Bomba a Calata San Marco, i pm riaprono le indagini a Napoli

Bomba a Calata San Marco, i pm riaprono le indagini a Napoli
di Giuseppe Crimaldi
Giovedì 15 Aprile 2021, 08:30 - Ultimo agg. 16 Aprile, 08:06
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Ci sono voluti 33 lunghissimi anni, ma soprattutto l'impegno di un prefetto e di un magistrato della Repubblica italiana per smuovere le acque e far riemergere il ricordo. Era il 14 aprile del 1988 quando l'esplosione di un'autobomba parcheggiata in via calata San Marco si portò via la vita di cinque persone. Quattro italiani e un'americana. Attentato terroristico targato «Esercito rosso giapponese», sigla della nera costellazione di quella rete internazionale che mieteva vittime in mezzo mondo. La Procura di Napoli ha riacceso i riflettori su quella strage dimenticata.

Un silenzio imbarazzante durato 33 anni.

Una cicatrice aperta sulla pelle di Napoli. Senza che ai morti e ai 15 feriti (molti dei quali portano ancor oggi i segni invalidanti delle schegge che li colpirono) venisse dato il ristoro della giustizia, e ai loro familiari almeno un simbolo sul quale piangere. Ieri mattina, grazie al prefetto Marco Valentini, al procuratore Gianni Melillo e al sindaco Luigi de Magistris, Napoli ha riaperto quella pagina tragica dedicando una targa alle vittime dell'attentato al Circolo Uso.

Tre corone di fiori e la scopertura di un ideale sacrario a chi quel pomeriggio di 33 anni fa perse la vita, ma anche a tutte le vittime del terrorismo. Dopo la cerimonia in strada, la Prefettura ha organizzato un incontro via streaming al quale hanno partecipato, oltre agli organizzatori, al Capo della Polizia e all'assessore regionale Mario Morcone, anche il console degli Stati Uniti a Napoli. E mentre la sezione Antiterrorismo della Procura riapre il fascicolo su questa tragedia finora costretta all'oblio, ora Palazzo Santa Lucia fa sapere che attraverso la fondazione «Polis» (che assiste tutti i familiari delle vittime di mafia, ci sarà finalmente aiuto economico ed assistenza ai parenti dei poveri morti in quella tragica circostanza.

Preservare la memoria. Se martedì era stato l'appuntamento con il quarantennale dell'omicidio dell'ex vicedirettore del carcere di Poggioreale, Giuseppe Salvia, quella di ieri è stata la giornata dedicata a chi perse la vita a seguito dell'attentato perpetrato in calata San Marco contro il circolo dell'United States Organization. Napoli - che pure in quest'ultimo caso aveva perso la memoria - dimostra così oggi di non voler dimenticare. Il procuratore Melillo lo aveva anticipato un anno fa, a margine un incontro con la stampa: le indagini su autori, mandanti e potenziali collusi riconducibili all'attentato siglato da una delle più temibili (quanto criptiche) sigle del terrorismo internazionale sono state riaperte. Tre corone di fiori e l'apposizione di una targa, in mattinata, con il prefetto Valentini e il sindaco. 

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La tragedia si consumò poco dopo le 19 all'esterno del Circolo Uso, dov'era era in corso una festa in onore del Comandante del cacciatorpediniere «USS Paul», ormeggiato nel Porto di Napoli, con la presenza di una sessantina di invitati. Rimasero uccisi quattro civili: Assunta Capuano, Maurizio Perrone, Antonio Gaezza, Guido Cocozza; e la soldatessa americana Angela Santos, che lavorava alla base Us Navy di Napoli. Le indagini della polizia portarono presto alla identificazione dei presunti autori della strage: Junzo Okudaira e la sua complice, Fusako Shigenobu, entrambi membri dell'«Armata Rossa Giapponese». Il Capo della Polizia, Giannini, ha ribadito l'impegno a chiudere ilc erchio intorno a loro, sottolineando come in quegli ani la rete del terrore viaggiasse lungo più assi che portavano al medio Oriente e al terrorismo di matrice palestinese. «Un massacro dimenticato»: così ha definito l'azione stragista di calata San Marco il procuratore Melillo (al quale il console generale degli Usa Mary Ruth Avery ha rivolto a nome dell'amministrazione americana un ringraziamento per aver riaperto le indagini). «Siamo impegnati - ha detto il numero uno dell'ufficio inquirente partenopeo - a mettere in campo ogni sforzo utile per fare opera di verità e giustizia. E a ricostruire trame e scenari che riteniamo oggi di poter decifrare». 

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