Nessuno ha dato il permesso. Né il docente universitario né l’allieva. Ma il video della lite fra la studentessa in Medicina e il professore universitario, durante un esame online, è ormai un mostro che vive di vita propria. Qualcuno ha filmato l’esame e lo ha inviato ad amici che, a loro volta, hanno pubblicato online le immagini di un colloquio che doveva restare fra le mura dell’Ateneo.
L’Università «Vanvitelli» di Caserta sta cercando di ricomporre i pezzi di una vicenda finita su Whatsapp e che «gira» sui social, ma è difficile fermare la gogna. Il caso di Tiziana Cantone, la ragazza di Mugnano che si è uccisa a causa dei suoi video finiti in rete, non ha insegnato nulla. Ai giovani come agli adulti. Una cosa però è cambiata dopo il suicidio di Tiziana: ora, l’inoltro di immagini e filmati non autorizzati dai protagonisti è un reato. «La studentessa ci ha rappresentato il suo disagio e la sua difficoltà a superare la diffusione del video», spiegano dall’Ateneo Vanvitelli.
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La storia è questa. È febbraio, tempo di sessione per esami. Una studentessa in Medicina, durante la prova orale in videoconferenza, sbaglia a pronunciare un concetto, il professore urla: «Muore la cellula e la vuoi pure dividere?». La reazione del prof non piace alla ragazza che piange. «Professore, ma è mai possibile che devo essere mortificata ogni volta?». «Ma tu devi andare a fare il medico», risponde il prof. Il pianto della ragazza è solo lo strato intermedio, il travaglio profondo di una crisi che sta per scoppiare. Non fra la studentessa e il docente, ma con un terzo incomodo.
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La ragazza spinge fuori dalla stanza la madre. Scattano provocazioni fra la donna e il docente, entrambi minacciano denunce. «Mi scusi», dice la ragazza. Ma nessuno chiede perdono per quanto accaduto. D’Altra parte l’università non è una chiesa. Chi filma emette un verso: «No, va be’!», un altro aculeo di mortificazioni. Il guaio è fatto. Dopo pochi minuti il video passerà di cellulare in cellulare. A nulla servirà la rappacificazione fra il docente e la studentessa organizzata dal rettore Gianfranco Nicoletti, ormai la tagliola della gogna è calata. Scatterà la denuncia alla polizia postale. E si spera che si aprirà presto il vortice del diritto all’oblio.