Camorra, Arzano regno dei clan senza regole: alleanze, tradimenti e vendette

Camorra, Arzano regno dei clan senza regole: alleanze, tradimenti e vendette
di Marco Di Caterino
Giovedì 10 Marzo 2022, 07:03 - Ultimo agg. 11 Marzo, 07:18
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La camorra 2.0 è fluida. Senza forma. Senza schemi. Capace di infiltrarsi così in profondità da assumerne un controllo militare in maniera subdola, tanto da ricordare l'occupazione dei cutoliani della prima ora. Ed esplode con rara violenza quando si sente in pericolo, sia che il pericolo provenga dai clan rivali, sia da chi, come il comandante dei vigili urbani di Arzano Biagio Chiariello, solo per aver fatto il proprio dovere anche nella roccaforte del clan è stato pesantemente minacciato (ieri il comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica ha deciso di assegnargli la scorta).

In una sorta di guida ragionata sulla camorra in provincia di Napoli, la cronaca ci impone di iniziare proprio da Arzano. La cittadina è divisa da Napoli da una rotonda, e confina con Melito, Casandrino, Grumo Nevano e Frattamaggiore. Un territorio che, tolte Casandrino e Grumo Nevano, subisce la stretta del clan 167, capeggiato dal boss Giuseppe Monfregolo, scarcerato lo scorso 22 gennaio. Monfregolo, nonostante la faida interna con i Cristiano-Mormile, ha allungato le mani su Frattamaggiore, Frattaminore (dove resiste l'enclave dei Cristiano-Mormile, segregati in casa sotto il tiro di bombe e stese), Casavatore (grazie alle vecchie alleanze con il clan capeggiato da Ernesto Ferone, scissionista della prima ora) e persino su Casoria, dove è in corso un pour parler con i vecchi gruppi della galassia dei Moccia, che con l'arresto di Michele Puzio sono rimasti senza guida.

Radio piazza, comunque, ha già sancito questo nuova alleanza, visto che commercianti e titolari di imprese sono finiti sotto il giogo delle estorsioni, e Casoria è stata invasa da tante piazze di spaccio. 

Già la droga. È il principale «core business» del clan 167. E poi ci sono le estorsioni. Ad Arzano, dove per il lockdown hanno chiuso decine di negozi, la cosca di Giuseppe Monfregolo ha imposto il pizzo su tutto e a tutti. Carmine (nome di fantasia) ci ha raccontato che il boss ha preteso una rata da 300 euro al mese, più i 1.000 euro a Natale, Pasqua e Ferragosto. «Mi creda continua Carmine, che ci rivela di avere paura di denunciare per evitare guai peggiori - quei 300 euro sono il pane tolto da bocca a miei tre figli piccoli». Come dargli torto. Il clan 167, con azioni eclatanti, con le sei bombe fatte esplodere a Frattaminore nei pressi delle abitazioni dei CristianoMormile, e con la sfacciata minaccia di morte al comandante Chiariello, ha soggiogato un intero territorio. Che vive nel terrore.

Dalla mappa criminale della zona bisognerà cancellare il clan guidato da Francesco Pezzella, detto «pane e rano», che fino a poco tempo fa era il ras indiscusso. Con l'arresto di Pezzella, infatti, il clan 167 ne ha approfittato per occupare Cardito, Crispano, Frattamaggiore, Frattaminore, fino a spingersi anche nella zona nuova di Arzano. Qui quelli della 167 non se ne stavano a guardare. Tant'è che il 26 febbraio 2014 in un centro estetico fu ucciso dal clan delle palazzine Ciro Casone, ras dei Moccia. Il commando era capeggiato da Renato Napoleone, detto «'o ballerino», riconosciuto dalla moglie della vittima e appartenente a un clan che all'epoca, prima dell'avvento del tandem Monfregolo-Cristiano, aveva avuto in «dono» dagli Amato-Pagano il permesso di eliminare il vecchio ras dei Moccia, Casone appunto. In quell'azione di fuoco, fu ucciso anche un innocente, Vincenzo Ferrante, 30 anni. 

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Quel 26 febbraio di otto anni fa segna l'inizio della scalata della cosca 167, il cui potere per diversi anni è stato condiviso, non senza una serie di attriti, tra l'ala dei Cristano e quella dei Monfregolo, con il sopravvento dell'uno o dell'altro gruppo a seconda del tintinnio delle manette. Alcuni collaboratori di giustizia hanno dichiarato che a Melito, enclave del clan Amato-Pagano, soprattutto «zia» Rosaria, sorella di Cesare Pagano e reggente del clan, che pure ha dovuto fare i conti con diversi omicidi, gradiva di più i Monfregolo per la loro sete di sangue e la disponibilità a uccidere a ripetizione.

Le vecchie ruggini e i nuovi rancori tra i due gruppi sono esplosi dopo la scarcerazione di Giuseppe Monfregolo. Il culmine si è avuto lo scorso novembre nel bagno di sangue al Roxy Bar di Arzano, quando fu ferito gravemente Salvatore Petrillo (deceduto tre giorni dopo), ritenuto il reggente del clan 167 su investitura del cugino Pasquale Cristiano, che era stato arrestato dopo il giro in Ferrari per la prima comunione del figlio. Nell'agguato al bar rimasero feriti due guardaspalle di Petrillo e due innocenti clienti. 

La reazione è stata dura. In meno di quattro mesi, i Monfregolo hanno confinato a Frattaminore il «resto» dei Cristiano, hanno preso il pieno controllo del territorio con ronde armate che girano a ogni ora del giorno e della notte. Una prova di forza, al punto che alcuni affiliati al clan Pezzella hanno avviato una trattativa per allearsi (qualcuno dice per sottomettersi) con Giuseppe Monfregolo. Molti dei Cristiano sono invece passati nelle file di chi aveva ucciso uno dei loro capi.

La camorra è fluida. Chissà quando in questo tormentato territorio, le fortune dei Monfregolo potrebbero cambiare. Anche in questi giorni di massima potenza criminale. Dei mille e più affiliati ai clan, molti potrebbero rientrare nel clan Pezzella, che da anni ha un solo obiettivo: uccidere quanti più appartenenti all'ex galassia dei Moccia, che il boss ritiene i colpevoli e i mandanti dell'omicidio del fratello Mario, crivellato di colpi nel ristorante «1X2» (chiuso da anni) di Cardito dove era stato invitato a pranzo. Camorra fluida rosso sangue. 

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