«Nel lavoro - spiega Snow - non abbiamo eseguito stime per singolo paese ma solo per area geografica». Cionondimeno, ha riferito, «se guardiamo agli ultimi dati disponibili dell'Organizzazione Mondiale della sanità, dati non usati nel nostro studio - ribadisce l'esperta - si vede che in Italia nel 2016 sono stati trattati per tubercolosi 680 pazienti di 15-24 anni». «Pensiamo - spiega Snow - che il rischio di tubercolosi aumenti nell'adolescenza per un mix di fattori biologici e sociali. Al contrario dei bimbi di 0-4 anni, i giovani spesso sviluppano forme infettive della malattia e frequentemente hanno un più ampio range di contatti sociali al di fuori del proprio contesto familiare.
Di conseguenza, oltre a soffrire di più di tubercolosi, adolescenti e giovani adulti contribuiscono al continuo contagio».
Dalla ricerca è emerso che in un anno 1,05 milioni di giovani tra i 20 e i 24 anni, 535.000 di quelli tra 15 e 19 anni, 192.000 giovanissimi di 10-14 anni si sono ammalati di tubercolosi attiva (caratterizzata da tosse persistente, febbre e perdita di peso), per un totale di 1,8 milioni di nuovi casi in un anno. «Per l'Europa - afferma Snow - si stimano 5000 casi l'anno tra 10 e 14 anni, 14 mila tra 15 e 19 anni, 27 mila tra 20 e 24, 46 mila casi complessivi». Il maggior numero di nuovi casi si stima riguardi il Sud dell'Asia e l'Africa Sub-sahariana, rispettivamente con 721.000 e 534.000 giovani di 10-24 anni che si sono ammalati. E le stime complessive potrebbero essere al ribasso: a livello globale si potrebbe arrivare più realisticamente a 3 milioni di nuovi casi l'anno, sottolinea Snow. Per questo, avverte, bisogna realizzare programmi di prevenzione ad hoc pensati per i più giovani per frenare i contagi nella fascia di età considerata in questa ricerca, un periodo della vita critico in cui la malattia può ostacolare il buon andamento degli studi e l'ingresso nel mondo del lavoro. «Sebbene l'incidenza (i nuovi casi ogni anno) della tubercolosi stia diminuendo a livello globale - rileva Snow - tale evoluzione avviene ancora lentamente, e davvero molto resta da fare per controllare la malattia».