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Napoli Est, intervista a Paolo Graziano: «Investiamo 30 milioni con un hub per gli aerei»

«Siamo felici di restare a Napoli, ma chiediamo la riqualificazione dell'intera zona»

Paolo Graziano è manager di Magnaghi aeronautica
Paolo Graziano è manager di Magnaghi aeronautica
di Nando Santonastaso
Articolo riservato agli abbonati
Domenica 26 Marzo 2023, 13:00 - Ultimo agg. : 27 Marzo, 07:27
4 Minuti di Lettura

Dottor Graziano, a Napoli Est la sua azienda ha deciso di investire in un progetto di valore mondiale nella storica sede di via Galileo Ferraris: di cosa si tratta?
«Di un laboratorio unico al mondo, destinato alla qualifica e alla certificazione di componenti fondamentali per la sicurezza e il buon funzionamento dei velivoli, dalle ali ai sistemi di atterraggio che comunemente chiamiamo carrelli. Una bella sfida, un investimento di 30 milioni di euro con tempi di realizzazione brevissimi, solo 18 mesi. E con partner di assoluto prestigio, come Boeing ed Airbus. Ma è soprattutto una "storia di chi resta", per dirla con la Ferrante», risponde Paolo Graziano, Ad di Magnaghi aeronautica, gruppo leader nel settore aeronautico, già presidente dell'Unione industriali di Napoli.

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Vuol dire che non era affatto scontato realizzarla a Napoli orientale?
«Dico che in un fazzoletto di territorio ricco di difficoltà e degrado, c'è chi guarda al cielo, rafforzando le proprie radici. Mi chiedo però in quanti sono a conoscenza di questa innovazione che attirerà - e già attira - in città delegazioni internazionali delle compagnie aeree più prestigiose, costruttori di velivoli provenienti da tutto il globo E soprattutto di cosa parliamo a ogni livello quando parliamo di amore per Napoli?».

Troppe parole, poche certezze?
«Esattamente. Non possiamo più perderci in tifoserie e chiacchiere. Occorre sempre di più il coraggio di investire, di sostenere e collegare le varie cattedrali nel deserto che a Napoli Est proliferano nonostante il contesto. Noi ci abbiamo creduto collocando il nuovo laboratorio in una struttura d'epoca, un capannone di archeologia industriale con tanto di suggestiva ciminiera, al centro di interventi di riqualificazione che ne faranno un unicum mondiale. Mi hanno chiesto di localizzarlo all'estero e le confesso che restare e investire nuovamente a Napoli, per noi che siamo presenti in tutti i continenti, è stata una scelta lunga. Ma poi, come sempre, ha prevalso la strategia aziendale di lasciare cuore e cervello qui, dove dal 1936 affondano le nostre radici, dove formiamo e assumiamo persone con capacità incredibili, come gli ingegneri aerospaziali laureati al Politecnico che sono il vero petrolio di questa città: perché dobbiamo perderli, perché non possono lavorare per noi e per Napoli? Ma da soli non possiamo vincere questa sfida».

Cosa manca, allora?
«I privati che investono vanno sostenuti. Siamo felici di restare a Napoli, ma chiediamo la riqualificazione dell'intera zona. E non siamo i soli a vederla così. Le aziende e gli imprenditori coinvolti nell'associazione Est(ra)moenia - tra i quali rientra anche la stessa Magnaghi - chiedono, infatti, la stessa cosa: la collaborazione tra pubblico e privato. Il pubblico deve fare il suo: servono le strade, i servizi, le infrastrutture non a macchia di leopardo, tutto ciò che serve a rendere vivibile ed accogliente un'area di enorme potenzialità di sviluppo. Ad Est esiste un barlume di innovazione ma la presenza della Apple nel Polo della Federico II resta al momento un'eccezione in un contesto difficilissimo. La stessa condizione vale per Magnaghi. Oggi le delegazioni internazionali che arrivano ad Est, dopo le 17 dove vanno? Cosa trovano?».

La Zes può essere un'opportunità anche per voi?
«Sì ma dobbiamo farne parte dal momento che per ironia della sorte, tutta l'area circostante è Zes tranne la particella dove siamo noi. E siccome il prestigio del contenuto è alto e la riqualificazione del contenitore è notevole, essere inclusi nella Zona economica speciale per noi già sarebbe tanto. L'amministrazione comunale ci è venuta molto incontro per il rilascio delle autorizzazioni necessarie ma servono più rapidità e interventi decisivi, a partire dalla fibra ottica fino ad arrivare alla falda acquifera che è a un metro e mezzo da noi ed è di interesse nazionale perché molto inquinata. Ci siamo impegnati a fare prima noi e poi a chiedere agli altri di seguirci perché siamo consapevoli di lavorare su prodotti che durano per sempre e non potevamo permetterci di dire abbiamo scherzato. Ora però il solo modo per proseguire è uno per tutti, tutti per uno: lo sviluppo non lo porta la cicogna. Sono le imprese e il giusto connubio pubblico e privato. Oggi serve rimettere le gru, le stesse che sognavo anche per Napoli quando ero presidente degli industriali e non si vedevano».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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