Affitto, patente e abbonamento Sky: le vite «parallele» del boss latitante

Affitto, patente e abbonamento Sky: le vite «parallele» del boss latitante
di Ferdinando Bocchetti
Sabato 23 Novembre 2019, 09:30
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C'era una fitta rete di fiancheggiatori a proteggere la latitanza dorata di Antonio Orlando, alias Mazzolino, l'ultimo padrino della camorra di Marano arrestato un anno fa dai carabinieri del nucleo investigativo di Castello di Cisterna in un appartamento di Mugnano. Due esponenti di primissimo piano della cosca, Luigi Esposito e Sabatino Russo, ma anche tre incensurati - tutti arrestati ieri con l'accusa di favoreggiamento - che avevano il compito di fornire assistenza al boss, datosi alla macchia per più di quindici anni. Non affiliati, ma comunque contigui al «sistema» criminale maranese, poiché legati da vincoli di parentela con il boss o da rapporti lavorativi con la famiglia Orlando. Tra questi c'era il titolare di un'agenzia immobiliare di Marano, Carlo Antonio Maiello: è lui, secondo quanto ricostruito dai magistrati della Dda di Napoli, ad aver individuato l'appartamento che sarebbe stato poi per anni il covo utilizzato da Mazzolino. L'immobile, ubicato in via Rossini a Mugnano, era stato venduto anni prima a una donna. Ed è a lei che si era rivolto Maiello, presentandogli l'uomo, Nicola Napolano, cugino di Orlando, che l'avrebbe affittata in luogo del padrino. «Avevamo pattuito un canone di 450 euro - ha raccontato lei agli inquirenti - A consegnarmeli, per i primi anni, era stato proprio Maiello che conoscevo come imprenditore del settore immobiliare. Gli era poi subentrato Nicola Napolano, il quale non ha mai voluto sottoscrivere un regolare contratto. Mi diceva che aveva la mamma con gravi problemi di salute e che avrebbe lasciato l'appartamento nel giro di pochi mesi. Non mi faceva mai entrare in casa: i soldi me li consegnava quasi sempre nel cortile adiacente al garage che pure aveva preso in affitto. Fu lui a chiedermi il permesso per realizzare una doccia solare all'interno dell'immobile».
 


Orlando è stato coperto - secondo quanto ricostruito dal pm Maria Di Mauro, il magistrato che negli ultimi cinque anni è riuscita a infliggere durissimi colpi alla potente organizzazione criminale, tra le più organizzate e spietata della regione - da persone scaltre, ritenute di massima fiducia e attentissime ai loro movimenti. Chi si è prestato a fornire protezione al super boss, da mesi detenuto in regime di 41 bis nel carcere dell'Aquila, non si è limitato a procurargli viveri, abiti, pregiate bottiglie di vino e persino diversi libri. C'era chi era addetto agli spostamenti di Orlando e gli forniva, con cadenza pressoché settimanale, veicoli a lui non riconducibili. «Mazzolino» si è mosso, insomma, con estrema facilità e, come ricostruito dagli inquirenti attraverso le intercettazioni ambientali e telefoniche, avrebbe partecipato anche ad alcuni summit di camorra. Uno degli indagati, Vincenzo Lauro, aveva messo a disposizione della primula rossa i propri documenti: la patente di guida, la tessera sanitaria, la carta d'identità, sui cui erano stati poi apposte le fotografie del latitante. Documenti che il boss, una volta stanato dai carabinieri, aveva cercato di bruciare insieme con alcuni pizzini ritrovati nella casa di via Rossini. Lauro aveva sottoscritto anche un contratto Sky. Il padrino, tifosissimo dell'Inter (il suo nickname è un omaggio all'idolo calcistico della sua giovinezza, Sandro Mazzola), non si è mai perso un match della Beneamata durante il lunghissimo periodo di latitanza.
Per i magistrati napoletani, Vincenzo Lauro è un uomo di fiducia della famiglia Orlando e dei tre fratelli Lubrano, affiliati al clan egemone a Marano, Quarto e Calvizzano. Pagato per svolgere piccoli, grandi commissioni o per badare - come si legge nell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Maria Laura Ciollaro - ai cavalli custoditi in un maneggio improvvisato di via Del Mare, a Marano, a due passi dalla collina dei Camaldoli.

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