Stato, imprese e famiglie,
​l'Italia schiacciata dai debiti

Stato, imprese e famiglie, l'Italia schiacciata dai debiti
di Nando Santonastaso
Venerdì 29 Gennaio 2021, 08:23 - Ultimo agg. 30 Gennaio, 09:50
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Dice Antonio Patuelli, presidente dell'Associazione bancaria italiana, che «se la pandemia ci avesse colpito quando non c'era l'euro, avremmo pagato tassi di interesse altissimi sul debito, come al tempo della lira». Al punto che, ricorda il numero uno dell'Abi citando l'intervento di Luigi Einaudi all'Assemblea Costituente, «chi nel 1913 aveva 100 lire in realtà nel 1947 disponeva di una capacità di acquisto pari a sole 3 lire». Con l'euro e la Bce, invece, i tassi d'interesse sono a livelli infimi, «i più bassi di sempre nella storia del Regno prima e della Repubblica poi. Lo Stato e la Bce garantiscono la sostenibilità del debito e per salariati e dipendenti a reddito fisso il potere d'acquisto non è fortemente eroso da inflazioni e svalutazioni rapide», chiosa Patuelli. Il ragionamento non fa una grinza ma è altrettanto vero che l'Italia ai tempi del Covid i suoi debiti li ha visti crescere ancora, com'era del resto inevitabile che accadesse. Lo dimostra il fatto che ognuno di noi, neonati compresi, porta oggi sulle spalle un macigno di oltre 43mila euro; che il debito pubblico è ormai ad un passo dal volume record di circa 2.600 miliardi, 190 dei quali aggiunti dalla pandemia in questi mesi; che decine di migliaia di imprese sono state costrette, per sopravvivere, a ricorrere ai prestiti garantiti dallo Stato al 100 per 100 (fino a 30mila euro, cioè) per circa 21 miliardi di euro (dato aggiornato a ieri dal Fondo di Garanzia), sul totale di 133 miliardi di finanziamenti concessi dalle banche nell'ambito del decreto Liquidità, per complessivi un milione e 700mila richieste, il 25% provenienti dal Mezzogiorno.


L'Italia dei debiti, da Nord a Sud, si coniuga a più voci. Ad esempio, le domande di adesione alle moratorie previste dai decreti anti-Covid su prestiti già concessi sono oltre 2,7 milioni, per un valore di 300 miliardi, ricorda Banca d'Italia.

In base agli ultimi dati, circa il 65% degli importi delle moratorie richieste e approvate dalle banche da marzo 2020 è ancora in essere. Per le famiglie, in particolare, le banche hanno ricevuto oltre 200 mila domande di sospensione delle rate del mutuo sulla prima casa (accesso al cosiddetto Fondo Gasparrini), per un importo medio pari a 94mila euro. Le moratorie dell'Abi e dell'Assofin rivolte alle famiglie hanno raccolto finora 572 mila adesioni, per 27 miliardi di importo. Dati che sono tornati proprio in questi giorni di stretta attualità dopo l'allarme lanciato da Patuelli sulla richiesta dell'Eba, l'Autorità bancaria europea, di stoppare le moratorie dopo 9 mesi, con il rischio di strozzare chi è ancora in piena emergenza. Uno scenario pericoloso e inconcepibile ma che va allargato per capire cosa sta accadendo anche al di fuori dell'Italia: «Siamo passati dal capitalismo del surplus al capitalismo del debito, in tutto il mondo dice l'economista della Luiss Giuseppe Di Taranto -. La globalizzazione è irreversibile e questo vuol dire che mentre i Paesi occidentali vivono di debiti i cinesi sono diventati il Paese più ricco al mondo, con un Pil in crescita dell'8%. E non nel 2030, come si prevedeva, ma già adesso. Per questo l'Ue dovrebbe tutelare maggiormente le banche».


Più debiti vuol dire però anche meno redditi disponibili. La Banca centrale nel suo ultimo Rapporto sottolinea come in Italia «i redditi privati non finanziari abbiano fatto segnare la maggiore contrazione degli ultimi 20 anni. Flessione che solo in parte è stata contrastata dalle misure di sostegno adottate dall'esecutivo». E spiega: «Nel primo semestre del 2020 i redditi primari pro capite a valori correnti delle famiglie si sono ridotti dell'8,8% rispetto al primo semestre del 2019, una contrazione decisamente più ampia di quelle registrate nelle fasi più acute della crisi finanziaria (-5,2%) e di quella dei debiti sovrani (-3,4%)». I più colpiti risultano i redditi da lavoro dipendente, scesi dell'8,7% per effetto del calo dei redditi unitari, mentre i redditi da lavoro e i profitti delle famiglie produttrici (ovvero risultato netto di gestione e reddito misto netto, ndr) sono diminuiti del 7,4%. Cresce, e di molto, il risparmio, «più che triplicato in percentuale rispetto alla fine del 2019, (dal 2,8 al 9,2%)». Non era mai successo.


Nonostante tutto, o forse proprio in virtù di quanto sta accadendo, la fiducia degli italiani verso il proprio sistema finanziario, come ricordava Patuelli, ha tenuto. Banca d'Italia spiega che «in un contesto di forte contrazione della spesa per consumi e investimenti, le famiglie e le imprese hanno nel complesso indirettamente trasferito risorse alle amministrazioni pubbliche». In altre parole, «dopo oltre un anno di disinvestimenti in titoli pubblici (-23,6 miliardi nel 2019), nella prima metà del 2020 le famiglie sono tornate ad acquistarne per 5,1 miliardi, mentre sono state registrate vendite di altri titoli per 11,6 miliardi».


Non sono dati marginali, tutt'altro. Ma cosa accadrà quando quei debiti bisognerà restituirli o ripagare gli interessi, cioè il deficit? «Se non cambieranno le regole europee del Patto di stabilità dice Di Taranto che è sospeso per tutto l'anno, si rischieranno di nuovo le politiche di austerità quando verrà reintrodotto. Ha ragione Mario Draghi quando dice che c'è un debito buono e uno cattivo: non conta cioè il limite del debito ma come si spende. Se riusciamo ad aumentare gli investimenti produttivi, scendono i rapporti Debito-Pil e Deficit-Pil. Per questo il Recovery Plan è un'occasione da non sprecare, assolutamente».

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