Covid a Napoli: a Capodichino tornano i voli, ma la normalità solo nel 2025

Covid a Napoli: a Capodichino tornano i voli, ma la normalità solo nel 2025
di Gianni Molinari
Sabato 22 Maggio 2021, 00:00 - Ultimo agg. 10:55
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Nel 2019 da Napoli Capodichino transitarono quasi undici milioni di passeggeri, sette milioni dei quali in arrivo con voli su tratte internazionali. Capodichino era la porta d’ingresso a Napoli e alla Campania: numeri enormi anche nei mesi di cosiddetta «bassa stagione», quando grazie al modello delle vacanze brevi, dei fine settimana «cheap», dei voli low cost, dei «fitti brevi» di Airbnb la città era sempre piena di visitatori. Giusto per fare un esempio ottobre 2019 ebbe un milione di visitatori e novembre 2019 quasi 700mila.

Le tre ondate del Covid-19 hanno azzerato tutto questo: nel «grande» lockdown (marzo-maggio 2020) il traffico è crollato del 95% rispetto al 2019 (ad aprile solo 1.023 viaggiatori).

Nella seconda ondata (novembre-dicembre) del 92% e nella terza ondata (febbraio-marzo 2021) dell’88%. Numeri che avrebbero piegato qualsiasi azienda, perchè a fronte di incassi zero, un aeroporto deve comunque tenere in piedi tutte le sue onerose funzioni principali. Deve funzionare pure per un solo atterraggio al giorno (ciò che è successo nel primo lockdown con l’unico volo Napoli-Roma Fiumicino usato per far rimpatriare i connazionali bloccati all’estero). E far funzionare un aeroporto non è la stessa cosa di girare un interruttore. Questo è avvenuto anche attraverso un innovativo modello gestionale che ha tentato di tenere sotto controllo i costi. 

I numeri impietosi dei passeggeri ogni mattina continuano ad arrivare dalla direzione operativa al cellulare dell’amministratore delegato di Gesac, la società di gestione dello scalo partenopeo, Roberto Barbieri, e che aggiornati al 21 maggio fanno 341mila passeggeri in quasi cinque mesi. «La percentuale non la voglio nemmeno calcolare» scherza sarcastico Barbieri. Ma da quell’abisso Gesac è pronta a risalire con una complessa operazione di ricostruzione della rete - cioè l’insieme dei collegamenti con le città europee e del bacino del Mediterraneo insieme ai link con i più grandi hub internazionali (tra cui Londra, Francoforte, Parigi, New York, Dubai, Instanbul, Lisbona) - che lo avevano proiettato ai vertici mondiali degli aeroporti per connettività: cioè entravi a Napoli e, passando per un solo altro aeroporto, potevi arrivare in Nuova Zelanda.

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Dagli inizi di giugno Capodichino, progressivamente, ricomincerà a volare direttamente su 92 destinazioni (erano 104 prima dello choc), 77 internazionali e 15 italiane ricostruendo il suo network a cominciare dalle 36 compagnie aeree che atterranno a Napoli (l’82% del preCovid) e man mano a riconnettere i grandi hub cominciando dal volo con London Heatrow. E piazzando anche qualche nuova destinazione come Riga (Air Baltic) o, per l’estate, Lampedusa. A luglio ripartirà anche il volo per Dubai. Napoli resta, inoltre, la base di easyJet (con 4 aerei), Ryanair (4) e Volotea (2): cioè aerei che la notte si fermano a Napoli, fanno le operazioni di manutenzione e la mattina ricominciano il loro giro con la prima tratta dal capoluogo. «Ma la strada è in salita - spiega Barbieri - e salita dura: a fine anno sarà un ottimo risultato raggiungere 3,5 milioni di passeggeri e tornare ai livelli preCovid sarà possibile solo tra il 2024 e il 2025. Il Covid ha sconvolto le nostre abitudini!». 

Nonostante questo scenario, dopo la conclusione favorevole a Gesac del contenzioso amministrativo, il nuovo aeroporto di Salerno sta facendo passi avanti ogni giorno. «C’è una grande collaborazione istituzionale - spiega Barbieri - e i lavori procedono come da programma». Salerno è destinato ad accogliere cinque milioni di passeggeri in un modello di complementarietà con Napoli che bilancerà l’offerta del trasporto aereo anche verso la Piana del Sele e la Basilicata.

Se a Barbieri e ai suoi collaboratori è chiaro che l’orizzonte per tornare al preCovid è da collocare tra il 2024 e il 2025 e altrettanto chiaro che non si potrà scaricare solo sui gestori degli scali il costo della pandemia. La necessità di tenere i bilanci in equilibrio e con un minimo di redditività è, non solo una necessità funzionale delle stesse aziende, ma dell’intera collettività perché senza anche un minimo di remunerazione, soprattutto i fondi troveranno meno appeal nel collocare i propri investimenti. Non ci vuole molto e non ci vogliono risorse della collettività se si cominciasse a ipotizzare un allungamento delle concessioni per recuperare i due anni persi, anche perché a differenza di altri settori, le concessioni aeroportuali hanno obblighi la cui misurabilità è stringente e soprattutto sotto gli occhi dei passeggeri. 

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