Disabile in coma, la Camera penale:
«Sistema carcerario in crisi»

Disabile in coma, la Camera penale: «Sistema carcerario in crisi»
di Viviana Lanza
Sabato 4 Maggio 2019, 12:01 - Ultimo agg. 5 Maggio, 13:35
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Il quadro clinico di Giorgio Mancinelli, il detenuto 72enne ricoverato in condizioni disperate e finito in cella l'11 marzo per una condanna definitiva a 5 anni per bancarotta nonostante le conseguenze sul suo fisico di un herpes encefalico, diabete e Alzheimer, resta grave e stazionario. Intanto, il suo caso sta facendo discutere e apre riflessioni sulla giustizia, sui suoi tempi, sulla burocrazia e su come incide sulla eterna «emergenza carceri».

LA CAMERA PENALE
I numeri innanzitutto: nel carcere di Poggioreale si contano 2351 detenuti a fronte di una capienza di 1636 e in quello di Secondigliano 1456 detenuti a fronte di 1020. Con il sovraffollamento sembrano essersi riacuiti i problemi di gestione dei detenuti. «È una situazione a catena - dichiara l'avvocato Gaetano Balice, penalista e segretario della Camera penale di Napoli, presieduta dall'avvocato Ermanno Carnevale - il personale è insufficiente, i centri clinici non riescono a gestire la quotidianità dei detenuti ricoverati, le interlocuzioni con il Tribunale di Sorveglianza vengono appesantite dai numeri, le cancellerie non riescono a evadere le istruttorie e i fascicoli arrivano incompleti sul tavolo del giudice che non può decidere se mancano i dati necessari». I temi della detenzione e del diritto di difesa sono da anni al centro dell'impegno e delle iniziative della Camera penale che ha adottato astensioni (anche quella più recente di fine marzo) e iniziative varie, anche protocolli con il Tribunale di Sorveglianza. Un nodo cruciale riguarda la comunicazione: «Esistono problemi di comunicazione tra Tribunale di sorveglianza, carcere e ospedale» spiega Balice. E forse anche di comunicazione con l'esterno se è vero, come nel caso in questione, che un imputato non sceglie di nominare un difensore. «La storia tragica del condannato ci richiama alle nostre responsabilità perché è evidente che non siamo stati in grado di raggiungere queste persone e informarle dei loro diritti quale quello dell'esistenza del sistema del gratuito patrocinio - spiega Balice - che garantisce a chi si trova in difficoltà economica di dotarsi di una competente difesa tecnica».

 
IL CARCERE
«Ci si ammala di carcere e si muore di carcere» afferma Nicola Quatrano, ex magistrato in forza alla Procura di Napoli e avvocato. «La reclusione deve essere diversa dalla pena di morte, il carcere non deve avere carattere afflittivo» dice Quatrano puntando l'accento sull'eccessivo ricorso alla reclusione. «Si incarcera troppo ormai, il sistema arriverà al collasso» aggiunge, citando l'esempio americano. «Negli Stati Uniti si è arrivati a due milioni e mezzo di detenuti e come primo intervento per risolvere la questione si è adottato una sorta di mini condono per alcuni tipi di reati, anche di droga che lì sono molto diffusi. Anche in Italia ci stiamo avviando verso una situazione al limite e bisognerebbe cominciare a pensare a soluzioni alternative».

LA POLITICA
Punta il dito contro la politica l'avvocato Carmine Ippolito, il penalista che ha firmato il primo ricorso partito da Napoli contro la cosiddetta legge Spazzacorrotti che prevede di far espiare in carcere condanne per reati di pubblica amministrazione. «La politica punta a raccogliere consensi con le leggi del rigore e dell'austerità e insiste su questi temi perché su altri si è svuotata di poteri» dice Ippolito prevedendo una situazione di non ritorno. «Il sistema non può reggere. Le carenze di personale fra i magistrati, personale amministrativo e forze dell'ordine sono croniche, e la crisi economica spinge a sacrificare i servizi essenziali e i cittadini a rinunciare persino all'assistenza legale perché non si è in grado di sostenerne i costi».
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