Regione, chiude la buvette di lusso:
​a pranzo con i bicchieri di cristallo

Regione, chiude la buvette di lusso: a pranzo con i bicchieri di cristallo
di Adolfo Pappalardo
Sabato 23 Marzo 2019, 09:10
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Ad un certo punto fu necessario emanare un regolamento: i consiglieri e gli assessori con i loro staff avevano la precedenza. Vietato accomodarsi per gli esterni. Perché mangiare alla buvette del consiglio regionale significava contare qualcosa. E c'erano file lunghissime sino a sera. Altri tempi, altra storia. Ora alla buvette, tranne nei giorni di consiglio regionale, i clienti latitano. E il 4 aprile si chiudono i battenti. Per un mese. Ma qualcuno mormora: «Per sempre».

LO SCENARIO
Quando apre, siamo nella seconda legislatura di Bassolino, quei tavoli sono ambitissimi. Addirittura, è Sandra Mastella presidente del consiglio regionale, arriva una delibera affinché fosse rinnovata tutta l'hotellerie con il logo della Regione. Piatti, sottopiatti, bicchieri di cristallo. E tavoli sempre pieni. Tutti i giorni. In mezzo, è chiaro, non potevano mancare le polemiche per i costi. La Regione, infatti, investiva soldi dei suoi bilanci per fare in modo che un branzino o un pesce spada alla griglia non andasse oltre i 7 euro o un risottino oltre i 5. Prezzi da trattoria per la politica. E, infatti, all'epoca mantenere la buvette con prezzi proletari costava 19mila euro al mese, 250mila euro l'anno. Con il passaggio di amministrazione, su proposta della vecchia giunta Caldoro, il budget scende a 8750 euro al mese, 105mila all'anno. Senza contare acqua e luce garantiti dal Consiglio regionale che, anni fa, ammodernò anche le cucine. Eppure le buvette è rimasta lì, immutabile, anche se in altre regioni da anni esistono solo mense a servizio di tutti, dipendenti compresi.

 

IL NODO
La chiusura è prevista per il 4 aprile. Per quella data gli 8 dipendenti (prima ben 19) hanno ricevuto la lettera di licenziamento dalla Heaven Rooms sas che ha rifiutato la proroga fino alla prossima aggiudicazione della gara prevista per il 30 aprile. Gara non facile perché la ditta risultata prima ha rinunciato e anche la seconda starebbe per farlo. «Troppo alti i costi a fronte di incassi ormai molto magri», dicono le ditte. E se gli 8 lavoratori erano garantiti dalle cosiddette norme di passaggio di cantiere (assunzione nella nuova ditta che vince l'appalto), con l'interruzione del servizio sino all'aggiudicazione della gara (già espletata) sono tecnicamente fuori. «L'ufficio di presidenza deve agire in modo forte su questa situazione per salvaguardare questi lavoratori», chiede in consiglio ieri la grillina Valeria Ciarambino mentre il collega Luciano Passariello fa notare come «sia eccessiva la durata di 10 mesi per una gara». Mettono le mani avanti due consiglieri di maggioranza. «Abbiamo un bilancio notevolmente ridimensionato ma, nell'ambito di ciò, abbiamo posto in essere ogni iniziativa per salvaguardare tutti i lavoratori e per il mantenimento della qualità del servizio», avverte il consigliere democrat Antonio Marciano. Realista, invece, il capogruppo dei Verdi Francesco Borrelli: «Siamo tutti d'accordo per la salvaguardia dei lavoratori ma dobbiamo anche sottolineare che non è più possibile che il Consiglio continui ad esborsare o addirittura aumentare per sostenere la buvette». Poi la seduta già con un numero magro di ordini del giorno e mozioni poco importanti che segnano un indice di produttività non certo altissimo, si scioglie per mancanza di numero legale. Si riprende lunedì pomeriggio. E si riesce ad approvare solo la legge per la tutela dei diritti degli animali domestici (figura del garante degli animali e registro dei tumori compresi) tra dichiarazioni roboanti di questo e quel consigliere. Quasi per salvare l'indice minimo di produttività.
Poi tutti a pranzo alla buvette...
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