Coronavirus, arriva tardi al pronto soccorso per paura del Covid-19: salvato dal cuore artificiale

Coronavirus, arriva tardi al pronto soccorso per paura del Covid-19: salvato dal cuore artificiale
di Maria Pirro
Lunedì 4 Maggio 2020, 09:00 - Ultimo agg. 18:05
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È una storia che si ripete con l'emergenza Coronavirus. «Mio marito ha aspettato tanto, troppo prima di andare in ospedale: aveva dolore al petto e mal di stomaco, ma anche paura di contrarre l'infezione». A raccontare è Loredana Troìa, napoletana sotto choc. «Stavo perdendo l'uomo della mia vita, ma sono stata forte nella disperazione: dopo i primi soccorsi praticati al Cardarelli, ho chiesto che lo trasferissero al Monaldi. Lì hanno subito valutato la necessità di operarlo» spiega, e lancia un appello a non commettere lo stesso suo errore. Un messaggio, soprattutto per le patologie tempo-dipendenti come l'infarto, ribadito dai medici e dai vertici delle società scientifiche di riferimento che segnalano una drastica e allarmante riduzione dei ricoveri dovuta proprio all'«effetto Covid».

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Per il congiunto di Loredana, l'intervento è durato otto ore. «E non ha precedenti in Italia», dice il cardiochirurgo Andrea Petraio, che aggiunge soddisfatto: «L'ingegneria meccanica applicata alla medicina consente di affrontare in tempi rapidi patologie con un altissimo tasso di mortalità. In questo caso, una delle complicanze peggiori dell'infarto miocardico dovuta a un'occlusione trombotica acuta dell'arteria interventricolare anteriore che si è verificata in un paziente, peraltro giovane, di 46 anni, per l'accesso ritardato al pronto soccorso». Questa la diagnosi più tecnica: «Severa cardiomiopatia ipocinetica post ischemica aggravata dalla formazione di un pseudoaneurisma della parete anteriore del ventricolo sinistro, rotto e tamponato dal pericardio, che nella maggior parte dei casi risulta fatale», scandisce Petraio. Ciò ha portato a dover rimodellare il ventricolo e all'impianto di un cuore artificiale, di ultima generazione, immediatamente acquistato dai vertici dell'azienda dei Colli, che lo stesso medico ringrazia assieme ai cardiologi diretti da Giuseppe Pacileo e gli altri colleghi che hanno permesso tutto questo: Giuseppe Carullo, Giuseppe Ponticelli, Michelangelo Scardone, Fabio Ursomando, Angelo Caiazzo. «Uniti agli infermieri che lavorano senza guardare l'orologio, il tempo è scandito dalle sempre crescenti necessità dei malati», sottolinea Petraio, che cita gli undici trapianti «con il 100 per cento di sopravvivenza effettuati nel suo reparto in poco più di un anno», cui si aggiungono i nove impianti di cuore artificiale per bimbi e adulti in attesa dell'intervento salvavita. «Numeri - aggiunge - destinati a crescere: per questo, confido nel sostegno della direzione strategica aziendale e soprattutto della governance regionale, anche per ridurre la migrazione sanitaria. Il Monaldi è l'unico centro di riferimento del Sud che garantisce questo tipo di prestazioni da zero a 80 anni».
 


Sono oltre 15mila all'anno i pazienti colpiti da infarto ricoverati in Campania e, nel 60% dei casi, richiedono una angioplastica entro due ore dalla comparsa dei sintomi. Ma, dal 27 febbraio, ossia da quando Protezione civile e Regione hanno segnalato il primo positivo al coronavirus, il numero di degenti si è ridotto progressivamente fino ad arrivare a «meno 50%», con un conseguente decremento degli interventi di circa il 40% rispetto ai mesi precedenti. Il dato è indicato in uno studio effettuato in Campania e la stessa diminuzione si registra nel resto d'Italia, in Spagna e negli Usa. «Continuando a sottovalutare i sintomi, tra tre mesi i morti per infarto nella regione supereranno quelli da Covid-19», avvisa Marino Scherillo, coordinatore del comitato scientifico Anmco (Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri) e primario a Benevento, che definisce la situazione a dir poco allarmante, ricordando che un forte dolore al petto che coinvolge anche il braccio sinistro deve spingere a telefonare al 118 che è collegato alla rete telematica Ima e provvede a effettuare gli esami necessari direttamente a casa del paziente e all'eventuale trasferimento in un centro di emodinamica con ingresso separato dalle sospette infezioni. «Nell'infarto il fattore tempo è cruciale: è strettamente correlato alla sopravvivenza, e non solo».
Conclude Scherillo: «Quanto più tempo passa, tanto meno si avrà un efficace recupero e dunque una compromissione della qualità della vita». 

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