«Rifarei tutte le foto che ho fatto. Io lascio un’eredità, è il caso di dire. Un’eredità, perché lascio questa camera oscura, tutti i materiali sensibili, tutte le pellicole… Vorrei ricominciare daccapo». Mimmo Jodice il 29 marzo compie novant’anni e proietta un’eredità dilatata e immensa, che è l’identità tra il suo sguardo, Napoli e la fotografia – l’arte, per lui – contemporanea. Che è l’orizzonte forzatamente curvo, lo strappo e tutte le bruciature estetiche che rimandano sempre e in qualche modo a Napoli, alla sua città-mondo. Che è l’impronta originale, l’essere nato alla Sanità, vivere e, con Angela, aprire uno studio a piazza dei Martiri, mentre esplodevano le energie di Lucio Amelio, Peppe Morra, Marcello e Lia Rumma, Pasquale e Lucia Trisorio e lì accogliere il mondo, quello dell’arte contemporanea, quello di Warhol e Beuys, di Rauschenberg e Johns, quello che mescola Napoli al mondo. «Come un racconto, come una favola» ha spiegato più volte la compagna, e la modella, di una vita, senza la quale si fatica a immaginare l’artista.
«La vita intorno a noi diventa sempre più accelerata e frammentata in una miriade di immagini e segnali esasperati che riducono la nostra capacità di vedere» spiegava Jodice allla Federico II, era la lectio magistralis del 16 novembre 2006.
Nel 1980 arriva Vedute di Napoli, un momento di svolta: nelle sue immagini sparisce l’uomo e con lui il dato temporale per consegnare il visivo a una dimensione eterna e metafisica. Dalle Vedute la fotografia di Jodice esplora il rapporto intimo con la pittura metafisica e surrealista, racconta l’elaborazione di un paesaggio che si fa rarefatto e visionario. Le impronte della rovina, dei riverberi marini e mediterranei si fanno echi prepotenti di una poetica che travalica spazio e tempo per fermarsi nell’immaginario, diventano il silenzio di un bianco e nero che si fa mistero e inquietudine, ombra e luce. Il viaggio si fa silenzio architettonico di un bianco e nero ai bordi dell’attesa, mistero e inquietudine, ombra e luci, forma ed eternità riconosciuti. Il museo di Capodimonte lavora per creare la «Casa della Fotografia Mimmo Jodice». Ora una sua antologica si sposta a Firenze, a Villa Bardini (fino al 14 luglio), per il progetto «La Grande Fotografia Italiana» delle Gallerie d’Italia – Torino, museo affidato a Roberto Koch. La mostra qui si arricchisce di una nuova sezione dedicata alle immagini delle opere fiorentine di Michelangelo Buonarroti, che escono dagli archivi di Jodice dopo 30 anni. Lo sguardo di Bruto, la Madonna del Tondo Pitti, i volti eterni del «Giorno e della Notte», i particolari dei «Prigioni», della «Pietà di Palestrina» e della «Pietà Bandini». Le fotografie, esposte per una volta sola a Palazzo Serra di Cassano nel 1990, ritornano alla luce. Auguri maestro, buon compleanno.