Covid a Napoli, la crisi morde ma la solidarietà è ferma

Covid a Napoli, la crisi morde ma la solidarietà è ferma
di Paolo Barbuto
Venerdì 30 Ottobre 2020, 08:30 - Ultimo agg. 11:51
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«Le persone ricominciano a farsi sentire. Le voci sono quelle stesse, disperate, di marzo. Hanno perso il lavoro, hanno bisogno di cibo per i figli...», Gianfranco Wurzburger ha un osservatorio drammaticamente privilegiato sul dolore, è l'Associazione Gioventù Cattolica di piazza Sant'Eligio che da sempre si occupa di sostenere i più deboli e nella prima fase della pandemia ha portato sostegno, sotto forma di viveri, in ogni parte della città.

Oggi quelle richieste stanno ricominciando a crescere ma la macchina spontanea e meravigliosa della solidarietà non s'è ancora rimessa in moto, così Wurzburger con la timidezza delle persone perbene azzarda: «Non è che sul giornale potresti scrivere che c'è bisogno delle persone, del loro cuore, della solidarietà? Sarebbe importante perché noi già adesso non riusciamo a soddisfare tutte le richieste di aiuto che ci arrivano».

Richiesta accolta, mondo della solidarietà avvisato e ci permettiamo di fare una previsione: il cuore grande di Napoli non si smentirà nemmeno stavolta.

 

L'altro giorno alla decima municipalità, Fuorigrotta-Bagnoli, c'è stata una riunione intensa e partecipata. Il presidente Diego Civitillo sul tavolo non ha messo nessuna delle tante emergenze che pure il territorio presenta: all'ordine del giorno c'era solo la rinascita dei meccanismi di sostegno che già era stata determinante tra marzo e aprile: «Le municipalità sono il punto di giunzione fra i cittadini e l'Amministrazione - sorride amaro Civitillo - noi tutti siamo a stretto contatto con il territorio e ci rendiamo conto subito delle difficoltà che emergono. Adesso stiamo già facendo i conti con la prima piccola ondata di persone in crisi: sono i lavoratori del turismo, quelli della ristorazione, gente che ha rivisto lo spettro della chiusura, del licenziamento. È per questo che abbiamo deciso di far ripartire subito la macchina della solidarietà».

Anche in altre municipalità si sta ricominciando a progettare qualcosa per i giorni difficili, dal Vomero a Scampia, da Chiaia a San Giovanni. Stavolta c'è la possibilità di attingere all'esperienza della scorsa primavera, anche se chi dovrebbe offrire il suo contributo, adesso è più riottoso.

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Un imprenditore del Centro Storico che (capirete perché) chiede l'anonimato parla guardando a terra, per paura d'incrociare lo sguardo: «A marzo ho fatto un assegno da diecimila euro per l'acquisto di spese solidali che sono state distribuite in tutta Napoli. Potevo permettermelo e non ho avuto nemmeno un attimo di esitazione. Poi, però, quei giorni di chiusura sono stati drammatici anche per me. Io oggi non posso più fare un gesto del genere. Forse potrò contribuire alle necessità dei miei dipendenti ma non riuscirei a dare altri soldi in solidarietà».

È questa la preoccupazione di tanti, è questo il motivo degli appelli che si susseguono per una rinascita della solidarietà dei cittadini. 

 

Fra i tanti che hanno contribuito, nella prima fase della pandemia, ci sono stati i supermercati che hanno aperto le porte a tante iniziative per raccogliere cibo da consegnare alle associazioni del territorio. «Per quanto ci riguarda siamo pronti a far ripartire il carrello solidale anche domattina se le associazioni ci chiederanno di farlo - spiegano con entusiasmo dai vertici del gruppo Flor do Cafè - non ci tiriamo indietro rispetto alle richieste del territorio e faremo il possibile per contribuire, anche con altre forme di sostegno, così come abbiamo già fatto a marzo».

Qualcosa, insomma, si muove. Ma per adesso è ancora poco. «Napoli deve ricominciare a far battere il suo cuore - dice Wurzburger - e a dare speranza a chi la sta nuovamente perdendo».

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