Valore di prezzi e beni, il tracollo
di Caserta è l'effetto crisi da Covid

Valore di prezzi e beni, il tracollo di Caserta è l'effetto crisi da Covid
di Domenico Zampelli
Sabato 9 Ottobre 2021, 08:29 - Ultimo agg. 11 Ottobre, 20:36
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Morde tanto la crisi Covid per l'economia casertana, crollo nel 2020 più che altrove in Campania, anzi come in pochi territori italiani. Emerge dall'analisi del Centro Studi Tagliacarne e di Unioncamere, nell'ambito della periodica attività di misurazione dell'economia dei territori. Pesata attraverso diversi parametri, - dall'artigianato alle piccole imprese, fino ai settori manifatturiero, agroalimentare, del tessile e abbigliamento, delle attività turistiche, del sistema culturale e creativo, dell'economia del mare ed anche dei servizi erogati dalla pubblica amministrazione. Il quadro è negativo ed è peggiore dell'anno nero, il 2011.

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Sannio e Terra di Lavoro sono i due estremi che raccontano come la Campania abbia reagito in modo diverso alle criticità della pandemia. Nel primo caso la perdita di valore di beni e servizi prodotti - nel raffronto 2019-2020 - si è fermata al 3,3%, dato più che sostenibile visto che la media nazionale è assestata a -7,1%. A Caserta, invece, il decremento ha toccato il 9,2%. In mezzo ci sono Salerno (-3,5%), Napoli (-6,9%) e Avellino (-8,2%). Come mai? Gli esperti dell'Istituto Tagliacarne spiegano che l'economia blu e quella verde si sono rilevate armi importanti in diversi territori per limitare i danni della pandemia sulla ricchezza prodotta. Sei province su dieci con la quota maggiore di imprese che hanno fatto investimenti green nel periodo 2016-2020 hanno retto meglio della media nazionale. Questo ha agevolato Benevento e Salerno.

In provincia di Caserta i più colpiti sono i servizi erogati dalla pubblica amministrazione, insieme ad altre 26 realtà fra cui Avellino, mentre al contrario Benevento, Napoli e Salerno sono fra le 31 province con performance migliori della media nazionale. Stesso discorso in riferimento alle imprese con meno di 49 dipendenti: Caserta e Avellino sono fra le 47 province a rischio maggiore, mentre Benevento, Napoli e Salerno rientrano fra le 34 realtà con numeri migliori rispetto alla media nazionale.

Il differenziale con Milano Un altro parametro dello studio contribuisce a comprendere meglio la situazione. Se il valore di un bene prodotto in Italia ha come indice 100, questo valore cambia a seconda dei territori e della ricchezza che produce. Così se a Milano questo valore quasi raddoppia, salendo fino a 189, a Caserta quasi dimezza, scendendo fino a 55. Va appena meglio a Benevento (62), Avellino (64), Napoli e Salerno (66). Così a livello nazionale occupiamo la casella 102: non siamo mai scesi così in basso, il primato negativo era stato rappresentato dalla posizione 101 occupata nel 2011.

Dove ripartire Ma quali sono i settori fondanti della nostra economia locale, quelli a cui affidare le prospettive di rilancio? Sicuramente bisogna puntare sul comparto che comprende commercio, turismo, informazione e comunicazione, il cui peso negli ultimi dieci anni è passato dal 20,9% al 23,6%. Processo inverso, invece, per quanto riguarda il settore delle costruzioni, sceso dal 7,3% al 5,8%. Lieve decremento anche per quanto riguarda l'agricoltura (dal 4,4% al 4%) mentre il comparto industriale si mantiene stabile al 12%. Rapporti che si ritrovano anche a livello regionale, facendo così comprendere la necessità di implementare lo sforzo nel settore del turismo in un territorio più vasto ed omogeneo. Tenendo comunque alcune peculiarità, come la costante componente industriale in Irpinia (che non è il più il primo comparto, ma comunque raggiunge il 17%) e l'incremento nello stesso settore fatto registrare sia nel Sannio che in provincia di Napoli.

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