Caivano, il Comune senza pace: un sindaco ogni due anni

Solo un’amministrazione è durata per l’intero mandato dal 2001 al 2006. Nel 2018 lo scioglimento per camorra

Il parco Verde di Caivano
Il parco Verde di Caivano
di Francesco Gravetti
Mercoledì 30 Agosto 2023, 00:01 - Ultimo agg. 31 Agosto, 06:58
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Una storia di crisi, liti, indagini e condanne, scioglimenti per infiltrazioni della camorra e morti premature: la politica a Caivano non si è fatta mancare niente. In trent’anni, coalizioni di centrosinistra e centrodestra si sono alternate senza mai trovare continuità: porte girevoli dalle quali, molto spesso, si sono visti spuntare commissari inviati dal Prefetto, chiamati a gestire la città mentre i partiti bisticciavano tra loro e cercavano un difficile equilibrio. Nel frattempo, i progetti rallentavano fino a quasi fermarsi, le idee di riqualificazione del territorio annaspavano e con loro la fiducia dei cittadini. E così Caivano oggi paga il prezzo dello sviluppo mancato anche per le amministrazioni sempre ballerine, per quel perenne senso di instabilità che, forse, ha condizionato anche la crescita sociale. 

Su tutti un dato: da quando esiste l’elezione diretta del sindaco, stiamo parlando dei primi anni 90, solo un’amministrazione ha completato il suo mandato. Solo una consiliatura è durata cinque anni. Il record fu di Domenico Semplice, ingegnere e manager Rfi che governò dal 2001 al 2006. Semplice era vicino a Bassolino, allora presidente della Regione. Si inserì nel solco del centrosinistra che negli ultimi anni del secolo precedente, dal 1994 al 2000 aveva espresso a Caivano due sindaci stimati ma poco fortunati. Uno in particolare, Francesco Russo, scomparve prematuramente nel 1997, mentre era in carica. Russo era uomo di cultura, un docente di filosofia che proveniva dalla società civile, eletto sindaco in un periodo in cui pescare tra i professionisti era una tendenza molto forte. Dopo Russo, toccò a una donna: la preside Francesca Falco, anche lei proveniente dal centrosinistra. Durò tre anni, poi la chiusura anticipata della sua esperienza per beghe interne. Anche lei donna colta, Francesca Falco oggi scrive di Caivano su un sito locale, non risparmiando analisi puntuali. 



Con l’esperienza di Semplice, di cui si è già detto, si concluse l’epopea del centrosinistra, almeno per quel periodo: in Campania i bassoliniani resistevano, ma in Italia Berlusconi e Forza Italia collezionavano successi. E proprio a un amico del Cavaliere capitò di diventare sindaco di Caivano. Si tratta di Giuseppe Papaccioli, il medico che nel 2006 aveva salvato la vita all’allora premier soccorrendolo a un meeting di Forza Italia a Montecatini.

Papaccioli, barba simile Bin Laden e modi eleganti, si trovò però a fare i conti con l’anatra zoppa: i partiti che lo sostenevano non ottennero la maggioranza in consiglio comunale e il suo mandato durò solo pochi mesi. Nel 2007 si tornò al voto e questa volta Papaccioli vinse con un risultato netto. I numeri non lasciavano spazio a dubbi, ma i capricci della politica caivanese non si fecero attendere: due anni dopo il medico fu mandato a casa dai suoi (ormai ex) alleati. Altro giro, altra corsa, altre elezioni: dopo l’ennesimo commissariamento toccò ai centristi provare a governare Caivano.

Nel 2010 il primo cittadino divenne, infatti, Antonio Falco, anche lui medico. Con lui sigle che, a rileggerle adesso, sembrano venire dalla preistoria: socialisti, repubblicani, Udc. Falco durò quattro anni e fece in tempo a prendere, insieme ad altri funzionari del Comune, una condanna della Corte dei Conti per la mancata riscossione dei canoni e delle indennità di occupazione di case e locali nel Parco Verde. Passò un anno, nel 2015 si votò ancora e la fascia tricolore stavolta finisce sulle spalle di Simone Monopoli, medico, sostenuto da Forza Italia, Fratelli d’Italia e altre sigle di centrodestra. Anche Monopoli durò poco: piu’ o meno due anni e andò via nel 2017. «Ho commesso un solo errore che paghiamo caro: aver imbarcato in coalizione soggetti che non credevano nei nostri valori, nei nostri principi e nel programma dell’alleanza. Quando hanno capito che con me non c’era spazio per le istanze personali, hanno lavorato per chiudere questa esperienza in fretta in modo da fermare l’azione dell’amministrazione soprattutto nei settori tesa al ripristino della legalità ed allo smantellamento del vecchio sistema pregno di affarismo, clientelismo, familismo ed interessi privati», disse Monopoli.

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Ma proprio mentre c’era il commissario prefettizio, l’allora ministro degli Interni Marco Minniti, sciolse il Comune «in ragione delle riscontrate ingerenze da parte della criminalità organizzata». Era il 2018. Il commissariamento, come accade in questi casi, si prolungò. Non più un “ponte” tra un’elezione e l’altra ma due anni di verifiche, tentativi di rimettere le cose in ordine, polemiche locali. Il resto è storia più o meno recente: nel 2020 i caivanesi tornano alle urne ed eleggono Vincenzo Falco, esponente del centrosinistra. Ma pure lui deve fare i conti con la dura legge della precarietà, che a Caivano non risparmia nessuno: agli inizi del mese di agosto si dimettono 13 consiglieri comunali su 24, ponendo fine all’esperienza amministrativa di Falco dopo una serie di fibrillazioni. Le urne si riapriranno nel 2024, presumibilmente in primavera. E sarà l’ennesimo appuntamento elettorale per Caivano e le sue amministrazioni perennemente traballanti. Già circolano nomi e ipotesi, ma il risultato piu’ difficile da ottenere resta quello della stabilità.
 

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