Il fratello del boss finisce in cella:
minacciò il capo dei vigili ad Arzano

Il fratello del boss finisce in cella: minacciò il capo dei vigili ad Arzano
di Marco Di Caterino
Giovedì 24 Marzo 2022, 10:36
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Arrestato il fratello del boss di Arzano, dopo le minacce arrivate a Biagio Chiariello, comandante della polizia locale, finito sotto scorta. Ieri mattina, mentre a Caivano era in corso la seduta della commissione parlamentare antimafia nella parrocchia del Parco Verde, i carabinieri hanno fatto scattare le manette per Mariano Monfregolo, 39 anni, fratello di Giuseppe, capo del clan 167, e notificato a Raffaele Piscopo, 21 anni, convivente con una nipote del boss, Daniela Monfregolo, il divieto di residenza in Campania. Le due misure cautelari, disposte dal gip Ivana Salvatore del Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea, sono state eseguite dai militari del nucleo investigativo di Castello di Cisterna.


Mariano Monfregolo e Salvatore Piscopo sono fortemente e gravemente indiziati, in concorso tra loro, di minaccia a pubblico ufficiale aggravata dalle modalità mafiose. L'arresto dell'uomo, che domenica pomeriggio insieme al fratello Giuseppe e a un guardaspalle ha affrontato con aria di sfida il giornalista sotto scorta Mimmo Rubio e il suo collega Giuseppe Bianco in un bar di Arzano, costituisce un primo duro colpo a questo clan che da tempo sta spadroneggiando con bombe, stese, raid intimidatori ad attività produttive.

Nell'ordinanza di venti pagine firmata dal gip viene fuori uno scenario sconfortante. Un clan che pedina, sorveglia, intimidisce pesantemente gli agenti della polizia locale, impegnati nel censimento degli alloggi del rione 167 - da cui il nome del clan - finalizzato a individuare chi occupa abusivamente gli appartamenti. Il gip elenca ben sei episodi. In particolare quanto è accaduto il 2 febbraio scorso. Chiariello viene affrontato da Mariano Monfregolo nell'appartamento occupato abusivamente dalla nipote Daniela. L'arrestato, con tono sarcastico, si rivolge al comandante in uno stretto dialetto: «Ma vi atteggiate a guardia?», intendendo poliziotto o carabiniere. Poi aggiunge: «Avete fatto quei macelli a Frattamaggiore e mo' siete venuto ad Arzano a fare i macelli. E proprio ad Arzano dovevate venire? Con tanti posti proprio ad Arzano?». Poi chiede: «Quanti anni avete?». Età e frasi che poi, secondo il gip, ritorneranno con i casini che non ci piacciono ad Arzano, stampati sul manifesto funebre del 7 marzo, che annunciava per il giorno 10 la morte del comandante. Il quale ieri, all'uscita dalla sua audizione davanti alla commissione parlamentare antimafia, ha così commentato l'arresto: «Oggi è un buon giorno. Sentiamo per la prima volta una presenza forte dello Stato in questi posti, e speriamo che non sia solo un effetto passeggero».

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Soddisfazione anche da Sandro Ruotolo, cofondatore con don Patriciello del Comitato di Liberazione dalla camorra a nord di Napoli: «È una prima risposta, aspettiamo con fiducia il seguito. Stese, attentati, omicidi, estorsioni. I responsabili vanno individuati e assicurati alla giustizia. Le case del complesso abitativo della 167' di Arzano, occupate abusivamente dal clan, vanno restituite alla comunità». E non le manda a dire il senatore Nicola Morra, presidente della commissione che per la prima volta nella sua storia si è riunita al di fuori della sede ufficiale di palazzo San Macuto a Roma. «Qui lo Stato per 40 anni non ha fatto lo Stato. Le istituzioni locali hanno girato la faccia da un'altra parte. Questa colpevole negligenza ha consentito che posti come il Parco Verde, il Rione Salicelle e lo stesso rione 167 di Arzano diventassero non fortini, ma veri e propri bastioni della camorra». Con il presidente Morra la delegazione era composta dai parlamentari Piero Aiello, Gennaro Migliore, Andrea Caso, Franco Mirabelli, Gianluca Cantalamessa. La commissione ha ascoltato a porte chiuse il sindaco di Arzano, Cinzia Aruta, che ha illustrato le pesanti difficoltà nel far partire la macchina comunale, il cui organico è al di sotto del minimo sindacale. Poi è toccato a don Patriciello. La sua è stata una deposizione lucida e spietata, a partire dalla denuncia di uno scandalo: la maggiore piazza di spaccio d'Europa, il Parco Verde, priva completamente di telecamere di videosorveglianza.

All'uscita i giornalisti hanno chiesto al parroco se davvero rifiuterà la scorta, dopo l'attentato esplosivo. «Sono un prete ha detto don Maurizio - ho paura e per questo trovo il coraggio di andare avanti. Non sono importante. La scorta la diano a chi ne ha più bisogno». Poi è toccato ai giornalisti. Due sotto scorta, Mimmo Rubio e Marilena Natale, un terzo, Giuseppe Bianco, con sorveglianza saltuaria. Hanno raccontato alla commissione il fenomeno camorra visto e vissuto nella loro quotidianità. «Le audizioni di oggi - ha poi detto Morra - hanno evidenziato la difficoltà dello Stato su territori che chiedono giustizia, assistenza e welfare. È emersa la penuria di uomini e mezzi. Questo lascia ampio margine di manovra alla criminalità organizzata. Qui occorrono risposte non più rimandabili».

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