Goat, Ilaria Borrelli: «Racconto il dramma delle spose bambine»

Ha studiato regia alla New York University e vive da anni a Parigi

Ilaria Borrelli
Ilaria Borrelli
di Titta Fiore
Giovedì 2 Novembre 2023, 09:42
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«Voglio accendere una luce sul dramma delle bambine sfruttate, che nel mondo continuano ad essere milioni». Ilaria Borrelli, regista, attrice, scrittrice, sceneggiatrice, ha chiuso con «Goat» la sezione autonoma della Festa di Roma, «Alice nella città». Nel film, un suggestivo mix di cinema di impegno sociale e realismo magico, una ragazzina incinta a soli undici anni, Hadyia, scappa da un matrimonio forzato e attraversa il deserto per salvare la sorgente d'acqua del suo villaggio dalle mire di avidi affaristi occidentali. Porta con sé una capra per sostenersi bevendo il suo latte, e attraverso quell'animale così accudente crede di entrare in contatto con la mamma morta dandola alla luce. «Ho immaginato la storia per denunciare uno stato delle cose inaccettabile» dice la cineasta. «In guerra e in povertà le prime ad essere sacrificate sono sempre le bambine, vendute come mogli o come prostitute. Sono loro le più deboli, le prime ad essere portate via dalla scuola e le ultime ad entrare in ospedale».

Napoletana, Ilaria Borrelli ha studiato regia alla New York University e vive da anni a Parigi con i due figli adolescenti, anche se torna in Italia ogni volta che può: «Adoro venire a Napoli dai miei genitori».

Ha diretto commedie («Mariti in affitto», «Come le formiche»), documentari, l'horror «Vortice mortale» e, prima di «Goat», con «Talking to the trees» ha raccontato il dramma delle baby prostitute cambogiane. La denuncia degli abusi sui minori è la sua battaglia: «Sono sempre stata sensibile al tema, da piccola anch'io ho subito una molestia e non l'ho mai dimenticato. Quando è nata mia figlia, che oggi ha 15 anni e recita un piccolo ruolo nel film, ho deciso che me ne sarei occupata attivamente con il linguaggio che conosco meglio, il cinema».

Raccontando la storia di una ragazzina coraggiosa che si salva dalla brutalità degli adulti profittatori e violenti, «Goat» punta i riflettori sul ruolo dell'Occidente nello sfruttamento delle risorse dei paesi più poveri: «Chiusi nei nostri privilegi pensiamo che i loro problemi non ci appartengano, invece siamo tutti legati a filo doppio, perché gli interessi economici occidentali in quei territori creano pesanti scompensi sociali ed ecologici» spiega Ilaria. «Il cinema dovrebbe ritrovare la vocazione sociale che aveva negli anni Sessanta. Con questa storia voglio anche stigmatizzare la condizione di milioni di bambine vittime di matrimoni forzati, stupri di gruppo e parti devastanti. Oggi dieci milioni di ragazzine nel mondo soffrono di fistola ostetrica».

«Goat» è stato girato in Egitto al confine con la Libia: «Ero a caccia di un deserto meraviglioso, volevo mettere in relazione l'orrore che può esprimere l'essere umano con la bellezza che ci viene regalata quando nasciamo». Il cast è internazionale, con Mira Sorvino e John Savage recitano le star più famose del cinema arabo come Amr Saad, Sayeb Ragab, Nelly Karim e Maya Talem. «Amr Saad è il Tom Cruise arabo, la sua grande sensibilità lo ha portato ad accettare subito il ruolo e dopo di lui sono arrivate le altre superstar egiziane. Non hanno esitato a metterci la faccia, perché questi temi toccano il cuore di tutti». Particolare non irrilevante, «Goat» è la prima grande produzione internazionale araba con una regista donna occidentale. Assieme ai coproduttori italiani e francesi l'egiziana Agora Media Productions e la libanese Cedars Art Production. «Mettere insieme il budget è stato faticoso, ma ho goduto della massima libertà» continua Borrelli, «era importante parlare dell'eguaglianza di genere, di istruzione e di empowerment femminile». 
Per scrivere la sceneggiatura la regista si è documentata sui dati forniti dalle organizzazioni umanitarie con cui è sempre in contatto e racconta di aver contribuito a costruire in Cambogia una scuola per bambine ex prostitute: «Mi sono sentita utile quando, il giorno dopo la proiezione di "Talking to the trees", al Parlamento europeo approvarono una legge per perseguire i pedofili anche fuori dal proprio paese». Ora sogna una serie su questi problemi, sul coraggio delle ragazze: «Le attiviste Nadia Murad e Malala, premi Nobel per la pace, sono le vere eroine dei nostri tempi, altro che Spiderman».
 

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