«Sono come Lupin»: la canzone confessione dell'uomo che ha bruciato vivo il fratello nel Napoletano

«Sono come Lupin»: la canzone confessione dell'uomo che ha bruciato vivo il fratello nel Napoletano
di Dario Sautto
Martedì 19 Aprile 2022, 23:54 - Ultimo agg. 21 Aprile, 07:37
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«Se scampo anche questa, secondo me o faccio la botta o mi ammazzo solo io, o posso prendere il posto di Lupin». Una frase che sa molto di confessione, secondo gli investigatori, che l’hanno intercettata mentre Antonio Martone, 36enne di Sant’Antonio Abate, era nell’auto del fratello, appena recuperata dal luogo del delitto, in un fondo agricolo tra via San Paolo e via Casa Coppola, stradina sterrata ai piedi della collina di Lettere. Era il 31 marzo scorso, il giorno dopo l’atroce morte di suo fratello Domenico Martone, 33enne lavoratore stagionale in un’azienda conserviera della zona, da qualche tempo residente ad Angri insieme alla famiglia. Antonio era da solo in quell’auto e tutt’altro che disperato: rideva, cantava. E farneticava. Tra le frasi intercettate, appunto quella con la quale si paragona a Lupin. Le indagini condotte dai carabinieri della compagnia di Castellammare di Stabia e coordinate dalla Procura di Torre Annunziata (procuratore Nunzio Fragliasso, sostituti Emilio Prisco e Bianca Maria Colangelo) hanno portato finora a una ricostruzione atroce e inquietante: Domenico è stato ammazzato dal fratello Antonio che intendeva incassare una polizza vita da 300mila euro. 

Le indagini si sono concentrate quasi subito sull’ambito familiare: Domenico, per tutti Mimmo, non aveva nemici, era un bravo ragazzo, non aveva litigato con nessuno, non aveva problemi. Suo fratello Antonio, invece, marittimo, era disoccupato dalla scorsa estate, quando ha chiesto di lasciare la nave perché avrebbe «subìto minacce di morte». La sua fidanzata è asiatica, lì forse avrebbe «fatto la botta» di fortuna che lo avrebbe reso meglio di Lupin. Un pericolo di fuga che ha spinto la Procura a firmare un decreto di fermo d’urgenza, convalidato dal gip Valeria Campanile.

Gli investigatori hanno raccolto una serie di elementi, che convergono tutti su Antonio, unico sospettato dell’omicidio del fratello. Ha cambiato più volte versione su quel terribile mercoledì pomeriggio. Con un secondo numero di telefono, scrive il giudice in convalida, ha «simulato una relazione con una donna dell’est Europa» e una finta uscita a quattro grazie a un’utenza telefonica intestata a lui e in funzione solo dal 15 al 30 marzo, forse per simulare l’interesse di una fantomatica donna nei confronti del fratello. Un pretesto per mandare Domenico dal barbiere e poi per attirarlo in trappola, secondo gli inquirenti. 

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Il 30 marzo intorno alle 18, le telecamere registrano Antonio nei pressi della casa abatese dove vivevano un tempo. Il 36enne – con un vistoso giubbotto giallo catarifrangente – sale in auto con il fratello, sedendosi sul sedile posteriore, come se davanti con Mimmo dovesse sedersi un’altra persona. L’auto arriva in campagna solo con i due fratelli a bordo. Alle 18.26, le telecamere registrano ancora l’uomo col giubbotto giallo che scende a passo svelto, cambiando percorso, per ritirarsi nuovamente alle 18.38 nell’abitazione di Sant’Antonio Abate che la famiglia Martone aveva messo in vendita. Lì un testimone riconosce Antonio: «Ci siamo salutati». Nel frattempo, la stessa telecamera registra il fumo che si alza dal fondo agricolo: è il corpo di Domenico che brucia, dato alle fiamme quando era solo tramortito e non ancora morto. Due vicini si accorgono che è un uomo a bruciare e, terrorizzati, danno l’allarme. Nel frattempo, Antonio va prima da un geometra e poi da un avvocato, infine torna a casa ad Angri.

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Il giorno dopo, quando l’identificazione del cadavere carbonizzato era ancora in dubbio, il 36enne avrebbe chiamato l’assicuratore per chiedere come fare per incassare il premio. Dalla compagnia assicurativa, però, è subito partita la segnalazione alle forze dell’ordine, poiché la richiesta era alquanto «sospetta». Le indagini sono andate avanti: i carabinieri hanno prima sequestrato quel giubbotto giallo a casa di Antonio, poi hanno acquisito le immagini delle telecamere. Così hanno scoperto che la mattina Antonio avrebbe caricato nel bagagliaio di Domenico alcuni pezzi di legno, una latta di benzina e un telo bianco. Residui di benzina e legna compatibili sono stati trovati sul corpo straziato del 33enne. Una serie di indizi che hanno convinto anche il giudice che ad uccidere Domenico è stato suo fratello Antonio. Il 36enne, assistito dall’avvocato Francesco Cappiello, si rivolgerà al Riesame per provare a spiegare la sua estraneità ai fatti. 

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