Camorra, don Patriciello agli studenti: «Io, sequestrato dai 'bravi', il boss mi ordinò: fai il prete»

Camorra, don Patriciello agli studenti: «Io, sequestrato dai 'bravi', il boss mi ordinò: fai il prete»
di Marco Di Caterino
Domenica 20 Marzo 2022, 10:39 - Ultimo agg. 21 Marzo, 07:18
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La camorra del Parco Verde che sequestra don Maurizio Patriciello. E che gli ordina di fare il prete. Quello che deve solo benedire, recitare qualche giaculatoria, celebrare battesimi e matrimoni e anche i funerali. E non altro. Non certo chiedere di far arrivare nel Parco Verde le divise delle forze dell'ordine. Insomma il perfetto don Abbondio. «Sono qui in parrocchia, non vi spaventate», dice con un sorriso don Maurizio: «È un episodio accaduto tanti anni fa, quando e ancora giovane. L'ho raccontato ai ragazzi del liceo scientifico e delle Scienze umane Cantone di Pomigliano d'Arco, dove mi ha invitato il consigliere regionale Francesco Borrelli». E allora torna la tranquillità del sabato del villaggio che, per quanto incredibile, avvolge anche il Parco Verde. Blindato. Con le piazze di spaccio chiuse. Qualche persona in più per strada. E con la parrocchia aperta. Illuminata. Rassicurante. Come sempre.

In questa calma sembra lontana la camorra, la bomba fatta esplodere accanto al cancello di ingresso della parrocchia, le minacce a don Maurizio, ancora frastornato da tanto clamore, sorpreso e forse infastidito perché ora deve fare i conti con una quotidianità sotto scorta dei carabinieri. «Oggi - dice - sono 38 anni dal martirio di don Peppe Diana.

Un prete che annunciava il Vangelo. Per questo è stato ucciso, qualche minuto di prima di celebrare messa nel giorno del suo onomastico». Se è per questo, la bomba ai danni di don Maurizio è stata fatta esplodere il giorno del suo compleanno.

«È una camorra - sospira - che sa colpire quando sa che fa più male. Quella mattina, mi trovavo in quella zona, sono stato uno dei primi a correre in sagrestia... don Peppe in un lago di sangue, con il volto deformato dalle pallottole: una scena si è fortemente impressa nella mia anima e che alimenta la mia fede in Dio. Lo chiamano eroe. Come Borsellino, Falcone, don Puglisi e le altre vittime delle mafie. Fammelo dire, fammelo gridare: non sono eroi, sono state persone per bene. Credevano nei rispettivi lavori, al rispetto delle regole. Doti rarissime. E per amor di Dio, smettiamola con quei commenti senza pudore, di quelli che di fronte al sangue innocente insistono Ma chi glielo ha fatto fare. Perché non si è fatto i fatti suoi. Queste persone sono camorriste fin dentro l'anima. E gli eroi, lasciamoli alla mitologia. Facciamo che seguiamo nella nostra quotidianità, nel nostro piccolo il loro esempio. La capacità di seguire le regole».

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Le regole. Anche la camorra ne ha, insulse e incomprensibili. La camorra che detta anche il linguaggio oltre che il modo di comportarsi. Ed è in quest'ottica che nasce il sequestro lampo di don Maurizio. «Diversi anni fa, a un mio amico che mi era venuto a far visita in parrocchia, rubarono l'auto. Una tragedia, perché lui, rappresentante di commercio, di fatto non avrebbe potuto più lavorare. Di fronte a tanta disperazione, d'impeto mi recai da alcune persone, chiedendo di ritrovare l'auto appena rubata. La risposta fu don Maurizio, non sappiamo nulla, e la mia replica Allora domani faccio arrivare l'esercito. Apriti cielo. Qualche minuto dopo vennero in parrocchia due camorristi che senza giri di parole mi costrinsero a salire nella loro auto, con la quale mi condussero alla presenza del boss. Che fu molto diretto: Qui non si parla di eserciti, carabinieri e altre stronzate. Vi serve l'auto? Va bene! Da oggi potete lasciare anche la chiesa aperta di notte, perché nessuno toccherà nemmeno la polvere. Di fronte a questo protestai, ma il boss fu ancora più chiaro dicendomi: don Maurizio vi dovete fare i fatti vostri, e fare solo il prete». Come finì? «Forse intimoriti dalla presenza di un'auto della polizia, che passò in lontananza, i due bravi mi riportarono in parrocchia, ed evito di ricordare quello che fui capace di dire loro».

Ma c'è aria di pericolo vero, immediato? Il volto di don Maurizio si allarga in un sorriso. Amaro. «Le voci del quartiere che arrivano alle mie orecchie - racconta - mi portano discorsi di condanna da parte della camorra del Parco Verde per la bomba esplosa davanti alla chiesa. Mi dicono che è scattata una sorta di protezione verso la parrocchia e la mia persona. Sia chiaro quello che penso. Purtroppo questa volontà non è dettata da una miracolosa conversione, ma molto più pedestremente per dall'esigenza che, senza altri episodi che attirino l'attenzione, le piazze di spaccio possano riaprire. Sono uno scambio economico. Anche questo!».

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