«Vesuvio» di D'Amore e Ghiaccio: «Due baby camorristi di fronte al destino»

«Vesuvio» di D'Amore e Ghiaccio: «Due baby camorristi di fronte al destino»
di Ida Palisi
Domenica 16 Maggio 2021, 09:25 - Ultimo agg. 18:06
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«Chi perde è niente, non tiene le palle». Per Federico detto Vesuvio la vita è una sfida alle regole e a Susy, 13 anni come lui e a capo di una band rivale. È lei la sua ossessione, insieme con una Napoli che i rispettivi genitori si contendono da sempre. Così un gioco pericoloso tra i vicoli di una città che è certezza ma anche eterna conquista, si trasforma in una guerra all'ultimo sangue tra i due boss della camorra, e in una lotta tra bene e male di ragazzini sospesi tra la fedeltà alle proprie origini e il desiderio di essere diversi. Costruito come una favola, adatto a diventare un film, Vesuvio (DeA, pagine 144, euro 13,90) è un libro per ragazzi scritto da Marco D'Amore e Francesco Ghiaccio, in libreria dal 18 maggio. L'attore, regista e sceneggiatore casertano, quarant'anni il 12 giugno, torna a parlare dell'educazione sentimentale dei camorristi, dopo il film «L'Immortale» (Nastro d'argento 2020) in cui raccontava di Ciro l'Immortale da bambino, scritto sempre con l'amico-collega Ghiaccio.


D'Amore, che legame c'è tra Federico/Vesuvio e Ciro da piccolo?
«Vesuvio fa parte di un progetto di scrittura che con Francesco Ghiaccio porto avanti da vent'anni, ed è un soggetto cinematografico scritto insieme sei anni fa. Grazie a De Agostini e alla sua narrativa per ragazzi che voleva una storia con tinte anche oscure siamo riusciti a tirarlo fuori dal cassetto e forse in Federico c'è in nuce il piccolo Ciro di Gomorra e l'idea che ha scatenato il desiderio di scrivere l'Immortale.


Come ci può essere un finale diverso per un bambino destinato a diventare un criminale?
«Innanzitutto abbiamo voluto incominciare con il gioco e l'incoscienza: questi ragazzini vivono la malavita come se fosse una marachella, che si trasforma poi in una visione macabra della realtà. Nel libro però loro fanno il contrario di ciò che raccontiamo in Gomorra: antepongono i sentimenti a certe logiche familiari e di strada, mettendole al centro della propria vita. È questo l'unico modo per operare dei cambiamenti drastici».


C'è anche qui un personaggio femminile molto forte, Susy.
«Non è la solita principessina che salva il ragazzo, ma un'antagonista molto dura e anche capace in prima persona di contrastare certe logiche.

Lo fa attraverso l'arte che è uno dei modi per salvarsi e trascina con sé Federico. Non a caso le sue stilettate più grosse gliele dà cantando. Vorrei che questo libro fosse letto dai genitori ai ragazzi, affinché sentano che non è mai troppo tardi per cambiare, andare incontro alla bellezza e non arrendersi».


L'abbandono dell'infanzia e dell'adolescenza sembra starle molto a cuore.
«Per me è un tema ricorrente, anche da spettatore: alcuni spettacoli che mi sono rimasti nella mente avevano a che fare col quel periodo della vita in cui si progetta il se stesso che diventerà uomo. Si dice sempre che i ragazzi sono superficiali, ma hanno semplicemente un altro modo di indagare la realtà che va compreso».


Come ha fatto a staccarsi emotivamente da un personaggio spietato come Ciro?
«Tutte le manifestazioni più acute di violenza mi hanno sempre lasciato strascichi emotivi però sono convinto che attraverso il corpo dell'attore sia necessario mostrare certe cose, affinché il pubblico possa prendere le distanze. Spero che il piccolo sacrificio che facciamo in scena serva affinché lo spettatore operi un percorso opposto di repulsione verso tutto ciò che è sbagliato e atroce».


Finisce «Gomorra» con la prossima serie, la quinta: che cosa succederà?
«Speriamo di non deludere le aspettative e di salutare degnamente i nostri personaggi e chi ci ha seguito da tanto tempo e lo ha reso il progetto audiovisivo italiano più importante degli ultimi trent'anni. Io come attore sarò in Security di Peter Chelsom (su Sky), anche con uno stravolgimento fisico importante. Ma dopo 25 anni di carriera inizia per me una nuova fase che mi vedrà alle prese con altri tipi di racconti».

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