Napoli: chiese restaurate e mai aperte, ​protestano i comitati dei fedeli

Napoli: chiese restaurate e mai aperte, protestano i comitati dei fedeli
di Gennaro Di Biase
Venerdì 7 Ottobre 2022, 00:00 - Ultimo agg. 8 Ottobre, 08:36
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Mette tristezza il cancello sbarrato di Sant’Agostino alla Zecca, una delle chiese restaurate col bonus facciate ma chiuse. Sono decine i restyling degli edifici sacri, altari e navate, inaccessibili o aperti a singhiozzo: «Circa 15 su 30 interventi riguardano strutture off-limits o dove non si professa il culto», secondo le stime dei comitati. Una vicenda che riapre la questione dell’utilizzo degli spazi sacri: le chiese di Napoli sono al bivio tra la scelta di cambiare destinazione d’uso e il mantenimento di una vocazione religiosa complicata dal calo fedeli e vocazioni. Un edificio sacro su 3 del centro Unesco è chiuso, come emerso dall’ultimo report della Curia pubblicato nei mesi scorsi dal Mattino. Wedding, dj set, mense per bisognosi (come a Santa Sofia), tendone da pub, concerti: le riattualizzazioni dei complessi religiosi sono tante. E non tutte esenti da critiche. 

I restyling delle facciate hanno alzato l’asticella del decoro, ma i paradossi restano. Come le esclusioni eccellenti di edifici rimasti per ora senza lavori: Sant’Eligio, la Scorziata in piazza Mercato, comunali. «La lista degli interventi su chiese senza culto attivo è lunga», spiega Antonio Pariante, presidente del Comitato Portosalvo.

E comprende Sant’Anna dei Lombardi, Santa Marta, San Potito (che sarà presto un teatro), Santa Maria del Rimedio, Immacolata a Chiaia, Santa Maria Ogni Bene, Santa Maria di Portosalvo, Concezione a Montecalvario, Misericordiella, la storica Sant’Agostino alla Zecca e la vicina Disciplina della Croce (recente location di un concerto), Santa Maria dei Poveri di Gesù Cristo, San Nicola a Pistaso (restaurata ma già sfregiata da incivili), Santa Barbara dei Cannonieri, Sant’Andrea dei Gattoli, Santa Maria Maddalena ai Cristallini. «Portosalvo apre di mattina con un’associazione – prosegue Pariante – ma non ha ancora il prete. Fa piacere rivedere questi edifici tinteggiati, ma non corrisponde una riqualificazione dei tantissimi edifici del culto dismessi. Su una trentina di interventi realizzati col bonus, ne contiamo 15 su chiese chiuse e senza culto. Il costo medio di un restauro è 60mila euro: circa un milione di euro spesi senza che gli edifici siano mai stati aperti. Si affidino gli spazi a progetti culturali compatibili con la sacralità».

Demanio, Fec, Comune, Curia: la parcellizzazione degli enti proprietari «non aiuta. Per l’ultimo censimento della Curia, «le chiese del centro Unesco» sono «203». «79 sono aperte al Culto o attività pastorali». «75» sono «chiuse, in restauro o abbandono». «49» sono «ridotte a uso profano e attività non di culto». Come spiegato nei mesi scorsi da Don Salvatore Fratellanza, presidente del Comitato delle Arciconfraternite Commissariate della Curia, restano «65 le chiese chiuse nel centro storico Unesco. Dieci delle 40 di nostra proprietà sono state riaperte nell’ultimo triennio». Negli esterni di complessi celebri (da San Domenico a Santa Maria la Nova) si festeggiano matrimoni o si suona. Menzione speciale va a San Biasiello alla Vicaria, sul cui terrazzo campeggia un tendone da pub, con tanto di marca della birra. Le chiese comunali, inoltre, sono escluse dalle detrazioni: «Il Comune non è un soggetto passivo ai fini Ires – argomenta Luigi Carbone, consigliere e presidente della commissione Cultura – Non paga le tasse e non può ricevere agevolazioni. Santacroce e la Scorziata, finanziate col progetto Unesco, stanno subendo ritardi. Per riaprire le chiese mancano preti e fedeli. Gli spazi sacri vadano alle associazioni per concerti o teatro, ma non per dj set. Studieremo un piano per assegnarle. Non è sostenibile l’apertura h12, ma lo è una restituzione alla collettività». «Restituzione alla collettività», appunto, e «restituzione al culto»: sono queste le due diverse scuole di pensiero sul destino del sacro.  

 

Carmine Gravino è direttore dell’Ufficio Edilizia Ecclesiastica della Curia: «Abbiamo realizzato interventi di bonus facciate su molte chiese aperte - specifica - Abbiamo sfruttato il 90% di detrazione, come previsto dalla legge. Si è trattato di una grossa opportunità, anche se l’ente ecclesiastico non poteva accedere alle agevolazioni del 110%. I proprietari delle chiese a Napoli sono diversi: quindi diventa difficile tenere un quadro generale delle operazioni. Gli interventi che vedono come ente proprietario Diocesi o parrocchie sono stati fatti su chiese funzionanti. La mappatura è articolata: ci sono chiese del Fec, del Demanio, del Comune». 

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