Lockdown a Napoli, la resa dei ristoratori: «Tre su 10 verso il crac»

Lockdown a Napoli, la resa dei ristoratori: «Tre su 10 verso il crac»
di Gennaro Di Biase
Giovedì 17 Dicembre 2020, 08:00 - Ultimo agg. 08:10
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Tensione alle stelle per il commercio, tra spese di adeguamento al cashless e mancate riaperture al pubblico dei ristoranti nelle festività natalizie. Il piano del Governo contro la moneta elettronica beffa i commercianti costretti, in vista della lotteria degli scontrini prevista dal primo gennaio, a spendere dai «150 ai 200 euro per aggiornare i registratori di cassa». Ma non è tutto. Sono tanti i nodi che arrivano al pettine sulla gestione italiana della pandemia alla fine del 2020, ora che Palazzo Chigi punta a seguire il modello tedesco di lockdown fino al 6 gennaio: «ristori insufficienti» e «paragone con la Germania che non regge», probabile fallimento del «35% dei 1000 ristoranti in città in caso di zona rossa fino al 6 gennaio». 

 

Sono diverse le criticità espresse dalle associazioni con costi aggiuntivi che valgono sia per l'attivazione del cashback (nei casi dei negozi con apparecchiature vecchie) sia per la lotteria degli scontrini. «Allo stato attuale - avvisa Vincenzo Schiavo, presidente di Confesercenti Campania - a pagare sono i commercianti già in crisi economica da pandemia: è una beffa». «I soldi che il Governo rimborserà ai cittadini potrebbero in parte arrivare dall'indotto derivato dalle spese che i commercianti dovranno sostenere per gli aggiornamenti telematici. Il cashback comporta adempimenti amministrativi che il commerciante spesso non può fare da solo, ma tramite commercialista - spiega Mauro Pantano, presidente della Confederazione Imprese e Professioni di Napoli - Sono capitati in queste ore casi di cittadini convinti di aver ottenuto il cashback dopo un acquisto, ma non era così: alcuni pos, i più vecchi, non sono abilitati a trasmettere i dati delle transazioni alla App. In Italia il pagamento elettronico è una giungla. Quanto alla lotteria, gli imprenditori dei mercati, per esempio, non hanno registratori di cassa collegati a Internet, requisito essenziale per l'estrazione. Tutti i commercianti saranno chiamati ad adeguare o sostituire i registratori di cassa per aderire alla lotteria, con tanto di visita del tecnico in sede». Altro capitolo (e altre spese) andranno fatte appunto per l'estrazione, per cui serviranno scontrino elettronico e registratore di cassa telematico (con contributi statali tramite crediti d'imposta accessibili fino al 31 dicembre). «Dovremo pagare tra i 150 e i 200 euro alle aziende che gestiscono i registratori di cassa, che andranno aggiornati - racconta Carla Della Corte, gioielliera e presidente di Confcommercio Napoli - Per i commercianti minori che dovranno acquistarne uno nuovo la spesa sarà anche più alta: tra 500 e 600 euro.

Serve che ci facciano lavorare fino al 24, o il 20% dei negozi rischia il fallimento». «Per la lotteria servirà un dispositivo elettronico capace di leggere otticamente carte di credito e codice fiscale dei clienti: costa 300 euro», conclude Schiavo. 

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La rabbia è tanta tra i ristoratori. C'è chi in questi giorni di folla in strada è tornato a respirare con l'asporto, ma parliamo di una fetta dei bar e catene di fast food. Per i ristoratori, invece, nulla si è mosso. «Il nostro nervosismo non è mai stato tanto intenso da inizio pandemia - esordisce Massimo Di Porzio, presidente di Fipe Campania - Secondo le indicazioni del Governo, ci eravamo preparati alla riapertura per recuperare qualcosa, ma non sarà possibile. I sacrifici della pandemia le istituzioni li esigono sempre da noi. È inutile che le istituzioni si riempiano la bocca con paragoni tra Italia e Germania: a novembre la Merkel ha dato ai pubblici esercizi il 75% del fatturato di novembre del 2019. In Italia invece, a novembre, è arrivato il 10% della differenza di fatturato maturata tra aprile 2019 e 2020. Parliamo di circa 5mila euro per ogni ristorante. Una cifra assolutamente insufficiente. E a fine mese dovremo anche pagare le tredicesime. Urgono contributi seri, e non elemosina». Ad alimentare la rabbia c'è poi la questione sprechi alimentari: «Tanti colleghi avevano ordinato vini, cibo e accettato prenotazioni per l'ultima settimana dell'anno - dice Antonino Della Notte di Aicast - Chi non ha più tempo per disdire questi ordini sprecherà cibo e migliaia di euro. Visti i ristori insufficienti, la zona rossa, per noi che siamo chiusi da oltre un mese, provocherebbe il fallimento del 35% dei ristoranti sui circa mille napoletani. Si perderanno circa 5mila posti di lavoro». 

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