«Mia sorella uccisa da un albero in via Falcone: da allora non è cambiato niente»

«Mia sorella uccisa da un albero in via Falcone: da allora non è cambiato niente»
di Viviana Lanza
Mercoledì 26 Settembre 2018, 09:12 - Ultimo agg. 09:42
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L’albero crollato nei pressi del liceo Sannazaro, la paura per la tragedia che si sarebbe potuta compiere, il ricordo per la tragedia annunciata che cinque anni fa spezzò la vita di Cristina Alongi, una giovane mamma colpita in auto dal grosso pino venuto giù in via Aniello Falcone. Era giugno 2013. La mente torna indietro a quel giorno d’estate in cui non c’era nemmeno vento. Cristina fu uccisa dal tronco appesantito da rami e foglie lasciati crescere senza adeguati interventi, senza dare il giusto peso alla segnalazione di pericolo che il titolare di un bar della zona aveva rivolto alle autorità competenti pochi giorni prima.

Elio Alongi è il fratello di Cristina, ha seguito ogni udienza del processo che in primo grado ha portato alla condanna della sola agronoma del Comune di Napoli e in Appello ha portato alla condanna anche del vigile del fuoco che raccolse la telefonata di quel cittadino che indicava delle criticità in quel vecchio e altissimo pino nei giardinetti di via Aniello Falcone.

Elio, il processo ha stabilito che la telefonata di un cittadino al centralino dei pompieri non fu inutile, che sarebbe potuta servire a evitare il crollo che ha ucciso Cristina se solo fosse stata presa nella giusta considerazione. A distanza di cinque anni un nuovo allarme, per fortuna in questo caso senza vittime. Come lo vive?
«Sono avvilito. Quando ho visto le foto dell’albero caduto al Vomero e le condizioni in cui era il marciapiedi ho pensato che... ho voglia di andare via da questa città. L’idea che quell’albero sia caduto nei pressi di un liceo fa accapponare la pelle, ma che scherziamo?…».
 
La città non ha dimenticato la tragica morte di Cristina e la mente di tanti è tornata a quel giugno di cinque anni fa.
«Ci sono delle differenze da fare, però. Perché quando è crollato il pino che ha ucciso mia sorella era una bella giornata d’estate, mentre oggi (ieri per chi legge, ndr) c’è stato un forte vento, pure ampiamente previsto. E in questi cinque anni non è stato l’unico albero caduto. È davvero avvilente pensare che cadono alberi all’improvviso nel cuore della città, in quartieri tanto frequentati e trafficati».

Prova più rabbia o più dolore?
«Sono avvilito. Perché la sensazione è che non si vogliano affrontare e risolvere davvero i problemi».

Cosa glielo fa pensare?
«Quando morì Cristina, immediatamente dopo la tragedia che ha sconvolto la nostra famiglia, ricordo che in città furono adottati interventi per potare gli alberi, fare manutenzione, insomma ci fu un interesse per la cura del verde pubblico come in questo periodo, dopo il crollo di Genova, si pensa alla stabilità dei ponti. Ma se ancora ne parliamo e ancora contiamo gli alberi caduti e le tragedie sfiorate in questi anni vuol dire che non si è fatto abbastanza».

Perché secondo lei?
«Non so. Inizialmente, e anche nel corso del processo, si era parlato di carenza di soldi, anche se in dibattimento il sindaco de Magistris spiegò che per le emergenze è sempre previsto lo sblocco di fondi. Ad ogni modo non credo che sia solo una questione economica. Tra l’altro nell’era della trasparenza non è dato sapere come è organizzata e come funziona la gestione del verde pubblico».

Alla fine del processo di primo grado lei si propose per “adottare” i giardini di via Aniello Falcone. Che fine ha fatto quel progetto?
«È ancora qui, sulla carta. Quando lo illustrai al sindaco, ormai circa tre anni fa, si mostrò entusiasta. Incontrai de Magistris, gli spiegai il progetto. Il Comune non avrebbe dovuto impiegare risorse, perché avrei assunto io le spese. Ma dopo quel primo incontro non ne sono seguiti altri. Non si è mai fatto vivo nessuno. Sono stato contattato solo da consiglieri e assessori in vista delle elezioni».

Cosa prevedeva quel progetto?
«Un restyling dei giardini di via Aniello Falcone anche per sottrarli al degrado denunciato ogni anno. Con l’aiuto dell’architetto Morangi abbiamo previsto un parco giochi per bambini, un’area da destinare a dog runner e un’area per ospitare artisti di strada. Ma nessuno mi ha ascoltato».
 
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