Detenuto morto in cella a Napoli, avanza l’ipotesi suicidio

Poggioreale, i risultati dell’autopsia: sul corpo nessun segno di violenza

Detenuto morto in cella avanza l’ipotesi suicidio
Detenuto morto in cella avanza l’ipotesi suicidio
di Giuseppe Crimaldi
Venerdì 2 Febbraio 2024, 23:55 - Ultimo agg. 3 Febbraio, 16:51
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Nessun segno di violenza: è l’autopsia a dire una prima, importante parola nella ricerca della verità sulla morte di Alexandro Esposito, il giovane trovato morto il cinque gennaio scorso all’interno di una cella del carcere di Poggioreale. Solo un primo passo, è vero, che tuttavia tende ad escludere ciò che all’inizio si era sospettato: e cioè che il recluso 34enne di San Giorgio a Cremano fosse stato ucciso, forse per un pestaggio.

Ma se da un lato l’assenza di lesioni compatibili con il pestaggio dirada le ombre iniziali, dall’altro impedisce di poter dire quale sia stata esattamente la causa del decesso, almeno fino a quando gli esami medico-legali disposti dalla Procura di Napoli non saranno completati. E precisamente fino al momento in cui si disporrà degli esiti degli esami tossicologici.

Ricordiamo il caso.

La scoperta viene fatta un venerdì mattina intorno alle 9, i primi a lanciare l’allarme alle guardie penitenziarie di turno nel padiglione “Napoli” sono i due compagni di cella. Le prime notizie che trapelano dalle mura della casa circondariale parlando di ferite visibili sul corpo, ed è anche il medico del carcere che per primo visiona il corpo senza vita del povero Alexandro a parlare di liquido nero raggrumato che fuoriusciva dalla bocca (presumibilmente sangue).

Sul posto interviene il magistrato di turno della Procura, che dispone il sequestro della salma e di lì a poco conferisce l’incarico a un perito medico legale per effettuare gli esami autoptici. Verranno ascoltate numerose persone, a cominciare dai due detenuti che dividevano la cella con il 34enne. Poi tocca agli agenti della Polizia penitenziaria: di fronte a una morte tanto misteriosa le indagini devono essere rigorose e non escludere alcuna pista. I due reclusi spiegano di aver scoperto il cadavere di Alexandro solo la mattina di venerdì, e di non avere avuto alcun litigio con lui, e che - anzi - i rapporti erano amichevoli e distesi.

E allora com’è morto Alexandro? La domanda c’è tutta anche perché, dall’inizio dell’anno, a Poggioreale si registrano ben tre suicidi tra i detenuti: circostanza che riaccende il dibattito sulle condizioni di vita in prigione e sulla solitudine che troppe volte i detenuti subiscono con il regime carcerario.

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Triste e sfortunata, la vita di Alexandro Esposito. Una vita segnata e distrutta nel momento in cui l’uomo inizia a drogarsi. Da quel momento la sua è un’esistenza sbandata, randagia: il giovane spesso va via di casa per intere settimane, vive e dorme in strada, salvo poi a ricomparire all’improvviso per chiedere denaro ai suoi genitori. Una delle tante tristi storie contrassegnate dalla tossicodipendenza. Al punto che più di una volta saranno gli stessi familiari a chiamare i carabinieri per denunciare le vessazioni economiche cui vengono costretti. 

Ma torniamo alle indagini. Esclusa la presenza di ferite o segni di violenza sul corpo, l’ipotesi omicidio sembra lasciare spazio ora ad altre due ipotesi: quella del suicidio, o quella di un drammatico incidente. Per questo fondamentale ora sarà il risultato degli esami tossicologici.
«Di speranze deluse si continua a morire in carcere e “di” carcere. Se non si attueranno programmi di inserimento socio-educativi, con figure di ascolto dedicate ai reclusi, i drammi dei suicidi continueranno. Mi colpisce un dato: il fenomeno dei suicidi si presenta sempre più spesso in chi o è da poco entrato in carcere o è prossimo ad uscirne. E anche questo un dato che ci deve far riflettere».
 

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