbero buttato il mio corpo in un canale dei Regi lagni. E io stesso ho creduto che non ce l'avrei fatta, soprattutto quando mi hanno fatto scendere in una campagna di Villa Literno e mi hanno legato a un albero, con il nastro adesivo da imballaggio, per picchiarmi di nuovo».

Il pestaggio è andato avanti fino alle 22.40 circa quando, dopo avergli preso il cellulare, i tre hanno scaricato Mario in una zona isolata nei pressi del Tempio di Casapesenna. «Ero senza forze, ma avevo paura che se si fossero accorti che ero ancora vivo sarebbero tornati indietro per finirmi, così appena la loro auto si è allontanata, mi sono messa camminare alla ricerca di aiuto. Ho citofonato in un'azienda, ho chiesto che mandassero un'ambulanza, poi ho inizio a sbracciarmi e si è fermata una persona del mio paese che mi ha riconosciuto e mi ha portato in ospedale». Poche ore dopo, al Moscati di Aversa, Mario ha denunciato tutto ai carabinieri con tanto di nomi e cognomi degli aguzzini e riconoscimento fotografico, ma non è bastato.

 
LA VIDEOCHIAMATA
Nel corso delle ore del sequestro, dopo avere ottenuto il codice di sblocco del cellulare di Mario, i tre hanno controllato le sue chat e hanno scoperto che un loro amico, che da tempo vive a Palma De Mallorca, aveva commentato le foto pubblicate dal profilo Instagram falso con toni canzonatori. Il ragazzo in alcuni messaggi chiede a Mario chi può essere stato a pubblicare il contatto fake, Mario risponde di non saperne nulla. Dopo aver letto la conversazione, uno dei tre fratelli ha fatto una videochiamata al giovane, suo coetaneo, dicendogli che l'avrebbe pagata anche lui, come la stava già pagando Mario. E che le conseguenze sarebbero ricadute anche sulla sua famiglia, che vive a Casapesenna. Le telefonate sono facilmente riscontrabili con l'acquisizione dei tabulati telefonici, così come si possono controllare le telecamere delle tante zone che sono state teatro del pestaggio martedì sera.

AGGRESSORI LIBERI
Ma al momento, mancano basi solide per far scattare gli arresti. I tre fratelli sono stati denunciati a piede libero per lesioni e sequestro di persona. I carabinieri hanno perquisito casa loro, la loro azienda e le loro auto alla ricerca di quelli che in un'indagine di polizia giudiziaria si chiamano riscontri: al momento, però, non ce ne sono. Non si trova la pistola di cui parla la vittima, non si trova il cellulare che i tre gli avrebbero sequestrato per verificare se è stato lui a pubblicare quel profilo Instagram. E dai filmati finora acquisiti non ci sono immagini utili. I tre fratelli, dal canto loro, non hanno proferito parola quando è stato comunicato loro di dover eleggere domicilio. Sono liberi, dunque, in attesa delle indagini che, al momento, non hanno altro che il racconto del trentenne e il referto medico che, inequivocabilmente, parla di un pestaggio che poteva finire molto peggio. Saranno le tac disposte dal personale medico dell'ospedale di Aversa a ricostruire il quadro delle conseguenze che ha subito la vittima. Quando starà meglio, gli verrà chiesto di fare un sopralluogo con gli investigatori sui luoghi del suo calvario, ma intanto potrebbe essere troppo tardi. Chi ha quasi ucciso Mario ha già coperto le proprie tracce facendo sparire la pistola e potrebbe far scomparire altre prove.

I FILMATI
La chiave di volta nell'inchiesta potrebbe venire dai video.

Il bar-tabaccheria di via Roma a San Marcellino, davanti al quale i tre fratelli hanno costretto Mario a salire in macchina con loro, è videosorvegliato. Così come nella piazza di Casapesenna, dove Mario ha lasciato la sua auto per andare con uno dei tre fratelli, colui che gli ha teso la trappola in cui è caduto, ci sono delle telecamere. E c'è il sistema di sicurezza con telecamere anche nell'azienda di calcestruzzi di Casapesenna dove Mario ha citofonato per chiedere aiuto quando, finalmente, lo hanno buttato giù dalla macchina. Ma queste sono zone in cui la maggior parte delle persone preferisce tacere, evitare contatti diretti con le forze dell'ordine per non trovarsi in mezzo. Il fattore tempo potrebbe essere determinate e se quei video non saranno acquisiti tempestivamente, con tutta probabilità andranno persi. E con loro andrà persa la speranza di Mario e della sua famiglia di avere giustizia.

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