Carmela, capelli biondi e occhi castani, tira fuori il sorriso indistruttibile di chi resiste, di chi stringerà i denti sempre e comunque, almeno finché sarà possibile stringerli. Poi appoggia alcune carte sulla scrivania dell'ufficio Usb al Centro direzionale e sospira: «Purtroppo non posso dedicarle molto tempo per l'intervista: parteciperò a una riunione con l'azienda, che riguarda proprio i compensi». Carmela di cognome fa Madonna, ha 48 anni e lavora full time, 40 ore a settimana, per una ditta di pulizie che serve enti pubblici. La sua famiglia è monoreddito: «Con i miei 1.200 euro al mese - aggiunge - dobbiamo mantenerci in 4. I miei due figli, che studiano all'università, e mio marito Pasquale, malato oncologico». Un nucleo familiare come troppi in Italia, che è rimasto incastrato tra la fragilità del welfare nazionale e «i rincari su cibo, benzina e bollette, che ci costano circa 300 euro in più al mese. Prima della guerra appartenevamo al ceto medio, ora purtroppo devo ammettere che ci siamo avvicinati alla soglia della povertà».
Una storia come tante, purtroppo.
Eccola, in tutta la sua evidenza pratica, la povertà che raggiunge il cuore dell'Europa, ed è questo uno degli effetti della ridistribuzione del potere portata dalla guerra energetica e militare. E dalle sue sentenze d'ingiustizia. Ma cosa cambia, in sostanza, per le famiglie che stringono la cinghia? Qual è la lista concreta delle rinunce da fare per quei tantissimi che vedono assottigliarsi la capacità di spesa da un anno all'altro? «Abbiamo depennato tantissime cose - prosegue Carmela - Quasi tutto. A cominciare dal supermercato: se non ci sono offerte, non ci andiamo proprio a fare la spesa. Quando mettiamo i prodotti nel carrello, scegliamo solo quello che serve. In casa, poi, cerchiamo di tenere spente le luci il più possibile e non accendiamo più i condizionatori». Le ricadute del carovita incidono, eccome, anche sulla vita sociale. E di conseguenza sull'indotto delle imprese partenopee: «Andavamo spesso a mangiare la pizza fuori - dice la 48enne - Adesso, semplicemente non lo facciamo più. E poi le vacanze: sono diventate un miraggio, non esistono ormai». Carmela qui sorride di nuovo, indistruttibile, e scrolla il display del suo cellulare: «Guardi - dice - questa foto è stata scattata a Perugia, nel 2019. Quello è stato il nostro ultimo viaggio familiare. Speravamo di riprendere a spostarci quando sarebbe finita la pandemia, ma i rincari non ce lo hanno permesso». Sono tanti i progetti spezzati per decine di migliaia di famiglie napoletane e del Mezzogiorno. Miriadi di genitori e figli che, sebbene lavoratori e studenti, con la crisi economica hanno visto trasformarsi la vita in un eterno presente, in una continua lotta per la sussistenza.