Tim, Vivendi-Elliott ai ferri corti

Tim, Vivendi-Elliott ai ferri corti
di Rosario Dimito
Sabato 10 Novembre 2018, 11:00
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La Borsa non apprezza i conti del terzo trimestre rilasciati da Tim nella tarda sera di giovedì 8, né il profit warning lanciato dalla società guidata da Amos Genish: il titolo dell'ex monopolista ha chiuso con un calo del 4,83% a 0,516 euro. Tra Vivendi e Elliott, i due principali azionisti, per la sesta volta sono volati gli stracci come del resto sarebbe avvenuto nel corso del consiglio.

A far scattare le vendite è stato soprattutto l'annuncio a sorpresa, che per il 2018, il target di un rapporto fra indebitamento e margine operativo lordo di 2,7 volte non sarà conseguito: secondo il cfo del gruppo Piergiorgio Peluso, intervenuto nella conference call con gli analisti, il rapporto dovrebbe «essere pari a 3x». La revisione dei target non farà saltare i covenants su debito/ebitda ma, in caso di downgrade, la clausola rating grid farebbe salire i tassi di interesse sui finanziamenti delle banche.

Il mercato non ha altresì gradito la maxi-svalutazione da 2 miliardi di euro delle attività italiane che ha mandato in rosso di 800 milioni il terzo trimestre. Genish ha provato a gettare acqua sul fuoco: «la svalutazione non è di natura cash e non modifica le priorità del piano di Tim alle quali rimaniamo fedeli», ha dichiarato l'ad, confermando che «i target del piano verranno rivisti dal cda a inizio 2019».
 
Proprio l'impairment test fatto dal professionista Enrico Laghi è stato oggetto di profonda spaccatura all'interno di un cda «diviso su tutti i temi come non mai», ha riferito una fonte molto attendibile. Sino alla mattinata di giovedì 8, Genish ha difeso a spada tratta l'ipotesi di non recepire le indicazioni provenienti dal Comitato Controllo e Rischi e dalla relazione di Laghi, che evidenziavano una perdita permanente di valore delle attività domestiche, e della rete in particolare, derivante dalla concorrenza di Open Fiber e dalla rallentata implementazione del piano industriale. Nonostante l'opposizione di Genish, Arnaud de Puyfontaine e Marella Moretti, consiglieri espressi da Vivendi che ieri ha duramente criticato l'operazione bollandola come «scioccante, improvvisa, inusuale e molto destabilizzante per la società», il cda ha deciso di procedere: sul tavolo sono state presentate cifre anche più alte, ma il compromesso trovato sui 2 miliardi ha fatto sì che lo stesso Genish votasse a favore, mentre Puyfontaine e Moretti si sarebbero astenuti.

Una seconda occasione di dissidi in cda ha riguardato Sparkle. Negli scorsi giorni, infatti, emissari del vice premier Luigi Di Maio avrebbero rinnovato a Tim le indicazioni già pubblicamente espresse, ovvero che Sparkle non vada ceduta. Alla luce di ciò, la decisione di conferire un mandato a Rothschild sarebbe stata messa ai voti e, anche in questo caso, approvata a maggioranza, con più di un consigliere che sarebbe stato maggiormente propenso ad assecondare le volontà del governo su un asset vincolato dal golden power.

Infine, molto acceso sarebbe stato il dibattito sulla convocazione dell'assemblea per la nomina dei revisori dei conti, che alla fine si è risolto in un nulla di fatto. Sul punto, Vivendi si è scagliata ieri contri gli esiti del cda: «Vivendi non esclude nessuna iniziativa che sia idonea a tutelare i suoi interessi», ha dichiarato un portavoce della media company, rispondendo alla domanda se il gruppo francese stia pensando di convocare autonomamente i soci per chiedere la revisione del consiglio, aggiungendo di essere «molto preoccupato per il forte calo delle azioni e il peggioramento dei risultati».

Durante la call di ieri, Genish ha salutato con apprezzamento il possibile accordo commerciale con open fiber, «una collaborazione nello sviluppo della rete Ftth (fibra fino a casa, ndr) che sia positivo per tutti». Ha però raffreddato l'entusiasmo degli investitori sullo scorporo della rete: «l'interesse pubblico sulla separazione legale si è ridotto e quindi il progetto ha rallentato rispetto al passato», ha chiosato il manager, aggiungendo tuttavia che Tim continua «a discutere con Agcom e con le altre istituzioni».

La figura di Genish, per quanto confermato ancora ieri da Vivendi, appare tuttavia sotto tiro, tanto che nelle giornate preparatorie il consiglio, sarebbe stata discussa, da parte dei rappresentanti di Elliott, l'ipotesi di sfiduciarlo per affidare le deleghe ad interim al presidente Fulvio Conti per un governo di scopo, ovvero per traghettare l'azienda all'inevitabile assemblea in cui i due maggior azionisti andranno nuovamente alla conta dei voti, sperando che questa volta la governance che ne uscirà possa garantire maggiore serenità al futuro di Tim, come auspicato dallo stesso Genish.
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