Diritti negati, i 10 trucchi che penalizzano il Sud

Diritti negati, i 10 trucchi che penalizzano il Sud
di Marco Esposito
Martedì 23 Marzo 2021, 08:29
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Non c'è - e meno male! - una legge che dice: «Le donne vanno trattate peggio». Esistono però diverse regole che in sostanza dicono: «Le donne meridionali vanno trattate peggio». Se ci fosse una norma per discriminare le donne in generale scatterebbe una immediata reazione collettiva; ma se a essere penalizzate sono solo le donne meridionali il quadro cambia e la regola è tollerata. Non è un'opinione, sono fatti. È un fatto - si provi a smentire - che la cura di bambini, disabili, anziani non autosufficienti ricada soprattutto sulle donne. È un fatto - lo certifica l'Istat - che le donne di 20-64 anni che lavorano sono 32 su cento in Campania, Calabria e Sicilia e 68 su cento in Emilia Romagna.

Ed è un fatto - misconosciuto, ma vero - che in documenti pubblici è scritto che chi vive in Campania, Calabria e Sicilia ha un minore fabbisogno riconosciuto di asili nido, di tempo pieno a scuola, di assistenza ai disabili, di servizi in favore degli anziani non autosufficienti. Cioè in Italia siamo riusciti a scrivere regole per affermare che è giusto che una persona sia discriminata o favorita in base al luogo dove vive, alla residenza. E sia quindi trattato peggio se vive (e finché vive) nel Mezzogiorno. Oggi, nell'Italia del 2021, abbiamo regole che affermano che un bambino di Reggio Emilia finita la scuola ha diritto alle vacanze estive a spese di tutti gli italiani, con i costi scaricati sul fondo di solidarietà comunale, mentre un bambino di Reggio Calabria non ha diritto neppure alla mensa scolastica e quindi non gli tocca il tempo pieno a scuola.
Sui servizi pubblici essenziali - sanità, istruzione, assistenza, trasporti - i divari sui territori sono gravi come raccontano le statistiche ma non sono dovuti soltanto a ragioni storiche, sono frutto di un insieme di regole definite in tempi recenti che tendono a consolidare o alimentare le differenze, fino ad arrivare a una vera e propria discriminazione territoriale, una sorta di colpa di errata residenza, in aperta violazione della Carta costituzionale e in particolare dell'articolo 117, secondo comma lettera m, laddove si assegna allo Stato in via esclusiva il compito di determinare i «livelli essenziali delle prestazioni concernenti di diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale», quindi indipendentemente dal luogo dove si vive. Ma tali livelli, i Lep, dal 2001 (riforma del Titolo V) non sono mai stati determinati, neppure su servizi come il tempo pieno a scuola o l'assistenza ai disabili. Alcuni esempi di regole in vigore che legano la fruizione di servizi alla ricchezza dei territori permettono di evidenziare la deformazione del principio di uguaglianza su cui si basa la Carta.


1. GESTIONE ASILI NIDO
Il fabbisogno standard per garantire il servizio dei nidi dal 2015 si basa su una copertura della popolazione interessata correlata al servizio storico. Fino al 2019 quel bisogno poteva essere addirittura zero, come in molte città popolose della Campania. Lo zero, dopo le inchieste del Mattino, una trasmissione di Report e il ricorso di 70 Comuni guidati da Cinquefrondi e Riccia, è sparito. Ma la strada per l'equità è ancora lunga e quest'anno al posto del 33% minimo previsto dall'Unione europea in ciascun Comune si va dal 7,69% al 28,88%.


2. COSTRUZIONE NUOVI NIDI
I fondi 0-6 avviati nel 2017 sono stati finora ripartiti utilizzando come parametro principale gli iscritti ai nidi esistenti, quindi premiando chi i nidi li ha già. E tra pochi giorni, il 29 marzo, si consumerà un altro scempio: i 700 milioni del fondo legge 160/2019 (art. 1 comma 61) relativi alle annualità 2021-25 saranno assegnati con un bando che favorisce smaccatamente le aree forti, nonostante la legge prevedesse una tutela per le aree svantaggiate. Il ministero dell'Interno, che gestisce la gara, lunedì 29 diffonderà il modulo per le domande per costruire o ristrutturare asili nido e altre strutture per l'infanzia. Nell'elenco dei Comuni svantaggiati però sono stati inseriti sia luoghi con un indice di vulnerabilità sociale e materiale alto, sia i capoluoghi di provincia del Nord che svantaggiati non lo sono affatto.

