Luciano Canova, economista e divulgatore scientifico, nutre come gran parte dei suoi colleghi forti perplessità sui dazi imposti da Donald Trump. Questo perché le tariffe «penalizzano in primis le economie di chi li impone», andando a impattare «sulle famiglie più povere» attraverso prezzi più alti per i consumatori. Un problema per gli americani, dunque, ma anche per noi europei.
Da un lato, l'esportazione del Made in Italy negli Stati Uniti potrebbe subire una battuta d'arresto, con ripercussioni sull'economia nazionale. Ma dall'altro, anche i singoli cittadini potrebbero vedere i prezzi degli articoli importati dagli States lievitare. Ecco l'intervista a Luciano Canova, insegnante di Economia Comportamentale presso la Scuola Enrico Mattei, ma anche divulgatore social attivo su Instagram e TikTok.
Perché Donald Trump ha imposto i dazi, qual è il suo obiettivo?
«Non ho le competenze di scienze politiche per capire se ci sia dietro una strategia legata all'ordine internazionale, ma, francamente, ho più di un dubbio che ci sia. Dal punto di vista economico, la logica e l'evidenza empirica ci dicono che di vantaggi non ce ne sono. Devo dire che l'esperienza con Trump, anche durante la prima amministrazione, suggerirebbe quella di un uomo in preda a una volatilità di impulsi attraverso cui vuole mostrarsi forte. E mi fermo qui».
In che senso il calcolo dei dazi è errato?
«Se si può usare un'espressione poco tecnica, la “supercazzola” della formula matematica nasconde semplicemente un'idea che non è in linea con i fondamenti del commercio internazionale: il calcolo attuale prevede che chi ha un surplus commerciale con gli Stati Uniti venga penalizzato. Quindi l'idea, se possiamo definirla tale, è che o un paese è in pareggio commerciale con gli Usa oppure è da sanzionare. Ma il commercio internazionale, dalla fine del '700 (non da 20 anni) si fonda sull'idea di vantaggio competitivo: ogni paese si specializza nella produzione di ciò per cui ha un vantaggio competitivo e scambia sul mercato con gli altri paesi per approvvigionarsi dei beni e servizi di cui ha bisogno. Lo scambio non è a somma zero. L'idea di esportare non è virtuosa in sé, ma funzionale anche a "importare" ciò che non sei capace o non hai le risorse per produrre. Dunque, è proprio la "filosofia" di fondo a turbare. Oltre al fatto che, al di là dei pinguini sanzionati, Russia e Corea del Nord sono gli unici due paesi non oggetto di dazi...».
Quali saranno le ripercussioni sull'economia americana e su quella europea?
«I dazi penalizzano in primis le economie di chi li impone. Come? Inevitabilmente, attraverso prezzi più alti per i consumatori americani, ma anche per le imprese che si vedono aumentare i costi di produzione (import di materie prime o energia) e dovranno dunque aumentare i prezzi dei loro prodotti. Una cosa da dire forte e chiara è che i dazi sono regressivi: impattano di più sulle famiglie più povere. Per l'economia europea, tradizionalmente partner commerciale forte degli Usa, si tratta di un duro colpo alle esportazioni e, poi, ci sono le conseguenze di un quadro macroeconomico sempre più incerto e volatile che non incoraggia nemmeno la domanda interna o gli investimenti. Direi di tenere d'occhio il tasso di inflazione e rivedere con prudenza le stime di crescita del prodotto».
Ci saranno delle ripercussioni sui consumatori italiani?
«Premettendo che con Trump bisogna sempre seguire cosa accade, tra decisioni annunci e ripensamenti, senz'altro il rischio è un aumento dei prezzi con gli effetti discussi prima e, conseguentemente, un calo della fiducia nei consumatori e un aumento del costo della vita. Presto per valutare gli effetti di qualcosa di appena annunciato, ma l'Italia è paese che esporta molto negli Usa e, in particolare, i suoi prodotti di punta per quanto riguarda Made in Italy: Prosecco è industria da miliardi di euro, sarebbe da chiedere ai produttori cosa ne pensano a Vinitaly. Parmigiano Reggiano o Grana che rischiano di essere sostituiti sul mercato Usa dai prodotti scadenti locali con marchi finto-italiano. Quindi l'economia italiana potrebbe avere un bel contraccolpo. E pure sui settori a basso valore aggiunto (turismo, etc.), se il quadro è questo, il cielo si fa denso di nuvole».
In caso di controdazi europei, prodotti americani molto popolari in Italia, come indumenti Nike o smartphone Apple, costeranno di più?
«I dazi colpiscono Apple attraverso quelli applicati alla Cina, suo fornitore, e così altri paesi asiatici per scarpe o abbigliamento. Sarà invece da capire se, come controrisposta, la Ue colpirà i servizi digitali delle big tech americane (quelli sì che sono "esportati" dagli Usa) in Europa, con rincari su abbonamenti e prezzi. Siamo all'inizio di un periodo sicuramente turbolento».
Storicamente i dazi quali effetti hanno prodotto sulle economie?
«I dazi sono sempre pesanti come effetto sull'economia. Non andrei troppo dietro nella storia per verificare impatto, perché il mondo è molto cambiato (per dire, rispetto a 100 anni fa e alle guerre commerciali tra le due guerre mondiali). Integrazione dei mercati e velocità informazioni rendono molto più immediati e amplificati effetti di segnale, retroazioni, etc. Per quanto riguarda il 2017, l'effetto stimato dei dazi del Trump I, con tutti i caveat del caso perché sono stime e valutazioni difficili, è intorno al 2% del Pil statunitense».