Anziana imbavagliata e uccisa a Napoli, è caccia ai complici del massacro

Anziana imbavagliata e uccisa a Napoli, è caccia ai complici del massacro
di Viviana Lanza
Giovedì 23 Maggio 2019, 07:30 - Ultimo agg. 12:06
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Prima il lungo interrogatorio, poi l'arresto. E' l'alba di ieri quando l'inchiesta sul macabro omicidio di Stefanina Fragliasso arriva a una prima svolta. Fragliasso è la 76enne che il 25 marzo scorso fu trovata senza vita, legata e imbavagliata, sul letto della sua casa in via Santa Lucia ai Filippini, al terzo piano del civico 176, in zona Gianturco. E la svolta nell'inchiesta si è avuta con il fermo dei primi due sospettati, accusati di concorso in omicidio a scopo di rapina: sono Teresa Di Giorgio, 44enne di Portici, e Costantin Marian, 36enne rumeno, dal 2000 in Italia. Sono stati arrestati dai carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Napoli e della compagnia di Poggioreale su disposizione del pm Luciano D'Angelo, il magistrato della sezione coordinata dall'aggiunto Rosa Volpe titolare delle indagini. Nessuno dei due arrestati sarebbe l'esecutore materiale del delitto ma entrambi avrebbero partecipato al raid in casa dell'anziana vittima. E ora è caccia agli altri tre complici.
 
Lei era stata scelta per l'aspetto rassicurante, lui per l'abilità nello scasso. Le indagini ricostruiscono così i ruoli dei due fermati: la Di Giorgio avrebbe spianato la strada agli altri del gruppo bussando al campanello e convincendo la signora Fragliasso ad aprire la porta di casa; Marian, invece, avrebbe avuto il compito di aprire la cassaforte, quella che i banditi erano sicuri di trovare in casa della vittima e che invece non c'era. Non fecero tutto da soli, Di Giorgio e Marian. Gli inquirenti cercano i loro complici, almeno tre persone, gli altri componenti della banda che dalla zona vesuviana si sarebbe spinta, la mattina del 25 marzo scorso, fino a Gianturco, fino a casa della signora Fragliasso, e con un obiettivo ben preciso. Il cerchio, dunque, si stringe e spinge gli inquirenti a valutare, sullo sfondo di questa brutta storia, per il movente, anche la pista di possibili prestiti di somme di denaro. Ipotesi, ricostruzioni al vaglio. Intanto si tirano le fila del primo step investigativo e degli arresti eseguiti ieri. Già domani potrebbe esserci l'udienza di convalida dei fermi. Al vaglio del gip, i risultati di due mesi di indagini serratissime, avviate sulla scorta delle immagini catturate da telecamere presenti nella zona che hanno ripreso, in quella mattina di fine marzo, il viavai a ridosso del civico 176, nel condominio di 180 persone dove Stefanina Fragliasso abitava, dove era molto conosciuta e dove ha trovato la morte. Attività di investigazione alla vecchia maniera, viene da dire. Agli atti delle indagini ci sono anche le versioni fornite dagli stessi Di Giorgio e Marian, tra le persone sentite dagli inquirenti nel corso delle indagini; uno degli indagati è stato poi ascoltato proprio l'altro giorno, martedì, in un interrogatorio fiume a poche ore dalla svolta e dagli arresti.

L'irruzione in casa dell'anziana, per gli inquirenti, è stata premeditata e studiata a tavolino. Nell'appartamento al terzo piano di via Filippini i banditi non ci sono capitati per caso. Hanno studiato bene dove e come introdursi nell'appartamento per arrivare ai soldi, probabilmente a qualche particolare oggetto di valore, e forse anche proprio alla vittima stessa. Hanno aspettato che marito e figli uscissero e che la donna rientrasse dopo aver fatto la spesa nei negozi sotto casa. Volevano i suoi soldi e forse, chissà, anche punire lei. Cercavano una cassaforte e hanno avuto tempo per rovistare e per accanirsi sull'anziana, legandola e lasciandola morire. Agghiaccianti le condizioni in cui il corpo della donna è stato ritrovato dal marito, rientrato in casa dopo essere stato fuori per circa un'ora e mezza: Stefanina Fragliasso era distesa tra le lenzuola bianche del letto disfatto. E' morta per arresto cardiaco, forse anche per asfissia, ma la conferma si avrà con il deposito delle conclusioni dell'autopsia. Aveva polsi e caviglie legati con delle fascette di plastica e avvolti a più riprese con lo scotch da imballaggio, era fasciata come una mummia e immobilizzata in modo non solo da non potersi muovere né chiedere aiuto ma anche da non poter respirare e sperare di sopravvivere. Un indumento intimo appallottolato le ostruiva la bocca e il nastro adesivo le copriva gli occhi e il resto del viso. Un orrore.
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