Gentile direttore,
avrà letto della frase innocente proferita agli agenti della Polfer di Roma da un bambino di 11 anni che, da solo, da Pontedera (Pisa) aveva raggiunto la Capitale: «Volevo solo vedere il Colosseo!» , ha detto. In fondo, se la vita è breve e l’arte è lunga, la meraviglia è rara. Tanto che bisogna rincorrerla per non farla sparire. I social con miliardi di foto e l’ipertrofia di informazioni ci consentono di conoscere molte città anche senza esserci mai stati. Siamo lontanissimi dalle meraviglie che Marco Polo scoprì con i suoi occhi. Lontani anche dal Goethe viaggiatore, che partì per l’Italia per dimostrare a se stesso che, se le affascinanti storie sentite sull’Italia erano vere, la meraviglia doveva ancora esistere da qualche parte. Insomma, se la tecnologia ha accorciato le distanze a noi non resta che accorciare il tempo per partire. E provare ancora meraviglia dopo la frenata pandemica. Che ne pensa?
Giovanni Negri
Brusciano
Caro Giovanni,
il viaggio ha ispirato molte riflessioni tra grandi pensatori e intellettuali. Il viaggio è sinonimo di libertà, di ricerca di altro, è voglia di conoscenza. La nostra vita in fin dei conti è un viaggio.
Secondo Italo Calvino «Viaggiando ci s’accorge che le differenze si perdono: ogni città va somigliando a tutte le città, i luoghi si scambiano forma ordine distanze, un pulviscolo informe invade i continenti». Victor Hugo pensava che «Viaggiare è nascere e morire ad ogni istante». Per Montesquieu «I viaggi danno una grande apertura mentale: si esce dal cerchio dei pregiudizi del proprio paese e non si è disposti a farsi carico di quelli degli stranieri».
Paul Morand invece vede nel viaggio «una nuova vita, con una nascita, una crescita e una morte, che ci viene offerta all’interno dell’altra.
Federico Monga