Napoli, chiude la mensa dei frati francescani: «Locali inadeguati con le norme anti-Covid»

Napoli, chiude la mensa dei frati francescani: «Locali inadeguati con le norme anti-Covid»
di Giuliana Covella
Martedì 1 Settembre 2020, 10:30
4 Minuti di Lettura

Niente più pasti per i clochard che ogni giorno andavano a Santa Chiara. Chiusa ai primi di marzo, appena scoppiata la pandemia, la mensa per i poveri con ingresso su piazza del Gesù gestita dai Frati Minori Francescani non riaprirà più. Almeno per ora. «Non era a norma», dice Frate Carlo D'Amodio, responsabile della struttura dove lavoravano un dipendente laico e alcune signore che quotidianamente prestavano la loro opera a titolo volontario andando a cucinare e a servire piatti caldi ai più bisognosi. Un luogo dove nei mesi scorsi convergevano utenti tra cui c'erano tanti cosiddetti nuovi poveri, come papà separati o rimasti senza lavoro.

Fornivano dai 50 ai 60 pasti al giorno per tutta la settimana. A conti fatti circa duemila pasti al mese. Un servizio ai meno fortunati che è andato avanti per otto anni, ma che si è interrotto lo scorso marzo con il primo decreto Conte per fronteggiare l'emergenza Coronavirus. Complice il lockdown, i religiosi che gestiscono la mensa di Santa Chiara hanno deciso di chiuderla perché, a loro dire, i locali non sarebbero a norma. «La nostra mensa era molto piccola - spiega frate Carlo D'Amodio, responsabile della struttura e rappresentante legale della Provincia Napoletana del SS. Cuore di Gesù dell'Ordine dei Frati Minori - nei primi giorni di emergenza Covid abbiamo provato a proseguire il servizio, ma ci sono stati dei disordini all'esterno tra le persone e siamo stati costretti a chiudere. In realtà - prosegue - la sede ha problemi logistici, il locale non è a norma e ci sono varie difficoltà. Non c'è neanche il bagno per gli utenti ed è un ambiente umido».
 


Eppure quella mensa affollata ogni giorno da persone bisognose, ritenuta tra le migliori da un rappresentante della Diocesi di Napoli che vi aveva fatto visita in passato, rappresentava fino a pochi mesi fa un barlume di speranza per tanti nuclei familiari disagiati. La mensa Santa Chiara e San Francesco fu voluta dai Frati Francescani nel 2012 ad opera del precedente Padre Superiore Agostino Esposito. Una mensa che in pochi mesi era diventata punto di riferimento e di eccellenza nell'ambito della storica e dinamica attività di assistenza tipicamente partenopea verso i più deboli. Tanti i padri di famiglia che si mettevano in fila per ricevere cestini per moglie e figli, anche alla luce della nuova emergenza sociale dovuta alla pandemia. Nuovi poveri che erano aumentati proprio per effetto del lockdown, a causa del quale molti avevano perso il lavoro. A sopperire alla chiusura della mensa di Santa Chiara e al disagio dei numerosi homeless che lì avevano assicurato un pasto quotidiano, ci hanno pensato in questi mesi alcuni residenti, come Angelo Picone e Pina Andelora, che hanno lanciato l'iniziativa del panaro solidale che tanto successo ha riscosso tra i clochard della zona di piazza del Gesù e ha fatto il giro del mondo con la frase di Giuseppe Moscati («chi può metta, chi non può prenda»). «Non siamo stati fermi tuttavia - tiene a precisare Frate D'Amodio - prima del Covid dovevamo trasferirci in una vecchia falegnameria in via Santa Chiara, con le dovute autorizzazioni della Soprintendenza. Abbiamo sollecitato i saggi e le varie verifiche tecniche, ma per ora tutto è fermo».
Intanto a risentire del disagio sono i tanti senza dimora, che fino allo scorso marzo si rivolgevano alla mensa, che è stata l'unica a chiudere a Napoli. Ma qualcuno si chiede: «Non si sarebbero potuti servire i pasti muniti di tutti i dispositivi di protezione?». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA