Caivano, gli stupri al Parco Verde, lo sfogo della bambina: «Li odio, mi fanno schifo»

Interrogatorio per una delle due cuginette l’altra sarà ascoltata lunedì: nuovi dettagli

Caivano, gli stupri al Parco Verde, lo sfogo della bambina: «Li odio, mi fanno schifo»
Caivano, gli stupri al Parco Verde, lo sfogo della bambina: «Li odio, mi fanno schifo»
Maria Chiara Aulisiodi Maria Chiara Aulisio
Venerdì 19 Gennaio 2024, 23:00 - Ultimo agg. 20 Gennaio, 16:38
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L’hanno ascoltata per circa cinque ore, ha parlato con lucidità, ricordava quasi tutto nei dettagli, luoghi, orari, nomi, volti, anche un tentativo di fuga dal luogo delle violenze e la corsa disperata verso un bar per cercare di seminare i suoi aggressori. La descrivono lucida e consapevole ma (almeno apparentemente) serena, graziosa, pettinata e ben vestita, in qualche momento perfino sorridente.
Nuovo interrogatorio ieri mattina poco dopo le 10: a rispondere alle domande dei giudici la più grande delle due cuginette abusate a Caivano la scorsa estate, tredici anni compiuti da poco e un’infanzia vissuta negli orrori del parco Verde devastato da spaccio, degrado e povertà. La seconda bambina, 11 anni, sarà ascoltata il prossimo lunedì sempre in un contesto protetto e “familiare” per evitare ulteriori condizioni di stress e disagio.

Un’audizione necessaria per definire colpe e responsabilità nell’interesse - e per la tutela - dei diritti delle due bambine stuprate da un branco di ragazzini. «Una questione molto delicata che vede coinvolti minori sia indagati che parti offese - spiega l’avvocato Manuela Palombi, legale dei due tutori delle bimbe, gli avvocati Marco Buonocore e Maria Teresa De Nicolo - chiedo quindi massima riservatezza e rispetto per l’intera vicenda processuale».

E poi subito aggiunge: «Ritengo che le pressioni mediatiche possano solo portare a una vittimizzazione secondaria delle parti in causa. Tutte le procure della Repubblica coinvolte, il tribunale di Napoli Nord, il tribunale dei minorenni di Napoli e quella di Napoli, stanno svolgendo le opportune indagini per garantire che la giustizia faccia il suo corso».

Fin qui l’avvocato Palombi che ha preso parte all’incidente probatorio di ieri mattina. La bambina era affiancata da una psicologa, a rivolgerle le domande il gip di Napoli Nord Fabrizio Forte e il gip presso il tribunale per i minorenni Umberto Lucarelli. Con loro anche i sostituti procuratori Claudia De Luca e Maria Carmela Quaranta e i genitori di tre dei nove ragazzi indagati (due maggiorenni e sette minorenni) accompagnati dai rispettivi avvocati (gli altri hanno invece rinunciato). Tutto confermato dunque, a cominciare dall’identità degli aggressori che la piccola ha riconosciuto ancora una volta quando chi la interrogava le ha mostrato le fotografie degli stupratori. Non solo.

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Nel corso del lungo incidente probatorio sono emersi anche una serie di ulteriori dettagli. La bambina ha raccontato del tentativo - da parte di alcuni dei ragazzi che facevano parte del branco - di costringerle a fumare. Si sarebbe trattato verosimilmente di sostanze stupefacenti di cui la banda faceva largo consumo. Il rifiuto delle due cuginette avrebbe provocato la reazione violenta degli aggressori.

Una banda di teppisti che impazzava tra le strade e i palazzi del parco Verde terrorizzando gli adolescenti di tutto il quartiere mostrando coltelli e tirapugni. Gli stessi tirapugni - ha raccontato la piccola - esibiti quando si trattava di “invitarle” a seguirli nei luoghi scelti per consumare le violenze: «Li odio, mi fanno schifo, non li voglio più vedere in vita mia» è stato lo sfogo della bambina al termine del lungo interrogatorio.
Una serie di domande in un ambiente più che confortevole: il primo obiettivo era quello di mantenere il clima più sereno possibile, senza paura e soprattutto senza vergogna. Non è stato facile per lei descrivere ancora una volta gli abusi subiti ripetutamente, le modalità delle aggressioni, la brutalità e la disperazione di chi sa di non poter parlare: “dovevamo stare zitte o sarebbe stato peggio per noi”. Poi finalmente la denuncia da parte delle famiglie, la fine di un incubo e l’inizio di una vita diversa.

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