Una piantina di cachi. Piccola, timida, per nulla appariscente: contiene la storia del secolo breve. È nata dai semi dell’unica specie vegetale sopravvissuta al bombardamento atomico di Nagasaki, da qualche anno un’associazione si occupa di spargere la sua discendenza in alcuni luoghi del mondo; tra questi il giardino Pangea di Scampia. È una delle tappe dell’ecomuseo locale, il Moss, nato due anni fa e da pochi mesi riconosciuto da una legge regionale. Che a Scampia ci fosse un museo suona nuovo, ma che l’intera area sia diventata un’esposizione a cielo aperto fa ancora più effetto. Eppure, visitando le «stanze» di questo itinerario speciale, la sorpresa finisce e lascia spazio alla riflessione, al benessere, al gusto.
A comporre gli ambienti del Moss sono i luoghi e le persone, le associazioni e le storie, l’attivismo e i sogni che stanno trasformando il quartiere simbolo del degrado in un presidio di riscossa. «Valorizziamo la contronarrazione che fa essere ogni cittadino di Scampia un custode dei beni dell’ecomuseo» dice Barbara Pierro, coordinatrice dell’associazione Chi Rom e Chi No e del Moss «che sta per movimento, dinamismo, per... datti una mossa».
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Ma un museo, anche «eco», presuppone un percorso di visita. A fare da guida sono Mario Civitaquale e Pasquale Frattini, abitanti di Scampia di 30 e 20 anni. Si parte appunto da Pangea, nato sul solco di alcune palazzine non più costruite e che negli anni erano diventate discarica e rifugio di tossicodipendenti. Nel 2016 i perimetri che avrebbero ospitato le costruzioni furono bonificati e ora accolgono piante di vari punti del mondo: ogni aiuola ha il nome di un continente con le rispettive specie, più una sesta dedicata al bacino del Mediterraneo. Tra alberi e cespugli spuntano opere d’arte, diverse le hanno realizzate i frequentatori del centro diurno per malattie mentali Gattablu (a rischio chiusura). Accanto Pangea - il cui nome si ispira a un brano di Enzo Avitabile, «Simm’tutt’uno» - 120 metri quadri di murales circondano il campo di calcio dedicato alla vittima di camorra Antonio Landieri. Sono in espansione: per ora ci sono i volti di Gandhi, Mandela, Martin Luther King e altri, ma sta crescendo con i simboli di Emergency e le bandiere palestinesi. A due passi c’è il parco Corto Maltese dove l’eroe di Hugo Pratt invita a fruire di un giardino zen, campi di basket e padel: «Molti ci dicono che, per l’ordine e l’armonia del verde, non sembra di stare a Napoli» raccontano le guide. A Napoli no ma a Scampia sì: «Il lavoro delle associazioni ha cambiato il volto al quartiere e l’anima alle persone. Oggi la maggior parte degli abitanti si prende cura della natura e degli spazi pubblici». È difficile immaginare un altro posto, in Italia, in cui sia stato così determinante nella trasformazione sociale l’impatto degli enti associativi.
Il primo in ordine di tempo fu il Gridas di Felice Pignataro, scomparso, e Mirella La Magna, la cui opera rientra nell’itinerario che comprende sia il centro sociale da loro animato che la stazione della metropolitana ribattezzata «Felimetrò», con dodici gigantografie sui momenti del Carnevale di Scampia. Ma è lo stesso racconto del posto che si fa visita e tappa particolare, spiegano le guide: «Nei nostri attraversamenti a piedi usiamo uno stile ironico. Facciamo notare che è incredibile che i turisti non siano stati ancora sparati, è un modo per esorcizzare le narrazioni tossiche secondo cui si facevano i “Gomorra tour”, quasi pregando di venire rapinati». La visita porta ai tracciati delle vele, ormai ridotte a cantiere per via delle demolizioni, di cui viene evocata la nascita. È ecomuseo anche uno sguardo ai murales, tra cui quello di Fabrizio De Andrè fatto da Jorit e Trisha Palma. Ed è ecomuseo il quartier generale, Chiku, una sigla che collega Chi Rom e Chi No» e Kumpania, prima impresa sociale che unisce donne rom e italiane. Si occupano della cucina e il loro cavallo di battaglia, ponte tra le due culture, è una moussaka balcanica rivisitata alla napoletana con i broccoli: squisita. La sede è nella cittadella dove sorgono anche la municipalità e l’auditorium (sempre intitolato a Faber), purtroppo chiuso ormai da sei anni. Al livello superiore c’è quella che è identificata come l’ultima stazione del percorso, un laboratorio per bambini.
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Lo frequentano da docenti il regista Alessandro Rak, il fotografo Mario Spada e lo scultore Christian Leperino, da allievi centinaia di ragazzi; tra un «memory» gigante dedicato agli affetti e una foresta di bigliettini si arriva alla pianta, disegnata dai piccoli, della Scampia che desiderano: verde, aperta e vivibile. I segni rossi indicano i loro suggerimenti agli amministratori e intanto uno dei sogni si sta per avverare: a settembre sarà inaugurata una pista ciclabile e le prime bici elettriche saranno offerte dal Moss (c’è pure un risciò per i disabili): «Un ecomuseo attiva scambi. Dopo la visita molti offrono contributi per la vita del quartiere e sostegno in caso di emergenza, come la tragedia della vela celeste». E se fosse il caso di fare visita a un museo diverso, per un’estate davvero diversa?