Non solo, nella gara è stabilito un punteggio extra per i Comuni che hanno i soldi per cofinanziare il progetto, ovvero quelli più ricchi. Quindi Milano sfiderà Napoli, Bologna si confronterà con Bari, Reggio Emilia con Reggio Calabria... Sarà una gara falsata in partenza in cui i fondi per i bambini e le donne che vivono nelle aree svantaggiate finiranno in larga parte dove i servizi ci sono già.


3. TEMPO PIENO A SCUOLA
Il fabbisogno standard comunale per i servizi relativi all'istruzione dal 2015 non è calcolato misurando le esigenze di tempo pieno ma confermando i servizi storicamente erogati: se il servizio mancava in passato, sparisce il diritto per il futuro. Anche nell'anno in corso, in un Comune senza mensa scolastica il fabbisogno è pari a zero.


4. SERVIZI SOCIALI
Nella legge di Bilancio 2021 (comma 797) si premiano con un bonus gli Ambiti territoriali sociali con almeno un assistente ogni 6.500 residenti e si consentono maggiori assunzioni in deroga ai vincoli per le spese di personale mentre si nega ogni agevolazione economica o normativa dove gli assistenti sociali sono davvero pochi. Per esempio l'Ambito territoriale che vede come capofila Morcone conta 40.000 abitanti e ha un solo assistente sociale per il sostegno alle famiglie con disabili o anziani non autosufficienti. Se di assistenti sociali ne avesse sei, riceverebbe 80mila euro l'anno per salire a otto, cioè uno ogni 5.000 abitanti. Ma visto che ne ha troppo pochi, resta a uno.


5. RISTORI COVID AI COMUNI
Per il 2020 è stato ripartito tra Comuni e Comunità montane l'importo di 4,2 miliardi (chiamato fondone). Come è stato suddiviso? In base ai bisogni? Alla popolazione? No, in base alla ricchezza fiscale del territorio. E così Milano riceve 353,6 milioni; Roma 229,0; Venezia 80,6 e Napoli 67,6 milioni.


6. TRASPORTO PUBBLICO LOCALE
Dal 2017 ai Comuni che non garantiscono il servizio tpl è assegnato fabbisogno zero di servizi. Dal 2020 tale regola è stata soppressa per i soli Comuni capoluogo di provincia o di Città metropolitana ma resta per centri popolosi come quelli del Napoletano: zero ad Acerra, Ercolano, Pozzuoli, San Giorgio a Cremano...


7. TURNOVER UNIVERSITÀ
I Punti organico per garantire il turnover di prof e ricercatori dal 2013 sono ripartiti tra gli atenei tenendo conto delle entrate da tasse di iscrizione, più elevate nei territori con redditi medi sostanziosi. Per esempio nel 2020 la Vanvitelli di Caserta a fronte di 47 uscite ha potuto assumere 27 professori, la Bicocca di Milano con 32 uscite ha ricevuto un diritto riconosciuto per 48 assunzioni.


8. POSTI LETTO OSPEDALIERI
La media nazionale di posti letto è diversificata nei territori in base alla mobilità sanitaria: dal 2015 la mobilità sanitaria di un determinato anno provoca dall'anno successivo la riduzione in quota del 65% dei posti letto equivalenti alla mobilità registrata. E visto che nel 2020 la mobilità sanitaria è stata bassa, la Lega ha provato a utilizzare la mobilità del 2019 (ma è stata bloccata).


9. FONDO SANITARIO
Il riparto del fondo sanitario dal 2009 tiene conto della quota di popolazione anziana per regione, con un sottofinanziamento per i territori con minore speranza di vita e quindi meno anziani arrivando al paradosso che si garantiscono meno cure dove si muore prima, cioè in Campania. Secondo i conti pubblici territoriali la spesa procapite per la sanità va da un massimo di 2.533 euro in Lombardia a un minimo di 1.547 in Calabria, con la Campania penultima a 1.593.


10. ART BONUS
Dal 2014 c'è un forte sconto fiscale (65%) per chi dona a enti culturali. Finora sono stati raccolti 500 milioni ma, visto che i principali mecenati sono fondazioni bancarie con sede al Nord, al Mezzogiorno arriva appena il 3%. In pratica lo Stato ha rinunciato a 325 milioni di entrate (di cui 110 sarebbero andati al Sud) per incassarne 500, di cui però appena 15 al Sud. Per esempio: Scala 214,5 milioni; San Carlo 2,4 milioni, Massimo di Palermo 240mila euro. E anche se il caso cultura in questa pagina è in coda, non bisogna mai dimenticare che la cultura nutre la mente.

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