Nella Napoli di Domenico Rea: resistente anche al futuro

Giunti ripubblica il "Fondaco nudo"

Domenico Rea
Domenico Rea
di Ugo Cundari
Sabato 3 Febbraio 2024, 08:35
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Per la portata dei cambiamenti, dagli anni Trenta agli anni Ottanta del Novecento sembra passato un secolo. È un dato acquisito dagli storici e raccontato dagli scrittori, questi ultimi più attrezzati dei primi a coglierne meglio i risvolti come fece Domenico Rea con brevi racconti e saggi in Il fondaco nudo che mercoledì, a distanza di una quarantina d'anni dalla prima e ultima edizione, torna in libreria per Giunti (pagine 272, euro 14).

Non è il Rea di Ninfa plebea e Spaccanapoli, scoppiettante nelle espressioni e nella costruzione sintattica, qui è più posato e lucido, consapevole di raccontare una metamorfosi epocale di costumi e cultura dell'Italia attraverso due città simbolo, la reale Napoli e la fantastica Nofi.

È un continuo raffronto tra il «Medioevo» degli anni Trenta e Quaranta, l'«Interregno» dal dopoguerra agli anni Sessanta e il «Work in progress» che sta a indicare gli anni Settanta e Ottanta. Si comincia con la liquidità delle stagioni, che «si sono come accavallate e confuse fra loro» e ovunque, nella frutta fuori stagione o nelle ondate di caldo d'inverno e di freddo d'estate, si scorgono «stonature sacrileghe». I corpi oggi sono esposti ovunque nelle loro nudità, un tempo erano tabù come la morte quando «si poteva dar l'addio a questa amata e ruvida Terra per un catarro. Se moriva qualcuno della famiglia bisognava portare il lutto nero, secondo il grado di parentela, per anni e anni.

Conobbi sventurati che non provarono mai lo sfizio d'indossare un vestito colorato».

La prima notte di nozze lui e lei se ne andavano per un'idea, non c'erano ancora riviste e filmini pornografici, in casa l'argomento era vietato. Lui, impreparato, non appena vedeva la «cestunia» della moglie vi si avventava come un pazzo scatenato, tutto succedeva in pochi minuti di furia selvaggia e «sesso sguaiato», e il giorno dopo, quando le sorelle chiedevano alla sverginata come fosse andata, lei non poteva fare altro che piangere.
Prima si lavorava per tirare avanti, adesso tutti alla ricerca di «una qualsiasi dirigenza, purché dirigenza Enel, Rai, Italsider, Finsider...» così da permettersi «pelliccette e utilitarie da pagare con le rate che hanno preso il posto delle più temibili cambiali». Un tempo, l'uomo indossava il completo anche con trentadue gradi all'ombra ed era tutto normale, a distanza di qualche decennio se qualcuno ci provasse susciterebbe reazioni di ammirazione e meraviglia. Successe a Rea di andarsene in giro ad agosto negli anni Ottanta con un vestito in seta bleu elettrico, camicia immacolata bianca, fazzoletto nel taschino e allora «qualcuno, nel darmi il passo, mi chiamò onorevole. In banca gl'impiegati eseguirono le operazioni che mi riguardavano con sollecitudine devota. Uscito fuori fu peggio. Tutti mi guardavano. I tassisti, con ammiccamenti, sembrava si offrissero in gruppo d'accompagnarmi verso qualsiasi delizioso viaggio. Mi crebbe intorno una nuvolaglia di gente, ragazzi, giovani e vecchi, tutti vestiti alla stessa maniera sbracata e tutti quasi con gli stessi corpi e volti».

Già decenni fa libri e giornali scomparivano sempre di più dalle mani dei giovani. Guai a farsi trovare in spiaggia occupati a perdersi tra le pagine di un romanzo, «denota qualcosa che non va, una disfunzione mentale, cattiva salute, nevrosi», meglio dedicarsi a «gommoni, motoscafi, fuoribordo, windsurf, footing, petting, cosciamenti, altro che la statica barba di leggere». Va ancora peggio con i giornali, ma se le edicole chiudono non facciamone un dramma, «meglio lasciare tutto in bocca alla televisione, che sa quel che deve dire e come lo deve dire».

Tutto è cambiato fuorché Napoli, incapace di «uniformarsi al plafond universale» e per di più consapevole di questa «"suissima" vita, indipendente da tutto il resto, ossia dipendente soltanto dalla propria libido». A Napoli, ieri come oggi, l'amicizia è sacra ed è facile che ti invitino «alle tre del mattino a gustare un piatto di spaghetti con pomodori, triglie in cartoccio e babà flambé». A Napoli, ieri come oggi, c'è libertà sessuale e «una creatura di qualsiasi sesso può coltivare i propri sfizi. Il vizio della libertà sessuale a una certa ora della notte si respira nell'aria». Che significa per Rea essere napoletani? Ieri come oggi, «non provare il rigetto del prossimo. Accettarlo, sopportarne e comprenderne i difetti».

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