La «vivandiera» del boss Michele Zagaria, Rosaria Massa, ha testimoniato oggi nel processo, in corso al Tribunale di Napoli Nord, a carico del poliziotto Oscar Vesevo, imputato per la scomparsa della pen drive dal covo in cui fu stanato il boss, e che per gli inquirenti - Dda di Napoli - avrebbe contenuto i segreti di Zagaria.
Vesevo, difeso da Giovanni Cantelli, risponde di peculato e corruzione con l'aggravante mafiosa, e accesso abusivo ai sistemi informatico. La Massa, proprietaria con il marito Vincenzo Inquieto, dell'appartamento in via Mascagni a Casapesenna dove il 7 dicembre del 2011 Zagaria fu catturato dopo 16 anni di latitanza, ha confermato che la mattina del blitz della Polizia di Stato (squadre mobili di Napoli e Caserta), vide Vesevo,
allora alla Mobile partenopea, che prendeva la pen drive; la donna ha riferito che il giorno della cattura sparirono parecchie cose dalla casa.
La Massa è stata condannata per aver favorito la latitanza di Zagaria, così come il marito Vincenzo Inquieto; questi doveva essere sentito oggi al processo ma era in Romania, e verrà sentito nell'udienza del 19 aprile.