Coronavirus a Napoli, chiudono tutti i negozi cinesi: «Ma voi non andate più allo stadio»

Coronavirus a Napoli, chiudono tutti i negozi cinesi: «Ma voi non andate più allo stadio»
di Melina Chiapparino
Sabato 29 Febbraio 2020, 09:00 - Ultimo agg. 12:35
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Serrande abbassate per «garantire la sicurezza pubblica e prevenire il rischio del contagio». Recita così il cartello affisso sulle vetrine delle attività cinesi a Napoli e in provincia. Lo stop riguarda tutti i tipi di esercizi commerciali, inclusi i supermarket, i ristoranti e i megastore in terra partenopea, ma anche a Caserta e a Salerno che, insieme al capoluogo, hanno registrato i primi tre casi positivi al Coronavirus in Campania. La gran parte degli imprenditori orientali ha aderito alla serrata indetta - a partire dal 27 febbraio - come «misura precauzionale per evitare il più possibile situazioni a rischio» ha spiegato Wu Zhiqiang, portavoce della comunità cinese che ha scritto al prefetto di Napoli. «Ora abbiamo due preoccupazioni: - spiega Zhiqiang, che riveste anche la carica di presidente del sindacato nazionale cinese a Napoli - ci chiediamo se sia opportuno il grande assembramento previsto in occasione delle partite del Napoli e temiamo la razzia di furti nei nostri negozi chiusi».
 
 

Da Gianturco al Vomero, passando per tutti i quartieri napoletani dove il commercio cinese si è diffuso in maniera capillare, compaiono i manifesti considerati «un gesto di senso civico» dai cinesi. «Non c'è una cura per il Covid-19 e l'unico mezzo di contrasto è quello di ridurre al minimo la possibilità di contagio - chiarisce il portavoce, conosciuto col nome italiano di Savio - per questo chiudiamo temporaneamente le attività e limitiamo i nostri spostamenti, chi potrà, resterà in casa con scorte di cibo e riso». La chiusura sarà protratta fino al 5 marzo, a Napoli e in alcune province fino al 15 «per valutare l'andamento del contagio». «Si tratta di una collaborazione con la città ma anche di un'autotutela per i cinesi che, con coscienza, si stanno monitorando scrupolosamente» conclude Savio, che non nasconde un'altra paura. «In due giorni di chiusura abbiamo già subito due tentativi di furto, nella zona di Gianturco - spiega preoccupato - temiamo che possano rubare ripetutamente nei nostri negozi, procurandoci danni economici ancora più gravi del calo attuale delle vendite. Per questo chiediamo aiuto al prefetto e a tutte le forze dell'ordine».

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Il livello di allarme in seno alla comunità cinese ha cominciato a crescere pochi giorni fa, in occasione della partita Napoli-Barcellona allo stadio San Paolo, e la tensione continua a salire, in vista della partita che si disputerà oggi contro il Torino. «Nella città di Napoli si svolgono ancora una serie di attività ludico-ricreative, e aggregative, di massa. Tra queste non possiamo non ricordare la partita di calcio per la quale è prevista una partecipazione di circa 50mila persone, senza alcuna forma di prevenzione o tutela della pubblica salute», si legge nella lettera del sindacato cinese inviata ieri al prefetto, al presidente della Regione Campania, al sindaco e alla direzione dell'Asl Napoli 1. Già in una precedente nota, datata 25 febbraio 2020, la comunità cinese si interrogava sulla possibilità di interdire le partire come «misura preventiva». «Noi ci stiamo dando da fare affinchè la salute di tutta la cittadinanza venga tutelata - racconta Wu - la chiesa evangelica cinese, i monaci buddisti e le associazioni di commercianti cinesi stanno distribuendo gratuitamente mascherine nei luoghi dove potrebbero aumentare i rischi a causa del grande affollamento e siamo pronti a donarle al Comune di Napoli».
 

«Non vogliamo creare panico o disagio. Non siamo ammalati. Non stiamo scappando e, soprattutto, non stiamo chiudendo la nostra attività - si legge ancora sui cartelli affissi per la serrata - l'Italia è la nostra seconda casa, ma tutti dovrebbero mostrare maggiore attenzione evitando raduni e feste di gruppo, e indossando sempre la mascherina per la propria incolumità e quella degli altri». È questa la richiesta della comunità cinese riportata in una nota dal consigliere regionale, Francesco Borrelli che, come membro della Commissione sanità, ha accolto l'invito alla «prevenzione e al buon senso, senza cadere nel panico e nella psicosi». «Chiediamo un incontro con il sindaco Luigi de Magistris, e con il direttore dell'ospedale Cotugno, per rafforzare la sinergia con la nostra comunità che può donare anche aiuti materiali alla città, a cominciare dalle mascherine di cui abbiamo scorte» conclude Wu. 
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