Il ministro Lamorgese e il rapinatore ucciso a Napoli: «Sottrarre i giovani al richiamo dei clan»

Il ministro Lamorgese e il rapinatore ucciso a Napoli: «Sottrarre i giovani al richiamo dei clan»
di Gigi Di Fiore
Mercoledì 4 Marzo 2020, 07:32 - Ultimo agg. 5 Marzo, 10:45
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Luciana Lamorgese, ministro dell’Interno, cosa pensa della devastazione del pronto soccorso all’ospedale Vecchio Pellegrini di Napoli?
«Il pronto soccorso del Vecchio Pellegrini è stato devastato e il personale sanitario aggredito, mentre in sala operatoria i medici tentavano di salvare la vita al giovane rapinatore giunto in ospedale in codice rosso. Purtroppo il ragazzo è morto, ed è sempre una sconfitta per tutti quando viene spezzata la vita di un adolescente. Ma quello che poi è successo al Vecchio Pellegrini è davvero intollerabile. Si è trattato di un comportamento criminale, perché sono stati minacciati e aggrediti medici, infermieri e pazienti ed è stato compiuto un atto collettivo di distruzione di un avamposto sanitario pubblico, da sempre al servizio di tutti i napoletani, compresi quei cittadini che lo hanno fatto a pezzi. Persone che, magari, abitano a poche centinaia di metri dal Vecchio Pellegrini e che si sono volute “vendicare” su un bene comune, commettendo gravi reati, come la devastazione e il saccheggio, che non possono e non devono rimanere impuniti. Penso che la migliore risposta l’abbiano già data i dirigenti, i medici e gli infermieri dell’ospedale – ai quali va tutta la mia solidarietà – che in poche ore sono stati capaci di riparare i gravi danni subiti dalla struttura e di riaprire il pronto soccorso».

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Crede che la realtà criminale di Napoli sia un caso unico in Italia?
«L’esplosione di colpi di arma da fuoco all’esterno del comando provinciale dei Carabinieri, come gesto di rappresaglia dopo la morte del giovane trasportato in ospedale, è un episodio molto preoccupante. Si è trattato di un attacco armato a uno dei simboli dello Stato, forse suggerito dalla criminalità organizzata interessata a raccogliere consensi, cavalcando anche l’emozione seguita alla morte del giovane rapinatore. Ma le forze di polizia hanno subito risposto, intensificando la vigilanza e i controlli sul territorio».

C’è emergenza criminale a Napoli?
«Napoli è un’area metropolitana molto complessa, è la capitale del Mezzogiorno, cui vanno dedicate cure particolari ben oltre la cornice dell’ordine pubblico e della dimensione investigativa. Lo Stato, non solo a Napoli, deve recuperare la fiducia di tutti i cittadini con uno sforzo collettivo diretto soprattutto alle giovani generazioni. Mi ha molto colpita la manifestazione silenziosa e composta dei sanitari del Vecchio Pellegrini, che chiedono più rispetto per il loro lavoro e più sicurezza per l’ospedale».

Bastano le telecamere e l’incremento di forze di polizia, o bisogna pensare ad altre soluzioni?
«La videosorveglianza costituisce un efficace apparato, sia in chiave di prevenzione sia per l’individuazione degli autori dei reati. Attualmente, sono operativi 716 dispositivi collegati alle sale operative delle Forze dell’ordine.
Ad oggi, sono stati attivati 9 collegamenti punto-punto tra altrettanti presidi di pronto soccorso dell’area metropolitana e le sale operative delle Forze dell’ordine. Per i restanti, si provvederà nelle prossime settimane. Quanto alle ambulanze, su 39 per le quali è prevista l’installazione di telecamere a bordo, sistema gps e pulsante di allarme, 11 sono già operative, altre 13 lo saranno entro il 15 marzo e, in successione, tutte le altre. Gli stessi sistemi saranno disponibili entro il 30 aprile su 16 mezzi adibiti al servizio di trasporto secondario. Inoltre, sarà richiesto un coinvolgimento sempre più significativo delle associazioni sanitarie di categoria. Il prefetto ha già convocato una riunione per lunedì 9 marzo con tutti direttori generali delle aziende sanitarie locali e gli altri interlocutori istituzionali interessati, per una verifica sulle misure adottate a tutela del personale sanitario». 

Il dibattito, anche sui social, sulla rapina di sabato notte sembra appiattito sulla solidarietà o meno al carabiniere che ha sparato. Cosa ne pensa?
«La dinamica dell’episodio è al vaglio della magistratura e io non posso entrare nel merito di un’inchiesta giudiziaria che deve fare il suo corso. Questo doloroso episodio, purtroppo, coinvolge due giovani: da un lato un ragazzo di 15 anni, che insieme a un coetaneo ha tentato una rapina nel pieno centro di Napoli, e dall’altro un carabiniere poco più che ventenne che, a passeggio con la sua fidanzata, si è trovato in una situazione difficilissima e ha reagito a questo atto di violenza con modalità che, per il tragico esito della vicenda, sono al centro della più accurata verifica della magistratura. Francamente, per rispondere alla sua domanda, ritengo che schierarsi sui social pro o contro qualcuno per commentare una tragedia di questa portata finisce per alimentare una contrapposizione della quale sicuramente Napoli e i napoletani non hanno bisogno». 

