Elena Mearini, corpo a corpo: due sorelle, la boxe e un destino mortale

Un libro struggente e profondamente riflessivo

La copertina del libro
La copertina del libro
di Alessandra Farro
Giovedì 23 Febbraio 2023, 11:44 - Ultimo agg. 19:25
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Cosa vuol dire la parola “perfezione”? È giusto ambire a diventare esseri perfetti? La milanese Elena Mearini, direttrice della Piccola Accademia di Poesia, risponde a questi e ad altri quesiti nel suo nuovo romanzo “Corpo a corpo”, in uscita domani con Arkadia. La storia di due sorelle Ada e Marta, una perfetta e l’altra imperfetta, e di un uomo, Stefano, che voleva soltanto perdersi nell’amore o forse liberarsene, uniti tutti da uno sport, la boxe, attraverso cui cercano di espiare le proprie colpe o di annientare le proprie perfezioni oppure di ritrovarle. Un libro struggente e profondamente riflessivo.

Perché questa storia?
«Volevo trattare il tema della perfezione all’interno di una società che ci induce costantemente a modificare la nostra natura per essere accettati dagli altri. L’esempio più lampante è quello della chirurgia estetica, che a volte arriva a deformare volti e corpi, poi c’è anche la tendenza a dissimulare un proprio pensiero per adeguarsi a quello altrui, in modo da piacere agli altri, finendo per instaurare relazioni finte.

Anche i social in questo discorso sono emblematici, spesso si creano doppie personalità: una virtuale e l’altra reale. Chi non si piace nella realtà o non si percepisce come vincente, si rifugia nell’idea di sé che vuole trasmettere agli altri attraverso i propri profili online. Si crea un vero e proprio sdoppiamento nella speranza che l’immagine virtuale piaccia e acquisti popolarità. Tutti questi elementi attinenti alla tematica della perfezione, mi hanno fatto pensare a una storia che potesse avere come centro del racconto il rapporto tra due sorelle una perfetta e l’altra incompleta».

Marta e Ada rappresentano due facce di una stessa medaglia? 
«Ada è ineccepibile in tutto, è capace e talentuosa, mentre Marta è normale, mediamente capace, mediamente bella, mediamente accettata in famiglia, perché alcuni aspetti del suo carattere non combaciano con gli ideali che i suoi parenti avevano. Tra le sorelle si crea un rapporto particolare. Marta si preoccupa della perfezione di Ada al punto tale che si domanda se la sorella, perseguendo in maniera cieca la perfezione, non rischi di perdere la sua umanità, dai piaceri più banali, mangiare junk food ad esempio, a quelli più liberi, come correre a piedi nudi su una strada sterrata. Insomma, si chiede se Ada sarà sempre in grado di sporcarsi con la vita e nella vita e quindi cadere negli sbagli e negli errori, costituire la propria identità e crescere. Al contempo, logicamente, c’è anche una forma di gelosia che alberga in Marta, la perfezione di Ada abbaglia e aggredisce tutti. Attorno ad Ada si raccolgono grandi aspettative e Marta, inevitabilmente, si sente la sorella non vista, un colore sbiadito. Marta serba in sé una competitività tacita che non confessa neanche a se stessa e che combatte contro la volontà, invece cosciente, di salvare la sorella dal destino mortale della perfezione».

Come si salva qualcuno da un destino mortale?
«Marta metterà in atto una strategia per salvare la sorella o almeno lei se la racconta così, bisogna, però, capire qual è il prezzo della sua strategia. Parallelamente Marta costruirà una relazione con il suo ex professore del liceo, Stefano, col quale instaurerà un amore malato, ossessivo, distorto».

Stefano uccide una donna, un modo per strizzare l’occhio alla violenza di genere?
«Stefano uccide Marta, ma non si tratta minimamente di un femminicidio in senso stretto. Lui non è un uomo violento, questo lo si evince attraverso tutto il racconto, anzi sembra più una vittima di Ada e Marta che carnefice delle due. Da una parte è vittima della fascinazione di Ada e della sua perfezione, dall’altra è vittima della voracità dell’amore di Marta, che per ottenere l’amore di Stefano è disposta a replicare Ada, morta intanto suicida all’inizio della storia. Marta, infatti, inizia a tradire la sua natura praticando boxe come faceva Ada di nascosto; perché non era uno sport che si addiceva all’idea di perfezione di una donna, che avrebbe dovuto fare danza piuttosto ».

Qual è il significato della boxe nella storia?
«Ada ha bisogno di sporcarsi, ha bisogno di segnare il suo corpo con lividi e graffi, vuole sentire il corpo a corpo e incontrare l’altro. In ogni incontro con l’altro abbiamo la possibilità di rompere i nostri schemi, ed è quello che cerca Ada. Per Marta, invece, significa ambire alla perfezione, perché attraverso la boxe cerca di replicare la sorella, dunque cerca di diventare qualcun altro, tradendo la propria essenza, mentre Stefano si rifugia nella boxe dopo aver commesso il reato, per cercare di capire come affrontare le conseguenze delle sue azioni, se costituirsi, se fuggire. La boxe in generale ci insegna ad avere a che fare con l’alterità e a rispettarla. Questo è fondamentale nelle relazioni: nel momento in cui io non rispetto l’altro, quello sarà una sorta di appendice di me o di mia proiezione e io non potrò mai amarlo davvero, ma dedicargli soltanto forme d’amore distorte, deviate o devianti».

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