«Sud, pochi sportelli bancari? Lo Stato favorisce Bancoposta»

Patuelli (Abi) al confronto con la Cgil

Patuelli e Landini
Patuelli e Landini
di Nando Santonastaso
Sabato 30 Settembre 2023, 09:39 - Ultimo agg. 17:22
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«Nel mese di agosto del 2023 gli sportelli bancari e gli uffici finanziari presenti nel Mezzogiorno erano 3788, rispetto ai 7583 del 1989. Ci sono sportelli che chiudono ma anche tanti punti che aprono. L'Italia è fatta di pluralismo, sono convinto che la concorrenza totale senza privilegi sia una via maestra, che negli ultimi 10-15 anni è stata alterata». Le parole di Antonio Patuelli, al dibattito "Sud in Credito" promosso dalla Fisac-Cgil a Napoli, fanno chiarezza su uno degli allarmi diffuso nei mesi scorsi anche dal sindacato a proposito del fatto che a pagare il prezzo più alto delle ristrutturazioni bancarie sui territori sarebbe stato inevitabilmente il Sud. In realtà il vero problema è un altro: «Negli ultimi 10-15 anni la concorrenza nel mondo finanziario è stata alterata dalla Repubblica», dice Patuelli.

E spiega: «Esiste una banca senza licenza bancaria, che è stata ed è privilegiata dalla Repubblica, e si chiama Bancoposta.

Sul territorio in concorrenza con le banche ci sono gli uffici postali. È un esempio di privilegio che a mio avviso altera il mercato e penalizza le attività bancarie, con l'emissione di carte di credito di ogni tipo senza nessun tipo di gara». Insomma, insiste il presidente dell'Abi, «se si toglie in termini preconcetti del lavoro alle banche e lo si dà alle Poste, è chiaro che i piccoli uffici postali reggono e si sviluppano, mentre le banche sono penalizzate». Lo stesso vale anche per le Tesorerie comunali: «Anche per loro - conferma Patuelli - la Repubblica ha deciso che sotto un certo numero di migliaia di residenti il Comune possa assegnare senza gare la Tesoreria alle Poste. A mio avviso questa è una norma che va corretta. Se la gara va deserta, a quel punto il Comune può negoziare in via diretta con le Poste, ma non in sostituzione della gara. La Repubblica non può privilegiare una società da essa interamente controllata a scapito di banche nazionali, internazionali ed europee. Questa penso che sarebbe una via per incoraggiare ulteriormente le non chiusure e le aperture di sportelli anche in luoghi meno abitati».

Sullo sfondo il tema più generale del futuro del Mezzogiorno alla cui declinazione contribuiscono anche il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, il presidente di Unipol Gruppo e Unipol Sai assicurazione, Carlo Cimbri, e il presidente di Federcasse, Augusto Dell'Erba. «Accelerare gli investimenti nel Mezzogiorno e nelle zone disagiate del Centro Nord. Questa è una strada per ridare una prospettiva all'Italia», dice Patuelli. E aggiunge: «Le banche possono essere di aiuto alle imprese che concorrono ai bandi, ma ci deve essere il bando, non possiamo colmare lacune altrui», con riferimento alle difficoltà attuative del Pnrr. Quanto alle ipotesi del ponte sullo Stretto di Messina, Patuelli osserva che «oltre al problema della legalità, che sussiste e non va sottovalutato, ci sono sicuramente delle criticità ma anche delle potenzialità. Le potenzialità sono le connessioni e un accorciamento di 25 minuti del percorso. Ma ci sarebbero dei problemi strutturali, perché non esiste un ponte così lungo nel mondo. C'è un terreno che ha prodotto dei terremoti elevati, e ci sono problemi ambientali non piccoli. Quindi a mio avviso non bisogna prendere la spada e tagliare di netto. Bisogna ragionare in termini di potenzialità ma anche di criticità da non sottovalutare. Evitando di fare del marketing in proposito».

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Dal canto suo, il segretario della Cgil Maurizio Landini sottolinea come le diseguaglianze tra Nord e Sud siano aumentate e come la raccolta di risparmio del Mezzogiorno venga poi impiegata al Nord acuendole. Il punto, allora, è «come utilizzare il risparmio per creare lavoro e sviluppo». La risposta è condivisa: servono politiche industriali di medio lungo periodo. «Il mercato da solo non può farcela», ha ricordato Landini che ha aggiunto: «Da tempo la Cgil ha proposto la creazione di una agenzia per lo sviluppo ma non abbiamo avuto risposte. Ora il rischio è che non si riescano a spendere tutte le risorse del Pnrr e del fondo complementare pensato proprio per le infrastrutture». A questo proposito il dirigente sindacale ricorda che fu Draghi a fare una legge, in osservanza delle indicazioni europee, sulla governance del Pnrr che prevedeva un protagonismo dei sindacati sia a livello nazionale che territoriale. Poi nulla si è fatto.

Ma all'iniziativa della Cgil si è parlato anche dell'assegnazione delle risorse REPowerEU. Per il vicepresidente di Confindustria Vito Grassi «il primo giudizio è sostanzialmente positivo: ne apprezziamo la dotazione finanziaria, con 14,7 miliardi, di cui ben 6,2 destinati al settore produttivo e l'attenzione dedicata alle imprese. Tuttavia, l'incertezza in questa fase riguarda principalmente le tempistiche per l'approvazione del piano e per l'attuazione delle modifiche proposte, nonché la questione della copertura finanziaria degli interventi che usciranno dal PNRR. Lo sviluppo del Mezzogiorno è un altro tema per noi centrale: agire sullo sviluppo del Sud - continua Grassi - consentirebbe di riportare l'Italia intera su un sentiero di crescita robusta e convergenza verso l'Europa. Anche il PNRR gioca un ruolo importante».
 

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