Il ritorno della cannabis in Campania: ​dall’erba che non sballa al casatiello

Il ritorno della cannabis in Campania: dall’erba che non sballa al casatiello
di Rossella Grasso
Venerdì 4 Agosto 2017, 08:52 - Ultimo agg. 22:38
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Fa un certo effetto entrare in un negozio e trovare vicino alla cassa barattoli di cannabis. Succede anche a Napoli, dove sta spopolando EasyJoint, quella che tutti definiscono «l’erba legale che non sballa». Un fenomeno nazionale partito a maggio e che, secondo uno studio della Sorbona, frutta 44 milioni l’anno e mille posti di lavoro. La materia prima del team di EasyJoint è il fiore della canapa: è legale perché contiene valori di THC, tetraidrocannabinolo, principio psicoattivo della marijuana, inferiori allo 0,6%, per cui è vendibile. Si tratta di particolari qualità di canapa tutte esclusivamente coltivate in Italia, tra cui l’Eletta Campana, una varietà tipica della regione che un tempo era coltivata in grandi quantità.

Il clima favorevole ha reso la Campania il maggiore fornitore di canapa a EasyJoint tra maggio e giugno: ne ha venduta 1 quintale e mezzo circa a circa 200 euro al chilo comportando un indotto di 300.000 euro. Una vero e proprio boom se a questo si aggiunge che nello stesso periodo sono stati venduti circa 8.000 barattoli nei negozi della stessa regione. «Da quando è uscita in commercio EasyJoint ci sono tantissime richieste», racconta Cristina Marino del Growshop Fumerò, mentre il telefono trilla di continuo per le telefonate di chi vuole sapere se hanno ancora EasyJoint in negozio. Cristina spiega che chi la compra spesso ha studiato bene di cosa si tratta ed è felice di poter comprare l’erba e ricevere lo scontrino.

EasyJoint non è solo un progetto imprenditoriale vincente, ma anche una provocazione politica. «È nata sulla scorta della nuova legge approvata sulla Canapa Industriale e con il nostro prodotto abbiamo provato a porre in evidenza quelle che sono le lacune di questa legge – spiega Luca Marola, cofounder di EasyJoint – La legge dice che la filiera della Canapa Industriale va sostenuta, così noi abbiamo pensato di dare un valore economico anche alle infiorescenze, rendendo commerciale e commerciabile una parte della pianta che fin ora non lo era.
 


Canapa, cannabis o marjuana sono la stessa cosa, quello che cambia è la varietà del seme da cui viene fuori la pianta. Guardando ai grandi numeri tirati su da EasyJoint la mente torna al secolo scorso, quando la Campania, insieme all’Emilia Romagna, era una delle regioni in cui la canapa si coltivava di più. Secondo i dati dell’Istituto Italiano di Statistica, nel 1914 erano coltivati a canapa circa 24.200 ettari solo nella provincia di Caserta e Napoli. L’Italia era la seconda produttrice mondiale, seconda solo alla Russia. «Poi dagli anni ‘30 iniziò in America il proibizionismo e sulla scorta dell’idea della marjuana che uccideva i ragazzi anche in Italia si è smesso di produrre», afferma Nicomede Di Michele, presidente dell’associazione Fracta Sativa Unicanapa. Nicomede spiega che, oltre a questo, influirono negativamente sulla produzione anche l’elevato costo della manodopera, perché la canapa di ottima qualità che si produceva in Campania si lavorava esclusivamente a mano. Nicomede con la sua associazione opera a Frattamaggiore dove ancora oggi rimane traccia di quella fruttuosa industria nelle cinque ciminiere che svettano in città e nel cartello che accoglie chi arriva dall’autostrada con su scritto «Frattamaggiore città della Canapa». L’associazione che presiede impegna molte energie nella ricerca, nella formazione, nella divulgazione sulla canapa, convinti che possa creare un grande indotto e soprattutto posti di lavoro per i più giovani.

La pensa allo stesso modo anche Valentina Capone, cofounder di Canapa Campana, cooperativa che nasce nel 2015 a opera sua e di altri due giovani imprenditori agricoli, Giuseppe Moggione e Simona Falco. I tre hanno messo insieme le forze per sovvertire la triste immagine della terra dei fuochi con una coltivazione come la canapa che poteva aiutare a migliorare le condizioni ambientali del territorio. «Con la canapa si può fare tutto ciò che si produce nel settore petrolchimico: dalle bacchette e dalle paglie, mettendo a punto gli impianti, potremmo creare fibra tessile, fibra tecnica per automotive e materiali per la bioedilizia», spiega Valentina. «Con un ettaro coltivato a canapa si produce tanta carta quanta ne producono quattro ettari di bosco – aggiunge Nicomede di Michele – con il vantaggio che la Canapa ci mette pochi mesi a crescere, il bosco tantissimi anni». Ma non è finita qui. Con la canapa si possono creare anche farine ricche di omega 3 e antiossidanti che possono mangiare anche i celiaci. Con i semi si produce l’olio utile soprattutto per la cosmesi. «Inoltre la canapa è un ottimo biofertilizzante e fitodepuratore utile per ripulire e migliorare il terreno in cui si coltiva», sottolinea Valentina.

L’impegno delle associazioni di categoria è forte per la ricerca e la divulgazione di tutto quanto riguarda la canapa. «Con le piaghe del surriscaldamento globale e dell’inquinamento che affliggono il pianeta, credo che la canapa sia una svolta. Una svolta anche di rilancio dell’economia locale a partire dalla tradizione», dice Valentina. Anche le istituzioni stanno facendo la loro parte: la Campania ha una delle leggi più all’avanguardia per la regolamentazione della coltivazione della canapa con piani di finanziamento per invogliare questa coltivazione. «Non potremo mai raggiungere il numero degli ettari coltivati una volta, però ci sono tanti terreni che potrebbero essere convertiti a canapa, anche come semplice coltura di rodaggio e fitorigenerazione, in tutti quei campi confiscati alle mafie. Abbiamo abbastanza terreno per poter produrre abbastanza materia da poter creare un indotto», ha detto Nicomede, continuando: «È importante che i giovani inizino a conoscere questa pianta e a capire l’enorme potenzialità che ha e per questo motivo abbiamo iniziato a fare corsi anche nelle scuole».

L’anno prossimo all’Istituto tecnico Filangieri di Frattamaggiore nascerà il primo ragioniere esperto in canapa, all’Istituto Niglio le ragazze lavorano i tessuti di canapa con cui hanno fatto dei bellissimi vestiti.
Ma non è finita qui. Al Rione Salicelle di Afragola, nell’Istituto Europa Unita, quest’anno l’associazione Fracta Sativa ha svolto un corso di coltivazione e lavorazione della canapa. Laddove lo spaccio è un problema atavico, i ragazzi hanno potuto conoscere un altro tipo di erba, quella legale. Nicola Migliaccio, agronomo e docente del corso alle Salicelle ha raccontato questa esperienza in cui la canapa è diventata il viatico di un messaggio importante in un quartiere difficile. «Le nuove generazioni - ha detto - non conoscono cosa si può fare con la canapa utile, cioè la canapa sativa che non ha nulla a che vedere con l’altra canapa, quella illegale, che ha tutt’altro scopo e tutt’altro utilizzo».

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