Coronavirus a Napoli, lo strappo degli avvocati: niente udienze on line

Coronavirus a Napoli, lo strappo degli avvocati: niente udienze on line
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 17 Aprile 2020, 09:00
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Impossibile usare il monitor di un computer per visionare gli atti di un fascicolo prima di sostenere le proprie ragioni dinanzi a un giudice. Impossibile attrezzare la propria difesa, servendosi di una procedura da remoto, grazie al collegamento on line, via internet.

Un mese dopo l'inizio della quarantena, si registra così il primo strappo degli avvocati nei confronti dello smart working finalizzato a disciplinare - per motivi sanitari - il confronto in aula tra le parti. In sintesi, il Consiglio dell'ordine degli avvocati e la camera penale di Napoli hanno deciso di non firmare il protocollo proposto dal Tribunale di Sorveglianza, che provava a organizzare la consultazione del fascicolo attraverso la connessione da remoto. Chiara la posizione degli avvocati, a leggere la delibera del Consiglio dell'ordine firmata dal presidente Antonio Tafuri e dal segretario Giuseppe Napolitano: «La mera lettura degli atti non è idonea a garantire il perseguimento di un'adeguata strategia difensiva. Inoltre - aggiungono gli avvocati - la peculiarità del giudizio davanti al Tribunale di sorveglianza e le esigenze sottese a tale procedimento rendono incompatibile lo svolgimento delle udienze da remoto a causa della insostenibile compressione dei diritti di difesa e delle facoltà del difensore». Ma in cosa consiste il no degli avvocati? E come si arriva al primo strappo rispetto alla gestione del lavoro agile in Tribunale? Ad essere messa in discussione non è la forma del lavoro da remoto, tout court, quanto la richiesta di utilizzare questo strumento nche per la sola visualizzazione del fascicolo. Una proposta che nasce in un clima di piena collaborazione tra magistrati e avvocati, che puntava a rendere possibile la consultazione degli atti a distanza, sempre nel tentativo di arginare ogni possibilità di contatto fisico tra dipendenti del Tribunale e utenti del sistema giudiziario.
 
 

In questo caso, la proposta avanzata dal presidente del Tribunale di sorveglianza Adriana Pangia era ancora una volta animata dall'esigenza di rispondere alle tante richieste di misure alternative al carcere, avanzate per altro in un periodo in cui la questione affollamento dei penitenziari è resa più drammatica dal rischio di contagio per la platea degli stessi detenuti.

Dallo scorso marzo, alcune udienze dinanzi al giudice di Sorveglianza vengono svolte da remoto, con l'ausilio della connessione internet, con il via libera degli stessi avvocati di fronte al rischio contagio. Poi, la scorsa settimana, si è discusso un nuovo protocollo, questa volta legato alla mera consultazione degli atti. Possibile visionare un fascicolo da remoto? Per gli avvocati non ci sono dubbi: si tratta di una soluzione che non può essere sottoscritta, la bozza di protocollo non può essere firmata.
 

Una posizione che esprime anche le difficoltà e i timori della classe forense in vista della auspicata fase due, quando - a partire dalla metà di maggio - il palazzo di giustizia dovrebbe riaprire i battenti. Sì al distanziamento sociale e a ogni soluzione finalizzata a contenere il contagio da corona virus, ma stop al remoto quando ci sarà la ripartenza, come per altro ribadito ieri pomeriggio dal Consiglio nazionale forense in sede di confronto con il ministro della giustizia Alfonso Bonafede.

Una categoria che chiede di avere voce in capitolo, dopo quaranta giorni di stop dei processi, con la sola eccezione delle poche udienze (nel penale e nel civile) alla settimana che si sono tenuti da remoto. Ed è proprio in vista di un altro mese di paralisi del lavoro in aula, con le conseguenti ripercussioni sotto il profilo economico, che il Consiglio degli avvocati di Napoli rivolge una richiesta formale ai capi degli uffici del distretto di corte di appello di Napoli: si chiede che vengano smaltiti gli arretrati, per rimettere in moto un intero settore economico che dipende da atti e provvedimenti giudiziari. Scrivono gli avvocati ai capi degli uffici e ai dirigenti, «di raccomandare a giudici e personale di cogliere l'occasione dell'attuale necessitata riduzione del numero di contatti con il pubblico per provvedere al recupero di tutto l'arretrato in termini di deposito di provvedimenti, di pubblicazione degli stessi, di estrazione delle copie, di aggiornamenti di ogni tipo sui registri cartacei o informatici, di scansionamento dei documenti e atti cartacei dei fascicoli, nonché per l'integrale definizione delle procedure di liquidazione delle competenze spettanti agli avvocati per le difese di ufficio a spese dello Stato». Un messaggio forte e chiaro: limitare il lavoro da remoto, riportare in aula il processo, sbloccare gli arretrati, anche per rivitalizzare un settore decisivo della nostra economia.
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