Il luogo comune, con fondo di verità, resta il dramma sociale che è sempre dietro un episodio come quello di sabato notte. Il Governo deve pensare anche a più soluzioni di intervento sociale a Napoli?
«Nel grande vuoto lasciato dall’assenza di cultura e di educazione, si insinua la criminalità organizzata che, con i suoi falsi miti, soffia anche sul fuoco della rivolta contro lo Stato e le istituzioni democratiche. Sono d’accordo con il procuratore nazionale antimafia, Cafiero de Raho, quando insiste sulla necessità di puntare, oltre che sulla repressione dei reati, anche sulla prevenzione, partendo dalla scuola e dalla formazione soprattutto nei contesti sociali più difficili. Anche per questo, la prefettura di Napoli ha istituito tre anni fa un tavolo sul tema del disagio e della devianza giovanile avviando con i fondi Pon un progetto quinquennale, destinato a 300 minori tra i 16 e 18 anni in situazioni di grave rischio di esclusione sociale. Lo Stato c’è, ma deve saper prospettare un’alternativa di legalità ai ragazzi che inseguono scorciatoie offerte dalla criminalità piccola e grande». 

La percezione ricorrente a Napoli è che, della città e dei suoi problemi, se ne parli solo per un singolo episodio, come in questo caso, per poi disinteressarsene. È così?
«L’attenzione per Napoli è sempre alta. Io stessa sono stata presente a due comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza. E ho contatti continui con il prefetto proprio perché ritengo che la situazione della sicurezza del capoluogo partenopeo meriti una strategia accurata e costante da parte di tutte le istituzioni».

L’immagine della città, così esaltata appena due giorni prima della rapina dall’incontro tra Conte e Macron, pensa sia stata ulteriormente danneggiata da quanto accaduto?
«Napoli rappresenta un patrimonio mondiale e la recente organizzazione del vertice interministeriale Italia-Francia a Palazzo Reale è stata la conferma della grande considerazione che il governo ripone nella città e nei napoletani. L’apprezzamento del presidente Macron e di tutto il governo francese per Napoli rappresenta un motivo di orgoglio per l’intero Paese che deve spingere tutte le istituzioni a fare ancora di più per questa città». 

«L’episodio di sabato notte nasce da microcriminalità che crea più allarme sociale della grande criminalità: cosa si può fare per arginarla?
«L’azione di contrasto di ogni forma di illegalità da parte della magistratura e delle forze di polizia è incessante e molto incisiva. Solo nel 2019, nella provincia di Napoli, sono state denunciate 41.582 persone delle quali circa mille minori di 18 anni. Gli arrestati sono stati 12.444. Nello stesso anno, sono stati sequestrati 1.176 beni riconducibili alle organizzazioni criminali per un valore di oltre 164 milioni di euro. E’ questo uno sforzo investigativo che proseguirà con sempre maggiore determinazione, anche per contrastare la capacità di reclutamento dei più giovani da parte della criminalità organizzata. Sono già state programmate operazioni straordinarie ad alto impatto, che partiranno nei prossimi giorni in diverse aree della città. Per quanto riguarda il personale delle Forze di polizia, come ho già avuto modo di comunicare nella mia visita a Napoli del novembre scorso, nel corso del 2020 ci sarà un significativo rinforzo. Tra l’altro, a dimostrazione dell’attenzione per Napoli in una più generale riorganizzazione dei presidi, ci sarà un aumento complessiva dell’organico della Polizia di Stato in città che arriverà a 4332 agenti. Nel frattempo, a Napoli arriveranno altri 400 uomini tra polizia di Stato, carabinieri e Guardia di Finanza».

Crede che, scomparsa la camorra storica, a Napoli il crimine sia in mano a bande di ragazzi più pericolose perché concentrate solo su azioni eclatanti?
«E’ strategicamente determinante sottrarre le giovani generazioni al richiamo della criminalità organizzata, che può costruire una strada attrattiva per facili guadagni e posizioni di potere sul territorio. Tuttavia, il fenomeno del coinvolgimento dei minori in atti illegali o criminali è più complesso: mi riferisco, ad esempio, al ripetersi di episodi di bullismo o di rapine compiute da giovanissimi. Serve una “strategia di comunità”, con più livelli di responsabilità. In tempi recenti, sono stati presi dalla magistratura provvedimenti di allontanamento da un ambiente familiare, che spesso induce a scelte sbagliate di avvicinamento agli ambienti criminali. Abbiamo molto lavoro da fare, ma posso assicurare che lo Stato è presente e vuole costituire il punto di riferimento per tutti gli abitanti di questa bellissima città».
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