Israele guerra, chi sono i capi di Hamas che vivono all'estero: la vita dorata dei leader militari che sfuggono anche agli 007

I due Paesi in cui i capi dell'organizzazione si muovono con disinvoltura, protetti da dispositivi statuali di sicurezza, sono Libano e Qatar

Israele guerra, chi sono i capi di Hamas che vivono all'estero: la vita dorata dei leader militari che sfuggono anche agli 007
di Marco Ventura
Domenica 15 Ottobre 2023, 07:52 - Ultimo agg. 28 Ottobre, 14:08
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«Gli abitanti di Gaza sono profondamente radicati e non lasceranno mai il loro territorio. Abbiamo una sola strada, il diritto al ritorno alle nostre terre in tutta la Palestina. Non ci sarà immigrazione da Gaza in Egitto, ringrazio il Cairo per averla impedita. La nostra decisione è restare a Gaza». Ismail Haniyeh, 61 anni, leader indiscusso di Hamas, parla in realtà nello sfarzo della sua residenza. Non a Gaza ma a Doha, in Qatar, nell'Emirato del petrolio e di Al Jazeera. E per questo sarà complicato per i servizi segreti israeliani eliminarlo. La sua ultima immagine pubblica in video lo ritrae con lo stato maggiore della sua organizzazione terroristica, che governa nella Striscia ma fa una vita dorata nel Golfo, tra una scrivania imbandierata e un mega-schermo tv di fronte al quale tutti insieme si prostrano per la preghiera e celebrano il successo della mattanza di sabato in Israele. "Allah u Akbar". Allah è grande. I grandi capi, le menti del terrore, vivono quasi tutti fuori dalla Striscia. A Gaza resta solo un manipolo di comandanti sul campo a cui l'esercito di Israele dà la caccia.

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LA CACCIA DIFFICILE

Nelle ultime ore sono stati uccisi due strateghi dell'azione terroristica: Ali Al Qadhi, 37 anni, a capo dell'unità delle forze speciali di Hamas "Nukhba", arrestato nel 2005 per aver rapito e ucciso uno 007 israeliano dello Shin Bet, e rilasciato insieme a altri 1026 prigionieri palestinesi nel 2011 in cambio di un unico ostaggio israeliano, il soldato semplice Gilad Shalit.

Un drone avrebbe centrato l'edificio in cui Al Qadhi si era rintanato, come testimoniano le immagini sgranate in bianco e nero diffuse da Tsahal, l'armata con la Stella di David. Era stato lui il regista della strage del 7 ottobre. Eliminato allo stesso modo Murad Abu Murad, vertice dell'aviazione di Hamas, che avrebbe diretto l'invasione di deltaplani killer sul rave party nel deserto. Ma la caccia agli ideatori della carneficina è appena cominciata. A Gaza è rimasto, se nel frattempo non è espatriato, il ricercato n. 1 e capo politico nella Striscia, del quale il contrammiraglio dell'Idf Daniel Hagari ha detto, semplicemente: «Yahya Sinwar è un uomo morto». Liberato pure lui come millesima parte del riscatto per il soldato Shalit, Sinwar aveva trascorso in carcere 22 anni, ha una taglia sulla testa e anche i minuti contati. L'altro capo da eliminare è Mohammed Deif, il "comandante con un occhio solo" delle Brigate Al-Qassam, ala militare di Hamas, che ha guidato l'incursione dei militanti oltre la barriera. Tutti gli altri leader che davvero contano sono al sicuro all'estero. Coperti dai dollari che derivano dalla percentuale su tutti i beni contrabbandati nei tunnel di Gaza e distribuiti alla cupola di Hamas.

 

LA VITA DORATA

I due Paesi in cui i capi dell'organizzazione si muovono con disinvoltura, protetti da dispositivi statuali di sicurezza, sono Libano e Qatar. Oltre, naturalmente, all'Iran. Haniyeh, sposato con 13 figli, era il leader degli studenti della "fratellanza islamica" all'Università di Gaza, nel 2006 fu nominato Primo ministro dell'Autorità palestinese. Lo scorso aprile era andato in Arabia Saudita ufficialmente per il pellegrinaggio alla Mecca, insieme al suo numero 2, Saleh al-Arouri, altra figura chiave di Hamas che vive in Libano dopo essere stato costretto a lasciare la Turchia nel 2015. E all'ex capo politico e predecessore di Haniyeh, Khaled Meshaal, che aveva perso la leadership perché in conflitto con Sinwar.

LE RELAZIONI

Meshaal rappresentava l'ala che guardava più a Riad e all'Egitto invece che non a Teheran. Oggi dirige l'ufficio della Diaspora di Hamas, al fianco di Haniyeh, in Qatar. Quella missione dello scorso aprile, passata sotto silenzio, cadeva nel momento in cui la Cina lavorava per la riconciliazione tra Arabia Saudita e Iran. Saleh al-Arouri, 57 anni, base a Beirut, sembra essere per gli israeliani un target più importante di Haniyeh. Sulla sua testa c'è una taglia di 5 milioni di dollari degli Stati Uniti. Capo militare della West Bank, la Cisgiordania, è uno dei fondatori delle brigate Al-Qassam. Nato a Ramallah, laureato in Sharia, la legge islamica, all'Università di Hebron, nel curriculum 15 anni di galera in Israele, liberato nel marzo 2010 per aver negoziato il rilascio di Shalit. A Damasco, si affianca al capo dell'ufficio siriano, Meshaal, poi si sposta in Turchia. È l'uomo di raccordo di Hamas con Iran e Hezbollah. Non a caso, è Al-Arouri ad aver incontrato ieri il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian, a Beirut, col capo della Jihad islamica palestinese, Zihad Nakhalel, pure lui in Libano e non a Gaza. Nel Paese dei cedri vivono poi Osama Hamdan, plenipotenziario di Hamas a Teheran dal 1993 al 1998 e in Libano dal 1998 al 2009, oggi responsabile delle relazioni internazionali, e Ali Baraka, agente di Hamas a Beirut dal 2011 al 2019 con un ruolo che si sovrappone a quello di Hamdan ma in qualche caso lo supera e si estende fino in Cina. Più facile, invece, per gli israeliani, catturare i capi di Hamas in Cisgiordania. Missione parzialmente compiuta la cattura dello sceicco Adnan Asfur.

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