Camorra, tre faide a Napoli tra agguati, sparatorie e bombe

Camorra, tre faide a Napoli tra agguati, sparatorie e bombe
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 14 Maggio 2021, 08:33 - Ultimo agg. 15 Maggio, 10:02
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Stretti nella morsa di tre faide, tra improvvise fiammate di violenza e precise strategie criminali studiate a tavolino. Eccola Napoli, vista dall'alto, almeno a leggere gli eventi degli ultimi due mesi. Tre punti cruciali, che tengono in allarme migliaia di cittadini, che cingono d'assedio zone periferiche ma anche contesti borghesi, residenziali, storicamente lontani da conflitti sanguinari. Eccola la ripresa delle attività economiche, la ripartenza: zona rossa, gialla o arancione, poco importa, a giudicare dai colpi messi a segno negli ultimi cinquanta giorni, quanto basta a spingere gli inquirenti a modulare strategie investigative in punti diversi della città. Napoli est, tra Barra e Ponticelli, dove tra martedì e mercoledì sono state esplose due bombe, al netto di una dozzina di colpi esplosi in aria contro balconi e finestre; dove - sempre per rimanere in periferia orientale, una ragazza è stata ferita al piede per errore, mentre era sotto casa a fare shopping nel centro storico di Barra. Ma anche altri due punti ritenuti roventi, a giudicare dal livello di tensione che si respira per strada. Prendiamo Fuorigrotta, via Leopardi, la zona dove a metà marzo è stato consumato l'omicidio di Antonio Volpe, colpito a morte a 77 anni, nei pressi di una tabaccheria. Un omicidio a cui hanno fatto seguito altri agguati o azioni dimostrative, questa volta in un quartiere ritornato vivo e trafficato dopo il cambio di colore: siamo ancora in via Leopardi, pomeriggio di caldo primaverile, partono gli scooter, c'è chi alza la pistola in aria e spara alcuni colpi. Chiaro il messaggio: qui comandiamo noi. E non basta. L'ultima moda riguarda i video: sia le immagini del delitto di Volpe sia i frame di alcune stese consumate di recente sono state scaricate da telecamere di alcuni commercianti. Video impossibili da riprodurre su un giornale (lo diciamo per carità cristiana, prima ancora che per deontologia) che girano su alcuni cellulari per mettere a tacere alcune voci nel quartiere: non siamo stati noi, non c'entriamo con la morte del tabaccaio. Scene che comunque bastano da sole a rimarcare il concetto: meglio pagare, con la ripartenza, meglio accettare la tangente (spesso come semplice fornitura all'ingrosso), per evitare contraccolpi criminali. 

Video

Nessuna esclusione di colpi anche in altri contesti cittadini. Ai Colli Aminei, si indaga per racket a proposito della bomba in un negozio di caldaie lo scorso 19 aprile, in un quartiere che sta subendo l'avanzata di soggetti un tempo legati al clan Lo Russo; a Ponticelli, due bombe in 48 ore: prima in via Lombardi, poi in via Esopo, con auto distrutte, paura e tanta voglia di scappare da parte delle persone oneste - la maggioranza - costrette ad assistere a scene già viste qualche anno fa.

Sembra una polveriera, ma non lo è, fanno capire dalla Dda di Napoli. Sono decine i soggetti coinvolti nelle tre faida, ma a stringere, ci troviamo sempre di fronte a due blocchi di potere: Alleanza di Secondigliano versus clan Mazzarella. Proviamo a ragionare, alla luce di quanto sta emergendo dalle informative di polizia e carabinieri: ci sarebbe un patto tra famiglie diverse (come hanno raccontato ieri Giuseppe Crimaldi e Luigi Sabino, sulle colonne di questo giornale) tra i clan Casella, De Luca Bossa e Minichini, indicati come vicini alla cosiddetta Alleanza di Secondigliano, assieme ai Rinaldi, che mantengono (con fortune alterne) un avamposto militare anche a San Giovanni. Guerra di posizione contro i Mazzarella, radicati sia al centro storico, sia a Napoli est, ma anche nella periferia occidentale (visto l'antico legame con la famiglia Zazo). Ed è questo il punto su cui battono oggi gli inquirenti: non c'è un episodio criminale, che non possa essere inquadrato nel confronto tra i due cartelli che si contendono i traffici illeciti dalla fine degli anni Novanta. Due cartelli che restano egemoni e che controllano decine di famiglie a loro volta confederate, come è emerso anche dalla richiesta di rinvio a giudizio formalizzata ieri mattina nell'aula bunker del carcere di Poggioreale, a carico di circa novanta imputati (indagine del pm Ida Teresi). Gup Ciollaro, sotto accusa per associazione camorristica, tra gli altri, anche Patrizio Bosti, Edorardo Contini e le tre sorelle Aieta, di recente finite al centro di una inchiesta del Mattino, sempre a proposito del controllo del territorio. Hanno sposato tre boss dell'Alleanza di Secondigliano, sono figlie dell'anziana signora finita di recente sotto accusa per aver gestito tre statue della Madonna del Seicento: vennero trafugate dalla chiesa del Rosariello, materiale buono - dicono gli inquirenti - a rafforzare il controllo del territorio. Una città stretta d'assedio da tre faide che - nei minimi termini - riconducono sempre agli stessi personaggi.

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