Far west sul lungomare di Napoli: «Ha urlato contro gli abusivi, poi è tornato e ha fatto fuoco»

Far west sul lungomare di Napoli: «Ha urlato contro gli abusivi, poi è tornato e ha fatto fuoco»
di Paolo Barbuto
Martedì 10 Aprile 2018, 09:29 - Ultimo agg. 09:38
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«Ma stai registrando di nascosto? Fammi vedere il telefono, guarda che sennò non ti dico niente». Il lungomare liberato adesso è il lungomare della paura. Operai al lavoro per rimettere in sesto i gazebo travolti dalla folla in fuga, cuochi, camerieri, gestori dei locali sull’uscio a raccontarsi quel che è accaduto, ché di clienti ce ne sono pochi, come accade sempre il lunedì.

La sparatoria, nei racconti di chi l’ha vissuta, ha contorni diversi ma un unico comun denominatore: il terrore della folla in fuga. Tutti provano a spiegare la sensazione di onda umana che travolge, il rumore di tavolini rovesciati, piatti e bicchieri in frantumi, il suono dei passi di migliaia di persone che corrono all’unisono cercando di fuggire da un pericolo che non hanno nemmeno identificato.
 

Maniche corte, sguardo intenso, il cuoco sta con le spalle appoggiate al muro e le braccia conserte. Spiega che racconterà quel che sa della sparatoria, ma solo se non ci sono telecamere e la sua voce non verrà registrata. Smartphone consegnato nelle sue mani a testimonianza dell’onestà: niente registrazione. Inizia il racconto: «Quel tizio era veramente inca... urlava contro i parcheggiatori abusivi. Non sentivo le risposte ma solo la voce di quel tizio inferocito. Ha detto: mo’ torno, non vi preoccupate. E ha mantenuto la parola. Ha fatto una telefonata e si è allontanato, dopo qualche minuto è arrivato a bordo di un’automobile, è sceso con la pistola già in pugno e ha iniziato a sparare». In quel momento è esplosa la grande paura e la gente del lungomare ha iniziato a fuggire in ogni direzione. 
«È scattato un meccanismo di emulazione. Anche chi non aveva sentito gli spari e non aveva percepito la tensione, vedendo la folla che fuggiva ha iniziato a correre senza nemmeno saperne il motivo», parla un ragazzo giovanissimo, smilzo, con il volto da persona perbene. Doveva iniziare il turno di lavoro nel locale sul lungomare, in direzione di piazza Vittoria, dopo qualche minuto: «Avevo anche sentito il rumore degli spari ma pensavo fossero botti come quelli di capodanno, non ci avevo badato. Ero seduto sul muretto di via Partenope in attesa di iniziare il mio lavoro, all’improvviso ho visto un muro di persone venirmi incontro: travolgevano ogni cosa. E man mano che si avvicinavano, le persone sedute ai tavoli si alzavano e iniziavano a correre gettando per aria tavolini, piatti, bicchieri. Non so nemmeno com’è successo, mi sono ritrovato spinto da quella folla impazzita che mi ha trascinato nella sua furia. Sono riuscito a liberarmi dalla morsa delle persone solo cento metri più avanti, una sensazione orribile».

I primi a intervenire sono stati due agenti della polizia municipale. Erano in servizio appiedato proprio alla base delle scalette che conducono a via Chiatamone, quelle dove sono stati esplosi i colpi di pistola, hanno affrontato la folla impazzita che pensava di trovare salvezza proprio risalendo quelle scale, non sapendo che proprio lì c’era stata la sparatoria. Uno degli agenti, una donna, dopo essersi accertata che nessuno s’era fatto male, è stata costretta a ricorrere alle cure dei medici.

«Non è che manca il controllo - spiega il gestore di un locale verso Castel dell’Ovo - i vigili, la polizia, i carabinieri, si vedono in questa zona. Solo che di fronte a migliaia di persone non basterebbe l’Esercito schierato a riportare la calma». Proprio per il lungomare attualmente la polizia municipale schiera, nei week end, due pattuglie per l’intera giornata: una presidia l’area da piazza Vittoria alle scalette, l’altra arriva fino all’incrocio con Santa Lucia. Si dividono in tre turni per non lasciare mai senza controllo la zona, in totale vengono impiegati almeno dodici uomini nei giorni dal venerdì alla domenica, e sono in servizio esclusivamente sul lungomare liberato: «Poi c’è anche il controllo alla sosta e ai parcheggiatori abusivi - dice borbottando un agente della municipale - ma soprattutto con i parcheggiatori è tutto inutile. Li conosciamo uno a uno, li intercettiamo, gli facciamo la contravvenzione e dopo cinque minuti loro tornano a taglieggiare i napoletani».

Proprio sul fronte dei controlli il comitato dei residenti di via Chiatamone (il cui portavoce chiede di mantenere l’anonimato) dice di avere buoni riscontri: «I vigili ci sono. Purtroppo anche i parcheggiatori abusivi resistono. Però noi verifichiamo personalmente che le pattuglie arrivano spesso e fanno le contravvenzioni a questi personaggi. Ma loro se ne infischiano». Il portavoce dei residenti di via Chiatamone era proprio nei pressi delle scalette domenica sera e ha assistito alla porzione finale della sparatoria: «Ho capito cosa stava accadendo solo nelle fasi finali. La prima cosa che ricordo sono decine di persone provenienti dai ristoranti che hanno iniziato a risalire le scalette. Erano cuochi, camerieri, barman. Hanno fatto capannello attorno a due persone, poi queste sono andate via. Non so di cosa parlassero».

Uno dei protagonisti del racconto, un cameriere, spiega che dopo aver sentito gli spari è stato normale correre a vedere cosa fosse accaduto: «Del resto questa è un po’ la nostra seconda casa. Ci conosciamo tutti e ci preoccupiamo gli uni degli altri». Non lo dice, ma si preoccupano anche degli abusivi che, ormai, conoscono da anni. E sanno perfettamente che, di fronte a un furto, non muoveranno un dito. Quando il primo dei lavoratori del lungomare racconta di aver subito il furto delle due ruote, in tanti si accodano: «Anche io», «Anche a me hanno preso lo scooter». Insomma, la sensazione è che nei week end via Chiatamone diventi una «concessionaria» di due ruote da prelevare a piacimento.

Il discorso torna sulla notte della paura: «A un certo punto una massa enorme di persone ha iniziato a entrare - spiega il direttore di uno dei locali - erano terrorizzati. Gridavano, chiedevano aiuto. Una donna s’è precipitata dentro e poi s’è piegata in ginocchio iniziando a singhiozzare. Io ho fatto entrare quante più persone potevo. Non sapevo cos’era accaduto ma ho pensato che era giusto dare protezione a tutti».
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