Pensioni statali, l'impennata: oltre la metà sono anticipate

Pensioni statali, l'impennata: oltre la metà sono anticipate
di Nando Santonastaso
Giovedì 27 Maggio 2021, 07:00
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I numeri ipotizzati nel 2019, quando la misura entrò in vigore, resteranno certamente un miraggio. Con la conseguenza, tutt'altro che secondaria, che uno degli obiettivi di quota 100 non era solo favorire l'uscita anticipata dal lavoro di chi aveva i requisiti previsti dalla norma per andare in pensione, sia pure con una penalizzazione: era soprattutto la possibilità di favorire la contemporanea assunzione di giovani in sostituzione di chi usciva. Sotto questo punto di vista i dati diffusi ieri dall'Osservatorio Inps non danno indicazioni ma fino al 2020 il rapporto era saldamente ancorato a meno di un nuovo occupato ogni tre pensionati anticipati. Una percentuale decisamente insoddisfacente rispetto alle previsioni indicate dai promotori di quota 100, Lega in testa, al punto che dei 19 miliardi stanziati per tre anni nelle rispettive leggi di Bilancio risultano impegnati solo 10 miliardi a conferma del tiraggio non proprio esaltante della norma. Nel 2019 appena 154mila i lavoratori dipendenti che vi avevano fatto ricorso, con una quota del 50 per cento circa rispetto ai lavoratori del pubblico impiego usciti anticipatamente quell'anno. È presumibile che questo andamento si sia confermato anche nel 2020, quando invece, secondo almeno i promotori della legge, doveva essere più facile uscire anticipatamente in coincidenza della pandemia e garantire così un'altrettanto rapida partecipazione al lavoro dei giovani. Niente o poco di tutto questo nell'annus horribilis anche se una certa incidenza di quota 100 si è manifestata soprattutto tra i lavoratori del pubblico impiego, sia pure, anche in questo caso, senza raggiungere le cifre che erano state ipotizzate (900mila uscite nel triennio 2019-21).

L'Osservatorio Inps ha spiegato, infatti, ieri che nel 2020 l'Ente ha liquidato agli statali 179.230 assegni, per una spesa di 4,65 miliardi e che oltre la metà, il 58% per la precisione, aveva requisiti più bassi dei 67 anni d'età fissati per il trattamento di vecchiaia.

La rilevazione dell'Osservatorio Inps conferma l'elevato numero di pensionamenti, soprattutto in forma anticipata, ma a un ritmo leggermente più contenuto di quello registrato nel primo anno di sperimentazione di Quota 100, ovvero nel 2019.

Nel 2020 anche grazie alla possibilità di uscita con almeno 62 anni di età e 38 di contributi, introdotta dal governo Conte 1, gli assegni liquidati sono lievitati dell'8,4% rispetto ai 165.327 erogati nel 2019, quando però era stata registrata un'impennata del 10 per cento. In particolare, sono stati erogati 98.453 assegni anticipati (il 54,9% del totale), e appena 33.428 pensioni di vecchiaia (18,7%). I trattamenti di inabilità sono stati 4.787, quelli ai superstiti da assicurato 4.035 e 38.527 le pensioni liquidate ai superstiti da pensionato pubblico (21,5% del totale). Inoltre, dalla rilevazione dell'Osservatorio Inps emerge che a inizio 2021 il 58,6% degli assegni è erogato dalla Cassa trattamenti pensionistici ai dipendenti dello Stato (Ctps), seguita dalla Cassa pensioni dei dipendenti degli enti locali (Cpdel) con il 38% mentre le altre Casse hanno assorbito il 3,4% dei pensionamenti. Nel 2020 le pensioni liquidate ai dipendenti pubblici sono state 179.230 per una spesa complessiva di 4.654 milioni e con un importo medio mensile di 1.997 euro. L'importo medio supera di poco i 2.000 euro per gli ex dipendenti dello Stato ed è pari a 1.753 euro per i dipendenti degli enti locali. Per la cassa dei sanitari nel 2020 il trattamento medio mensile è stato di 4.823 euro. 

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Va peraltro sottolineato che con il 40,7% dei trattamenti e il 39,3% della spesa sono concentrate soprattutto al Nord d'Italia le pensioni ai dipendenti pubblici vigenti all'inizio del 2021. Nel Sud e nelle Isole è indirizzato il 36,4% degli assegni (e il 36,5% della spesa) mentre nell'Italia Centrale sono liquidati il 22,6% degli assegni e il 24% della spesa. Solo lo 0,3% della spesa è erogata a pensionati all'estero. Sembra dunque caduta anche l'ipotesi che i maggiori beneficiari dovevano essere i lavoratori dipendenti del Mezzogiorno: nel 2019 in effetti, sulla scorta delle prime domande presentate all'Inps per quota 100, quattro su dieci provenivano dalle regioni meridionali dove, peraltro, nel decennio precedente si era verificato il massiccio esodo dei lavoratori del pubblico impiego con il blocco del turnover e dei concorsi, una delle cause dei ritardi e dell'incapacità degli enti locali del Sud di garantire progetti e spesa delle risorse europee anche dell'attuale ciclo di programmazione. 

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